Psicologia

Anuptafobia: cos’è la sindrome di Bridget Jones?

Si tratta del terrore di essere sentimentalmente soli. È una vera e propria fobia con sintomi fisici e psicologici anche importanti. Ecco come superare l'anuptafobia

Sono tanti i single italiani che soffrono della sindrome di Bridget Jones. Nel nostro Paese ormai i nuclei monofamiliari superano le famiglie. I single sono il 33,2% della popolazione, contro le coppie che si fermano al  31,2%. I dati sono quelli ufficiali dell’Istat.

Il 35esimo Rapporto Italia di Eurispes sostiene che solo poco più di un terzo dei single, il 37,1%, sceglie di esserlo, mentre gli altri due terzi soffrono per questa condizione. Chi si trova in questa situazione spesso resta solo proprio perché cerca senza sosta il compagno e la compagna di vita.

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Cos’è l’anuptafobia?

Tecnicamente la paura di rimanere soli si chiama anuptafobia. Le conseguenze possono essere anche serie a causa del comportamento ossessivo di trovare a tutti i costi l’altra metà della mela.

Il problema di questa psicosi è la manifestazione dei sintomi, che sono comuni a diversi altri problemi. Spesso viene diagnosticata come ansia o dipendenza affettiva. Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali la mette nella categoria delle fobie specifiche.

Quali sono i sintomi fisici della sindrome di Bridget Jones?

La paura di rimanere soli può spingere verso comportamenti per evitare la solitudini. Le persone anuptafobiche possono sperimentare stati di ansia difficilmente controllabili o veri e propri attacchi di panico. Ci sono anche sintomi fisici veri e propri, come:

  • disturbi gastrointestinali,
  • vertigini,
  • tachicardia,
  • rossore,
  • tremito,
  • eccessiva sudorazione,
  • vampate di calore,
  • brividi,
  • mal di testa,
  • mancanza di respiro o sensazione di soffocamento,
  • nausea,
  • secchezza delle fauci,
  • iperventilazione,
  • crisi ipertensive.

Quali le cause?

La società contemporanea fa pressione perché ognuno di noi formi una famiglia e abbia un partner. Questo desiderio può spingere a imbarcarci in relazioni tossiche e multiple nella speranza di trovare la persona giusta. Se lasciato o lasciato l’anuptafobico può avere reazioni estremamente pericolose.

Quali sono i campanelli d’allarme?

Il primo segnale è quello di trovarsi sempre in una relazione affettiva. I fidanzati seriali, insomma. Appena lasciato, l’anuptafobico cerca immediatamente un’altra storia. Non vuole elaborare il trauma della separazione e attua una sostituzione di persona. In questo modo non ragiona sui propri errori, ma si concentra sulla nuova relazione. Spesso ci si accontenta del primo partner che si trova. Si vive con invidia la frequentazione di coppie realizzate, tanto da evitare amici e parenti che vivono questa situazione. Inoltre si mettono in atto comportamenti sessuali anche spericolati che possono aumentare il contagio di malattie sessualmente trasmissibili.

Come si arriva alla diagnosi della sindrome di Bridget Jones?

Per poter parlare di anuptafobia i sintomi della fobia devono durare da almeno sei mesi. Anche la sensazione di paura dev’essere sproporzionata rispetto alla reale situazione. I sintomi devono essere così importanti da influire in maniera netta sulla propria vita sociale.

La diagnosi viene fatta dallo psicologo o dallo psichiatra attraverso una visita.

Quali sono le terapie?

La terapia è principalmente quella psicanalitica.

  • L’approccio più utilizzato è quello cognitivo-comportamentale. Lo specialista spingerà il paziente a rimanere ancorato al presente, in modo da analizzare la situazione che si sta vivendo ora. Agendo sul pensiero, si agisce anche sul comportamenti. Si possono usare tecniche come quella del rilassamento muscolare, della mindfulness o della desensibilizzazione. Fornisce ai pazienti strumenti per gestire la situazione.
  • Lo specialista può scegliere anche il metodo psicoeducativo, per fare riflettere su come avere una relazione sana. Si lavora sui pensieri negativi che tornano in ogni relazione. Spesso chi soffre di questa sindrome non ha autostima e non pensa di meritare di essere amato.
  • Lo psicanalista chiederà al paziente di mettere in pratica nella sua vita le nuove informazioni raccolte e i suggerimenti appresi durante le sedute di psicanalisi. In pratica un call to action, una chiamata ad agire per potersi confrontare con le proprie paure e vincerle.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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