Salute

Dopo la mastectomia ricostruzione con autoinnesto di grasso

Una tecnica che permette di riavere un seno ‘naturale’ e di ritrovare la sensibilità perduta con l’intervento chirurgico demolitivo. E che fa dire alle donne:«Ora mi sento davvero guarita dal cancro». Anche perché, una volta completata la ricostruzione dura per tutta la vita

Ricostruire il seno con l’autoinnesto del proprio grasso. Il chirurgo che ha messo a punto questa procedura e per cui l’American Society for Aesthetic Plastic Surgeons l’ha insignito nel 2015 con il prestigioso premio Jacques Maliniac (dal nome del pioniere della chirurgia plastica americana) è Gino Rigotti, Responsabile della Chirurgia Rigenerativa della Casa di Cura San Francesco di Verona.

«È una tecnica che può essere sfruttata sia a scopo ricostruttivo, sia per ottenere un aumento di volume. Permette di dare una forma appropriata al seno che risulta più naturale. Nel caso di ricostruzione post intervento per un tumore al seno (sia dopo quadrantectomia che mastectomia totale) il risultato finale è migliore sia dal punto di vista estetico sia per altri benefici, di quello che si ottiene con una protesi. Inoltre, questa tecnica è determinante qualora ci sia la necessità di rimodellare il seno per cancellare deformità congenite o acquisite, come asimmetrie, agenesie o alterato sviluppo della mammella».

Gruppo San Donato

Autoinnesto di grasso: quali sono i benefici per le pazienti?

«Una volta finita la procedura, la ricostruzione del seno dura tutta la vita mentre le protesi vanno sostituite dopo un po’ di anni. Il secondo beneficio è che il seno ha la stessa consistenza e lo stesso aspetto della mammella controlaterale. L’autoinnesto del proprio grasso, se ben eseguito, consente di ‘modellare’ efficacemente il seno. Infine, la sensibilità che normalmente si perde con l’intervento di mastectomia, ritorna. È un riappropriarsi di una parte del corpo che se n’era andata prima per l’amputazione e poi per la perdita di sensibilità, che non ritorna se viene eseguita la ricostruzione con una protesi in silicone. E questo è un aspetto molto importante per una donna che ha combattuto contro un cancro. Le mie pazienti mi dicono “ora che ho di nuovo sensibilità in questa parte del corpo, ora sì che mi sento guarita dal tumore”.
In definitiva, è una soluzione preferibile rispetto all’impiego di protesi ma anche rispetto alla tecnica che utilizza lembi di cute e grasso prelevati dall’addome, dove lascia vistose cicatrici».

Autoinnesto di grasso: come si procede?

«È una tecnica che si avvale della liposuzione. Il grasso viene prelevato con siringa collegata ad una cannula e, nella stessa seduta, viene iniettato nella mammella. Il punto di prelievo del grasso è indifferente, si prende dove ce n’è e quanto basta. La procedura viene effettuata in anestesia locale con sedazione della paziente. Normalmente una sola procedura non è sufficente. C’è, infatti, un aspetto fondamentale che bisogna chiarire. Il grasso è tessuto vivo, e per mantenersi tale deve essere vascolarizzato. Quindi se ne metto troppo in una volta, non attecchisce nel modo corretto, non viene vascolarizzato e va in necrosi. Inoltre devo distribuirlo perfettamente. È questa distribuzione che garantisce il successo dell’innesto adiposo ma, al tempo stesso, è un po’ il tallone d’Achille della metodica. L’innesto adiposo infatti è una chirurgia cieca. Noi non vediamo sotto la pelle, quindi l’unico modo per stabilire se c’è una buona distribuzione o meno è l’esperienza».

Quante procedure servono mediamente per ricostruire un seno? E quanto tempo si deve aspettare dall’intervento di mastectomia?

«Lo standard è ‘libera da malattia’. Ovvero quando la paziente è dichiarata libera da malattia dopo aver effettuato i controlli clinici e strumentali previsti dal follow up oncologico. Poi dipende da caso a caso. Se il tumore è molto piccolo, non ci sono linfonodi compromessi e tantomeno metastasi, si può effettuare il primo innesto adiposo già durante la chirurgia che asporta il tumore. In sostanza, si valuta caso per caso. Per tranquillizzare le pazienti mi preme sottolineare che la tecnica è sicura. Uno studio che ho condotto con la mia équipe – ma ce ne sono anche altri – dimostra che il grasso non influenza l’eventuale recidiva né in senso positivo né in senso negativo.

Il numero delle procedure dipende dall’entità del danno e dalla grandezza del seno, ne possono servire anche sette o otto. Si possono ripetere con un intervallo minimo di tre mesi. L’attività del tessuto adiposo dopo tre mesi cessa, sia in termini di riempimento che in termini di rigenerazione. Il tutto rientra nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. Da non trascurare il fatto che, una volta ultimate le procedure, se in futuro si prende peso o lo si perde, il seno “ricostruito” si comporterà normalmente, come quello che non ha subito alcun intervento».

È vero che il tessuto adiposo ha anche potere rigenerativo? 

«Sì. Ho studiato approfonditamente questa caratteristica del tessuto adiposo, e pubblicato diversi studi che ne dimostrano l’efficacia proprio per curare questo tipo di problemi. La pelle, insultata dalla radioterapia, praticamente invecchia, si assottiglia, si indurisce, si formano delle pieghe, vistosi capillari (teleangectasie) e delle rughe con conseguenti avvallamenti poco estetici. Dopo l’innesto del tessuto adiposo, la pelle ritorna ad essere morbida ed elastica».

Autoinnesto di grasso: in quali altri ambiti si può utilizzare?

«Per ringiovanire un volto. In un recente studio clinico che è stato pubblicato nel Plastic Reconstructive Surgery Journal, abbiamo visto che dopo innesto adiposo aumenta la vascolarizzazione e l’idratazione della cute. Quello che ci ha davvero stupito, è però che vengono eliminate le fibre elastiche vecchie e al loro posto ne compaiono delle nuove. Avevamo intuito questo potere rigenerativo sugli esiti della radioterapia. Ora che lo abbiamo studiato imparando a conoscerlo e a utilizzarlo, i risultati sono davvero molto incoraggianti».

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