Salute

Punture e morsi di insetti o animali: cosa fare

Oltre a essere dolorosi, punture e morsi di insetti e altri animali possono provocare gravi reazioni che vanno trattate tempestivamente

In estate, assieme alla nostra voglia di uscire e di accorciare maniche e pantaloni, si risvegliano anche vespe, calabroni, ragni, serpenti, scorpioni e affini, che inevitabilmente andiamo a disturbare nelle loro laboriose attività. E, purtroppo, il risultato di questi incontri ravvicinati è, come minimo, un pomfo rosso e dolente. È importante sapere cosa fare in caso di punture e morsi di insetti e di animali.

Le specie che vivono in Italia non sono pericolose come in altri Paesi. Il rischio di infezioni e reazioni allergiche (anche potenzialmente letali), però, rende particolarmente delicato il momento del primo soccorso. Per questo, con l’aiuto di Susanna Esposito, professore ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica all’Ospedale Pietro Barilla dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma, abbiamo stilato un piccolo vademecum per riconoscere, trattare e, dove possibile, evitare i principali tipi di punture e morsi.

Gruppo San Donato

Punture di api, vespe e calabroni

Si tratta di insetti appartenenti alla famiglia degli imenotteri, che generalmente attaccano solo se si sentono minacciati. Ogni anno pungono oltre cinque milioni di italiani, provocando reazioni allergiche, da lievi a gravi, in una percentuale compresa tra l’1 e l’8% della popolazione (fonte Federasma).

Cosa fare

«Se si viene punti da un imenottero, la prima cosa da fare è verificare se il pungiglione è rimasto conficcato nella cute. Succede con l’ape, che muore in seguito alla perdita della sezione posteriore del corpo. In tal caso lo si deve rimuovere immediatamente e con delicatezza (preferibilmente con una pinzetta smussata), in modo da non rompere il sacco velenifero che potrebbe rilasciare altro veleno nella cute. Successivamente si deve detergere la ferita con acqua refrigerare con ghiaccio (avvolto in un canovaccio) la parte lesa, per lenire bruciore, rossore e gonfiore».

Nella maggior parte dei casi i sintomi si attenuano nel giro di poche ore. Se col passare del tempo l’infiammazione si estende e arriva a interessare una zona di 10 centimetri o più di diametro, si è in presenza di una reazione allergica locale. «In questo caso si può ricorrere a una crema antistaminica o cortisonica. Si può usare anche in combinazione con antibiotico, come gentamicina e betametasone, per scongiurare il pericolo di successive infezioni. Eventualmente anche a farmaci cortisonici e antistaminici per via orale, ma solo dietro parere medico».

Lo shock anafilattico 

Attenzione però. Se a seguito della puntura (generalmente dopo pochi secondi o minuti dall’evento, eccezionalmente dopo una-due ore) dovessero comparire:

  • orticaria,
  • formicolio al cuoio capelluto, ai palmi delle mani e dei piedi,
  • vertigini,
  • disturbi respiratori
  • o addirittura perdita di coscienza

significa che è in corso una reazione allergica sistemica (che interessa cioè tutto l’organismo), chiamata shock anafilattico. «L’anafilassi può provocare un collasso cardiocircolatorio. Bisogna immediatamente chiamare il 112 o recarsi al pronto soccorso, dove verrà somministrata adrenalina intramuscolare o per via endovenosa in maniera ripetuta». In caso di anafilassi è raccomandato di sottoporsi all’immunoterapia specifica con veleno purificato di imenotteri. Si tratta di una terapia da eseguire in ambiente ospedaliero. È in grado di prevenire successive reazioni sistemiche in circa il 95% dei casi. Inoltre bisogna munirsi di preparazioni di adrenalina pre-dosata in siringa autoiniettabile, da portare sempre con sé.

Come prevenirle

  1. Gli imenotteri amano i colori sgargianti e i profumi intensi (come quelli dei fiori). Per cui, quando si fa attività all’aria aperta (passeggiate, sport, giardinaggio), sarebbe meglio indossare magliette e pantaloni dai colori neutri e non spruzzarsi profumi e usare creme profumate.
  2. Evitare di mangiare all’aperto affettati, bevande dolci e frutta (alimenti di cui questi insetti sono particolarmente ghiotti).
  3. Non bere mai direttamente dalle lattine aperte e verificare sempre che i frutti colti direttamente dagli alberi non nascondano insetti. Le punture in bocca o in gola sono particolarmente pericolose anche in assenza di allergia.
  4. Non tentare mai di distruggere un alveare o un nido e, in caso di attacco, allontanarsi molto lentamente, senza tentare di scacciare gli insetti.
  5. Assolutamente inutili, invece, gli spray repellenti.

Punture di zanzare

Si chiamano ematofagi perché succhiano il sangue delle loro vittime per sopravvivere. Sono:

  • le zanzare comuni,
  • le zanzare tigri (originarie del sud-est asiatico e arrivate in Italia nel 2000, hanno un veleno più tossico rispetto alle loro cugine europee),
  • i pappataci (insetti simili a zanzare di piccole dimensioni),
  • i tafani (che somigliano a grosse mosche dalla forma allungata, di colore grigio o bruno).

«Di per sé gli ematofagi di solito non rappresentano un rischio per l’uomo in Italia, non essendo veicoli di malattie letali come avviene in altri Paesi. È comunque corretto sapere come trattare le loro punture, che potrebbero dar luogo a pericolose infezioni».

Cosa fare

La sostanza iniettata dalle zanzare e dai pappataci quando pungono provoca un forte prurito localizzato e un pomfo circoscritto, che di solito durano un paio d’ore.

Chi risponde in maniera eccessiva, invece, presenta una lesione di maggiori dimensioni che può evolvere in papula e successivamente in vescicola con secrezione sierosa. «Sia in caso di normoreattività che di iperreattività nei confronti di questi insetti, il comportamento igienico da adottare è lo stesso. Bisogna:

  • applicare del ghiaccio per attenuare il gonfiore,
  • utilizzare gel al cloruro d’alluminio al 5% (un potente astringente e antisettico)
  • non grattarsi per evitare di infettare la parte lesa.
  • Astenersi, invece, da rimedi fai-da-te (come l’applicazione di ammoniaca e di limone o l’incisione del pomfo), che potrebbero peggiorare la situazione infiammatoria».

Come prevenirle

I sistemi per non essere punti da zanzare e pappataci sono piuttosto noti. Consistono nell’evitare di sostare presso zone di acqua stagnante dove gli insetti si riproducono e ricorrere (soprattutto dopo il tramonto) a spray repellenti e apparecchi che le tengano lontane, come quelli a ultrasuoni o i fornelletti e le spirali che utilizzano derivati del piretro (i classici zampironi). L’unico modo, invece, per non incappare nel doloroso morso del
tafano è, viste le dimensioni, quello di scacciarlo una volta avvistato.

Morso del tafano

Mentre zanzare e pappataci non fanno male quando pungono, il loro cugino lascia ricordi indelebili. «Il morso del tafano può essere davvero doloroso. La sostanza irritante che viene rilasciata nella pelle dal pungiglione non causa forme di allergia».

«Dopo l’evento è importante lavare accuratamente con acqua e sapone e disinfettare il punto in cui l’aculeo è penetrato nella pelle, perché si tratta di punture che possono infettarsi facilmente. Per contrastare il dolore e il gonfiore invece è sufficiente premere con delicatezza un cubetto di ghiaccio sulla zona e applicare sulla parte interessata una pomata antistaminica».

Punture di ragni zecche 

Questi invertebrati, nonostante ciò che comunemente si crede, non sono insetti. Fanno parte della stessa famiglia, gli aracnidi, ma hanno comportamenti molto diversi, anche per quanto riguarda l’attacco all’uomo. Ciò che, tuttavia, li accomuna, è il fatto che, quando pungono, le zecche e molte specie di ragni non causano né dolore né prurito, ma provocano in un secondo momento lesioni locali e reazioni sistemiche potenzialmente devastanti.

Cosa fare

«In caso di lesioni, arrossamenti, rigonfiamenti di cui non si conosce la causa, ispezionare accuratamente la zona per escludere la presenza di zecche. Se si trova l’animale attaccato alla cute, rimuoverlo con attenzione, utilizzando pinzette dalla punta sottile (non toccarlo con le mani nude) e gettarlo nel wc o schiacciarlo con un sasso».

Solitamente il morso della zecca comporta una reazione infiammatoria locale. Raramente compaiono febbre e ingrossamento dei linfonodi vicini alla zona della puntura. Il pericolo maggiore è rappresentato dalle infezioni di cui l’animale è vettore col batterio Borrelia burgdorferi, che causa la malattia di Lyme. Il primo sintomo (che può verificarsi anche a distanza di un mese dall’evento) provoca un eritema nella zona del morso, dalla forma simile a un bersaglio, con cerchi più rosso-chiari e cerchi più rosso-scuri.

«In caso di puntura di zecca in una zona geografica in cui è presente la malattia di Lyme bisogna rivolgersi immediatamente al proprio medico, che procederà agli accertamenti necessari e prescriverà una terapia antibiotica. Se non riconosciuta e curata in tempo, la malattia di Lyme si può propagare nel tempo anche ad altri organi quali cervello e nervi, occhi, cuore, articolazioni».

Morso di ragni

Se all’ispezione la pelle arrossata si presenta libera da animali, è possibile che a mordere sia stato un ragno. In Italia i più temibili sono la malmignatta, o vedova nera mediterranea, e il ragno violino, che l’estate scorsa ha letteralmente terrorizzato gli abitanti di Roma e dintorni.

Cosa fare

In tal caso occorre lavare bene la cute, disinfettare la zona colpita, applicare ghiaccio e, in caso di tremori, vertigini e contrazioni muscolari, chiamare subito i soccorsi. Nei giorni successivi al morso è bene monitorare attentamente la lesione.

In caso di rossore persistente, calore dell’arto, prurito intenso e dolore (sintomi tipici di un’infezione in corso), rivolgersi subito al proprio medico, che qualora sia necessario, procederà alla profilassi antibiotica e a quella antitetanica post-esposizione. Il tetano, una malattia infettiva acuta causata dal batterio Clostridium tetani, normalmente presente nell’intestino degli animali, che sopravvive a lungo nell’ambiente sotto forma di spore, può essere trasmesso anche attraverso le punture di ragni.

Morso di vipere

Le vipere sono gli unici serpenti velenosi in Italia, sebbene il loro morso non sia mortale.

Cosa fare

In caso di morso di vipera si instaura nella zona un edema duro e dolente di colore rosso-bluastro con ecchimosi e si possono avvertire sintomi come secchezza della bocca e sete intensa, vomito e diarrea, crampi muscolari, pallore progressivo, vertigini e mal di testa.

«Il primo soccorso consiste nell’applicare un laccio emostatico (o, in mancanza di questo, un fazzoletto, una cintura o simili) tre centimetri circa al di sopra del morso per evitare che il veleno si propaghi, mantenere il paziente disteso e immobile e chiamare soccorsi. Non tagliare la ferita da morso, non tentare di succhiare il veleno, non applicare lacci, acqua o ghiaccio».

Punture di meduse e tracine

Nelle acque marine il pericolo è rappresentato dalle punture di tracine, chiamate anche pesci ragno, e meduse. In questo caso meglio evitare i rimedi fai da te e affidarsi ai consigli degli esperti.

«Le punture da medusa provocano dolore bruciante e poi prurito intenso, mentre sulla pelle rimane una zona eritematosa ed edematosa con possibile formazione di una bolla. Le punture da tracina causano un dolore intenso che può persistere per alcune ore e la sede dell’inoculazione del veleno si presenta arrossata e gonfia», spiega la pediatra Susanna Esposito.

Cosa fare?

«Dopo una puntura di medusa, è necessario disinfettare con acqua di mare e poi con bicarbonato, medicando, quindi, la parte con un gel a base di cloruro d’alluminio. Nel caso di puntura da tracina, mettere subito il piede sotto la sabbia calda o tamponare con acqua bollente. Il calore lenisce il dolore provocato dalle tossine velenose. Sul sito di puntura:

  1. non usare ammoniaca, limone, aceto, o alcol;
  2. evitare di strofinare o grattare perché si corre il rischio di mandare in circolo le tossine rilasciate;
  3. mai utilizzare pinzette (o carte di credito) per rimuovere eventuali frammenti di tentacoli perché la lacerazione di tessuti provocherebbe la fuoriuscita di tossine;
  4. non disinfettare con acqua dolce troppo fredda o ghiaccio».

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