Salute Mentale

Vi capita mai di fare pensieri “sbagliati”, che fate fatica ad accettare?

Sperimentare emozioni diverse, anche in contrasto tra loro, è del tutto normale. L'ambivalenza è un fenomeno comune che non deve farci sentire inadeguati o sbagliati

Vi capita mai di fare pensieri “sbagliati”? Ad esempio, amare il proprio partner, ma rimpiangere la vita da single. Sentirsi elettrizzati per aver ottenuto un nuovo lavoro, ma nutrire delle preoccupazioni. Essere al settimo cielo per la nascita di un figlio, ma allo stesso tempo non sentirsi pronti. Le emozioni contrastanti fanno parte della vita e dell’esperienza emotiva di qualsiasi persona. A volte le reprimiamo per paura o perché temiamo il giudizio degli altri. Invece, per stare meglio, sarebbe importante imparare a comprenderle, accettarle e accoglierle.

Ma come si può acquisire una maggiore consapevolezza di sé, imparando ad abbracciare ogni pensiero ed emozione? Lo abbiamo chiesto a Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e clinical director del servizio di psicologia online Unobravo.

Gruppo San Donato

È normale provare pensieri “sbagliati”

La condizione destabilizzante in cui ci accorgiamo di provare emozioni antitetiche e ci sentiamo come tirati da due forze contrapposte, si definisce ambivalenza. «Freud per primo ha parlato di ambivalenza come uno dei principali costrutti su cui si fonda il mondo psicologico dell’individuo. È un caposaldo della psicologia umana che non deve assolutamente spaventarci», spiega la psicoterapeuta.

«Pensiamo a tutti i ruoli che ricopriamo nel corso della vita. Ad esempio al nostro essere genitori, figli, partner, amici, colleghi. In tutti questi ambiti viviamo delle esperienze emotive molto intense e può succederci di provare emozioni contrastanti. Sono degli stati d’animo che possono rispecchiare diverse parti di noi e vanno tutti considerati in modo paritario. Si possono estendere a tutto e li possiamo provare sempre. E dal punto di vista psicologico, sono del tutto normali».

L’ambivalenza è un fenomeno comune

Il servizio di psicologia online e Società Benefit Unobravo ha condotto un’indagine in sinergia con l’istituto di ricerca YouGov, con l’obiettivo di offrire uno spaccato sulle dicotomie e i pensieri contraddittori più frequenti tra gli italiani. Lo studio si inserisce nella campagna #PensatiGiusto di Unobravo, lanciata in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, per scardinare l’idea che esistano pensieri “sbagliati” e accompagnare le persone in un percorso verso l’accettazione emotiva.

Dai risultati è emerso che l’ambivalenza è un fenomeno molto più comune di quel che si potrebbe pensare. Infatti, il 68% degli italiani, ovvero 2 persone su 3, dichiara di provare sentimenti contrastanti in relazione a situazioni di vita quotidiana. Tra i 1.500 italiani coinvolti nell’indagine figurano genitori, coppie, single, lavoratori e studenti.

I pensieri “sbagliati” più diffusi secondo l’indagine di Unobravo e Yougov

Ecco quali sono i pensieri ambivalenti e le dicotomie più diffusi tra le varie fasce della popolazione che sono state analizzate.

  • Genitori: 1 su 4 dà il massimo, ma teme di essere un pessimo genitore. Questa sensazione colpisce soprattutto le donne: il 33% delle madri contro il 23% dei padri. Ed è risultata, inoltre, più diffusa nel Sud Italia.
  • Coppie: 1 donna su 4 sta bene col partner, ma sogna di andarsene e sparire per sempre. Lo stesso pensiero lo ha 1 uomo su 5. Il 19% degli italiani in coppia pensa di essersi accontentato per non rimanere solo.
  • Single: 1 su 2 sta bene da solo, ma prova rabbia nel dover affrontare tutto in autonomia. Il 44% dei single è felice di esserlo, ma teme di rimanere solo per sempre. Seguono, a pari merito, la paura di legarsi a qualcuno (39%) e la sensazione di essere sbagliati o diversi (39%).
  • Lavoratori: il pensiero contraddittorio più diffuso è quello di voler mollare tutto e iniziare qualcosa di proprio, ma di non sentirsi all’altezza. Tale dicotomia pare accomunare 1 italiano su 4 ed è particolarmente condivisa dai giovani tra i 18 e i 34 anni (32%) che, in generale, sentono maggiormente il peso dei conflitti legati al mondo del lavoro. Tra i giovani, più di 1 su 5 ritiene di dare il massimo nella propria professione, ma solo perché sente di non avere altro nella vita (22% vs 16% del totale).
  • Studenti: 2 su 5 si impegnano per rendere orgogliosi i genitori, ma non dormono di notte per l’ansia. Il 29%, invece, è uno studente modello, ma, in cuor suo, si sente un fallito. Infine, il 24% degli intervistati dice di rendersi disponibile a supportare i compagni, ma di provare poi invidia quando questi prendono voti migliori.

I nostri bisogni evolvono nel tempo

«Spesso sperimentiamo queste emozioni contrastanti però non lo sappiamo. Così finiamo per fare in modo che si traspongano nella realtà, senza che tutta questa emotività sia stata prima mentalizzata e resa cosciente. Ma solo quando questo accade, possiamo iniziare a lavorarci. Dobbiamo capire cosa sta generando in noi questo stato d’animo ambivalente. È essenziale fare un percorso verso la consapevolezza con una sincera curiosità su ciò che sentiamo, poiché i nostri bisogni evolvono nel tempo. Non siamo sempre gli stessi, quindi anche questo può generare delle emozioni contrastanti», specifica Valeria Fiorenza Perris.

Come ascoltare le proprie emozioni

«Il punto è farsi le domande giuste, comprendere sé stessi e da lì prendere una strada piuttosto che un’altra, a seconda del nostro bisogno reale in quel momento. Conoscendoci sempre meglio, possiamo fare in modo che la realtà che ci circonda ci assomigli sempre di più ed è questo l’obiettivo principale. Nessuna nostra emozione deve essere mai accantonata o messa da parte».

«La nostra emotività ci parla e quello che proviamo ha un senso. Potrebbe esprimere una necessità di mettere in discussione delle posizioni che abbiamo preso o delle scelte che abbiamo fatto. Ma potrebbe anche dirci di un nostro timore o di una nostra paura. Oppure, può raccontarci di noi più che dell’altro. Ogni situazione è a sé e va approfondita in maniera peculiare».

La psicoterapia aiuta a sviluppare la consapevolezza emotiva

«È un lavoro che possiamo fare quotidianamente con noi stessi, ma esistono dei casi in cui è particolarmente difficile mettere a fuoco le proprie emozioni, definire precisamente cosa proviamo, lavorarci e gestirlo. In tutte queste ipotesi, penso che non si debba avere timore di rivolgersi a un esperto. Laddove proviamo malessere è chiaro che c’è qualcosa che dobbiamo attenzionare. Capire cos’è che ci sta facendo soffrire e provare a gestirlo diversamente per innescare un cambiamento. Se non ci riusciamo da soli, un percorso psicologico può esserci sicuramente d’aiuto».

Perché è così difficile esporsi?

«Da una parte c’è una reticenza ad esporsi rispetto a un’emotività che non sempre è socialmente accettata. Per fare un esempio, è complicato trovare persone che accolgano in maniera non giudicante un momento di difficoltà rispetto alla gestione del ruolo genitoriale. Come accogliere una mamma che comunica stanchezza, dubbio o incertezza. Perché nell’immaginario collettivo una mamma è sempre felice».

«D’altro canto, è anche complesso ammettere di provare una conflittualità rispetto a quello che abbiamo. Mettere in crisi la propria quotidianità delle cose è difficile, perché per noi rappresentano una sicurezza. E invece potrebbe essere un’occasione per attivare un potenziale trasformativo».

Parlare di emozioni contrastanti serve a normalizzarle

«Tornando all’esempio sulla genitorialità, ci sono una serie di pagine sui social in cui le persone cercano di sottolineare la presenza di queste discrepanze. Quello che mi sorprende è vedere quanti si riconoscano in questi vissuti ambivalenti. Non sto parlando di sottolineare forzatamente delle dicotomie, ma di emozioni che rappresentano l’autenticità delle persone. Quando c’è qualcuno che ha il coraggio di dire certe cose, in una maniera che sia autentica e reale, si genera moltissima empatia attiva. Si crea un riconoscimento da parte degli altri e una possibilità di identificazione, confronto e condivisione».

Pensieri “sbagliati”: alcuni consigli per gestirli al meglio

«Il primo consiglio è di non negare assolutamente il proprio malessere. Se ci sentiamo sofferenti, è fondamentale non chiudere gli occhi. Sembra una banalità, ma quanti di noi agiscono così quotidianamente, di fronte ad un dissidio interiore? I nostri pensieri e le nostre emozioni sono importanti. Ci dicono sempre qualcosa di noi e non vanno mai trascurati. Tutto questo va approfondito alla luce di chi siamo e della nostra storia. Ciò che è vero per me non lo è per un’altra persona».

«Una volta che io ho chiaro cosa provo, perché non l’ho negato, posso iniziare un percorso per dargli senso e uscirne anche fortificato. Riuscire a gestire al meglio delle emozioni contrastanti potrà sicuramente aiutarmi a integrare delle parti di me che magari in questo momento sono scisse. Bisogna dare voce a tutti questi aspetti, senza sentirsi in colpa. L’ambivalenza racconta ciò che siamo e la nostra complessità», conclude l’esperta.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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