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Mangiare fibre fa bene all’intestino: ecco svelato il perché

Frutta, verdura e cereali rendono l'aria “irrespirabile” per i batteri intestinali cattivi

Ogni giorno nella nostra pancia si combatte una guerra intestina (è proprio il caso di dirlo!) tra batteri “buoni” e batteri “cattivi”: una lotta estenuante, senza esclusione di colpi, dove ogni centimetro di colon conquistato deve essere protetto e difeso con ogni mezzo. I batteri “buoni” hanno le loro armi micidiali per riuscirci: usano le fibre di frutta, verdura e cereali integrali per rendere l’aria irrespirabile per i loro nemici. Lo dimostra uno studio dell’Università della California, pubblicato su Science.

La novità

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Da tempo si sa che le fibre fanno bene alla salute perché aiutano i batteri buoni dell’intestino, ma finora nessuno aveva capito esattamente il meccanismo molecolare attraverso cui agiscono. Grazie a questo nuovo studio, invece, per la prima volta si è riusciti a dimostrare come i batteri buoni usano le fibre per stimolare le cellule dell’intestino e indurle a rendere l’ambiente ostile ai batteri cattivi.

La guerra tra batteri

I batteri buoni dell’intestino digeriscono e metabolizzano le fibre alimentari producendo degli acidi grassi a catena corta che vengono inviati alle cellule che rivestono le pareti interne dell’intestino. Una volta giunti a destinazione, questi “messaggeri” chimici risvegliano il metabolismo cellulare aumentando il consumo di ossigeno: così la sua concentrazione nel lume intestinale si riduce, rendendo l’ambiente inospitale per i batteri cattivi.

Alleanza tra batteri e intestino

«E’ interessante notare che i batteri buoni capaci di digerire le fibre non riescono a sopravvivere in un ambiente ricco di ossigeno», spiega la ricercatrice Mariana X. Byndloss. «Ciò significa che il nostro microbiota e le cellule dell’intestino lavorano insieme per promuovere un circolo virtuoso che mantiene la salute intestinale».

Verso nuove terapie

A regolarlo sarebbe un recettore presente sulle cellule intestinali, chiamato PPARg: la sua identificazione potrebbe trasformarlo in un bersaglio per nuove terapie. «Quando la sua attività di segnalazione non funziona correttamente, può aumentare i livelli di ossigeno nel lume intestinale», sottolineano gli autori dello studio. «Questi livelli di ossigeno più elevati ci possono rendere più suscettibili a microrganismi patogeni, come le salmonelle, che usano l’ossigeno per fare fuori i loro concorrenti».
Elisa Buson

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