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Ricominciare dopo la vita in comunità

La terapia psicanalitica consente di esplorare l’inconscio attraverso i sogni e le libere associazioni, facendo emergere dinamiche inconsce che rendono via via consapevoli delle cause del disagio

Quando si vive a lungo in un ambiente chiuso e protetto come una comunità (leggi qui la testimonianza di Andrea Delogu) un carcere, un collegio o anche una famiglia rigida, dove vigono schemi di comportamento ripetitivi con regole ferree, il reinserimento nella vita reale inizialmente non può che essere problematico. Accade perché si vive in un modo atipico dove non si deve pensare a nulla, non ci sono ostacoli da affrontare né responsabilità da assumersi e, quindi, non ci si abitua a fronteggiare e superare quelle difficoltà che fanno crescere e insegnano a relazionarsi con gli altri. Su come affrontare questo tipo di situazioni, ecco i consigli di Luisa Merati, medico specialista in psicologia clinica e medicina psicosomatica, psicoterapeuta (puoi chiederle un consulto qui).

LE CONSEGUENZE. Entrare, o rientrare, nel mondo reale e trovarsi improvvisamente ad affrontare regole di vita tanto diverse può comportare ansia, crisi di panico, perdita dell’autostima e fobia sociale. E la reazione immediata può essere quella di isolarsi, per evitare relazioni e situazioni traumatizzanti. Si teme di non essere in grado di rapportarsi e confrontarsi con gli altri, di essere giudicati, come nel caso di Andrea Delogu, di vedere evidenziati i propri limiti. Quindi si preferisce preservarsi e magari ricorrere a strumenti come Internet, che consente di instaurare contatti virtuali con cui illudersi di essere inseriti nel mondo.

Gruppo San Donato

IL REINSERIMENTO. Le difficoltà variano a seconda dell’età e del tempo di permanenza nell’ambiente in cui si è vissuti: tanto più l’età è avanzata, o tanto più a lungo si è rimasti nel luogo protetto, quanto più sarà difficile reinserirsi. Sono importanti, però, anche il nuovo ambiente e le modalità con cui lo si approccia: per questo vengono effettuati programmi di inserimento sociale per detenuti, pazienti psichiatrici o tossicodipendenti, o anche per i bambini che iniziano a frequentare l’asilo, staccandosi per la prima volta dal nucleo familiare.

COME REAGIRE. La capacità di reazione dipende molto da una complessa interazione tra la propria personalità innata e il supporto affettivo e ambientale ricevuto nella prima infanzia: se si possiedono solide basi di attaccamento, si può riuscire a farsi forza attingendo alle proprie risorse interiori, come la fiducia in se stessi, il coraggio, la tenacia, la consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti. Può venire in aiuto la creatività: esprimersi con una forma d’arte come la scrittura, la pittura o la musica consente spesso di elaborare il passato e il disagio interiore. Va detto, però, che non è facile uscirne da soli.

LA TERAPIA PSICANALITICA. È normale e frequente aver bisogno di un supporto psicologico, che può essere individuale o di gruppo. La terapia psicanalitica consente di esplorare l’inconscio attraverso i sogni e le libere associazioni, facendo emergere dinamiche inconsce che rendono via via consapevoli delle cause del disagio. Diventa allora possibile scegliere nuove modalità di comportamento e vivere profondi cambiamenti interiori che si riflettono in un nuovo modo di sentirsi e relazionarsi. È un percorso che richiede tempo, tanto più lungo quanto più antiche e radicate sono le origini del problema. È indispensabile che si costituisca un’alleanza terapeutica tra paziente e analista, suggellata anche da un costo che può essere minimo: il pagamento garantisce libertà a entrambi, evitando gratitudine da parte del paziente e compassione da parte del terapeuta nel caso di una terapia gratuita.

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