Sessualità

Le regole del corteggiamento

È falso dire che il #MeToo abbia ucciso la seduzione, ma lui deve superare il maschilismo ancora imperante nella nostra società e lei imparare a tirare fuori la sua autorità femminile per dire subito se una certa attenzione le dà fastidio: ecco le regole d’ingaggio

Nel 1954 usciva un saggio in cui lo scrittore e giornalista britannico E.S. Turner ripercorreva con humour tutto inglese la storia del corteggiamento a partire da quando i cavernicoli «conquistavano» le donne trascinandole per i capelli fino alla sua trasformazione in un’affascinante attività ricreativa. Poi, oltre sessant’anni dopo, è arrivato il #MeToo, l’hashtag lanciato per la prima volta sui social nell’ottobre 2017 dall’attrice statunitense Alyssa Milano e subito diventato virale per denunciare le molestie sessuali e la violenza sulle donne soprattutto sul lavoro. C’è chi ha visto in questo movimento sorto a Hollywood la tomba di qualsiasi corteggiamento. Altro che attività ricreativa, qua si rischiano le manette.

Differenza tra corteggiamento e molestie sul lavoro

Una reazione, tuttavia, impropria, che la psicologa e sessuologa Marta Giuliani, socia fondatrice della Società Italiana di Sessuologia e Psicologia, contesta apertamente. «È fondamentale, e doveroso, distinguere il concetto di corteggiamento da quello di violenza sessuale e molestie sul luogo di lavoro. Il punto centrale intorno al quale è nato e si è sviluppato il movimento MeToo. Nel primo caso parliamo di una forma di comunicazione erotica o romantica legata all’incontro, nel secondo, invece, di una violazione dei diritti umani e legali di una persona. La campagna del MeToo ha generato una forte spaccatura ideologica dal punto di vista sociale e politico, con una conseguente strumentalizzazione del messaggio iniziale».

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«Sostenere che parlare di molestie sul lavoro “ha seppellito il corteggiamento” significa, banalmente, che la distinzione tra questi due aspetti non è ancora chiara. E questo, purtroppo, è sintomatico di una non-cultura del legame e della relazione con l’altro  in cui i confini tra reciprocità e prevaricazione sono sorprendentemente ancora poco delineati. Nel corteggiamento non ci sono rapporti di potere ma di rispetto, c’è una generale condivisione ed esplicitazione del gioco. Nella molestia, invece, c’è un’asimmetria dei ruoli, una decontestualizzazione relazionale e un “linguaggio seduttivo” non condiviso».

La sessualità della donna nella cultura

Questa non chiarezza trova radici in «un’idea passiva della sessualità femminile che ha radici molto antiche», sottolinea Giulia Blasi. Blasi è la giornalista, scrittrice e conduttrice che ha anticipato il #MeToo con l’hashtag #quellavoltache, utilizzato dall’attrice Asia Argento per denunciare il produttore Harvey Weinstein. «Abbiamo sempre associato il corteggiamento a una sorta di movimento nel quale l’uomo si muove e la donna rimane ferma. O quasi. Dando segnali sulla sua eventuale disponibilità che dovrebbero essere letti in qualche modo e, comunque, solo dopo la prima mossa dell’uomo, quasi fosse una partita a scacchi. In ogni cultura a un certo punto il desiderio femminile viene fatto sparire o demonizzato. Per cui di volta in volta la donna è o ipersessualizzata, perciò vorace e da controllare affinché la sua sessualità non prenda il sopravvento, o priva di desiderio». 

Cosa significa “patriarcato”

È la cultura patriarcale, quella che denuncia la psicoterapeuta Maria Chiara Risoldi, autrice del libro #MeToo. Il patriarcato dalle mimose all’hashtag (Transiti, 2018) e presidente “Casa delle donne per non subire violenza Onlus” di Bologna. «Il passaggio storico dalla linea matrilineare, rimasta solo nell’ebraismo e in qualche tribù spersa nel mondo, a quella patrilineare ha segnato la sottomissione della donna per metterne sotto controllo sia il corpo, a partire dalla procreazione, sia la mente. Tutte le lotte femminili, dalle suffragette in poi, sono state fatte per ottenere spazi elementari di libertà. Diritto di studiare, di recitare, di fare musica, di votare, di divorziare, di abortire… Il patriarcato significa, al pari del matriarcato, differenze e disparità. La dittatura di un sesso sull’altro. E, a parte quel minimo di parità tra sessi che c’è nei Paesi nordici, non è per niente in crisi neppure in Occidente». Solamente, interviene Giulia Blasi, autrice del Manuale per ragazze rivoluzionarie (Rizzoli, 2020), si è fatto «più furbo. Oggi è difficile che un uomo dica che le donne sono inferiori. Mentre è più facile che sostenga di non vedere alcuna differenza tra maschi e femmine e, poi, promuova alle posizioni di potere solo i maschi».

Il corteggiamento non deve essere solo maschile

Insomma, per dirla come Maria Chiara Risoldi, «quando inizia la sessualità la partita è già dispari. Pensiamo al momento in cui alla mamma incinta viene detto di che sesso è l’embrione. “Ah, è una femmina, senti come sta ferma e tranquilla”. “Ah, è un maschio, senti come scalcia e si muove”. O quando si dice al bambino: “Non piangere, è roba da femminucce”. E alla bambina: “Non correre, che lo fanno i maschiacci”». Per non parlare, crescendo, della possibilità di corteggiare. «Noi non siamo abituati alle donne che corteggiano», constata Giulia Blasi. «Ho 49 anni e alla mia generazione è stato insegnato che le signorine si comportano in un certo modo e i maschietti in un altro. Un insegnamento difficile da smontare. Le ragazze di oggi in parte lo stanno facendo, ma si devono ancora scontrare con uomini educati in altro modo, che hanno enormi difficoltà a riconoscere l’esistenza del desiderio e del consenso delle donne».

Il mito della ragazza facile

È il mito della ragazza facile. «C’è tendenza della donna a essere molto insicura del tempo giusto in cui declinare anche la sessualità nel momento in cui inizia a essere corteggiata», osserva Stefania Piloni, specialista in ginecologia e ostetricia e presidente dell’associazione culturale no profit “SexPass”.

«Per esempio, io spiego sempre alle donne, anche giovani, che deve partire anche da loro la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e delle gravidanze non desiderate. Se lui non ha un profilattico, occorre lo abbia lei. Ma molte ribattono che, se dicono di avere il profilattico a un uomo, probabilmente quest’ultimo lo usa, ma, poi, non le richiamerà mai più. Questo è di ostacolo alla parte passionale, tanto che vi sono donne con un’inclinazione forte, quasi maschile, alla sessualità, che, però, tendono a trattenere per paura del giudizio». 

Quello che manca, perciò, spiega Maria Chiara Risoldi, è «una formazione sul corteggiamento. Un’educazione sentimentale, per dirla alla Flaubert. Dall’800 in poi i movimenti delle donne hanno scardinato certe regole del galateo molto rigide, però nessuno ne ha riscritte di nuove».   

Il corteggiamento e l’eros creativo

Comunque, la riscrittura del galateo deve partire da un assunto base, che una lettura (volutamente?) sbagliata del MeToo ha messo in dubbio. «Alla donna piace tantissimo essere corteggiata», assicura Stefania Piloni. «Anzi, dilaterebbe i tempi del corteggiamento. La chiacchiera, il conoscersi, il raccontarsi. Perché la donna cerca l’eros, un atto ancora più creativo della sessualità in sé e che necessita di tempi lunghi. L’avvicinamento avviene piano piano. Ci si scopre reciprocamente con il concedere ogni volta qualcosa in più.

Si accede per livelli al primo bacio, che, poi, diventa petting, che, quindi, diventa sessualità, che, infine, può essere declinata in molti modi. Ad esempio, per una donna è importantissimo dormire assieme a un uomo prima di farci l’amore. In poche parole, vorrebbe arrivare alla sessualità non come atto pulsionale ma attraverso un eros creativo. Che significa curiosità di chi è il partner, della sua storia. Misura nell’uomo la resistenza».

Corteggiamento: capire e accettare il rifiuto

Proprio il maschio deve ricevere, così, un’educazione che supplisca, secondo Giulia Blasi, alla sua «incapacità strutturale di leggere il linguaggio non verbale femminile. Dal punto di vista sociale gli uomini, infatti, non hanno un grande bisogno di intuire se la persona che ha davanti sia pericolosa o meno. Semplicemente perché non ne va della loro vita. È molto difficile per un maschio essere aggredito da uno sconosciuto mentre cammina per strada solo perché quest’ultimo ha bisogno di esercitare una forma di potere su di lui. Mentre a una donna può capitare. Quando un tizio ti fischia dietro, non ti sta corteggiando, ma compiendo un atto di costruzione della mascolinità. Sta dicendo a se stesso e agli altri: “Io sono uomo e questo è quello che fanno gli uomini”. La donna non c’entra niente, il fischiatore sa benissimo che non gli presta attenzione e non si ferma». 

A fornire modelli positivi fin dall’infanzia deve essere la famiglia. «Se la mamma viene insultata continuamente o viene picchiata, un bambino cresce con quell’idea del femminile», nota Maria Chiara Risoldi. «Perciò alle femmine va insegnato a dire ai maschi: “Se non ti voglio, non mi prendere”. Cioè, se ti dico di no, piantala lì. E, contemporaneamente, ai maschi va fatto capire che basta un rifiuto per fare un passo indietro. Alcuni uomini, infatti, ritengono che le donne dicano no per dire sì. Ma questo fa parte della logica patriarcale della donna facile, dell’uomo che non deve chiedere perché sa come si fa e lo fa in modo spesso violento, fisicamente e/o psicologicamente, oppure stupidamente sicuro di sé». 

Il rifiuto insistito, inoltre, viene vissuto dall’uomo patriarcale come una demascolinizzazione. «Come ben spiega No, il libro di Lorenzo Gasparrini (Effequ, 2019)», concorda Giulia Blasi. «Agli uomini non viene insegnato che devono accettare i rifiuti. Ma che, anzi, sono tenuti a insistere perché le donne devono dire di no ritualmente. La femmina difficile da conquistare, poi, ce l’avranno solo loro, mentre quella facile va con tutti». 

Le regole del corteggiamento

L’uomo che, invece, arriva a porsi domande, ad avere dubbi su come si debba corteggiare una donna è già fuori dai limiti del patriarcato. Perché, sostiene Marta Giuliani, «il corteggiamento è come una danza a due. In cui la complessità dei passi può aumentare solo se entrambi i partner seguono lo stesso ritmo. La reciprocità è l’elemento chiave. In una fase iniziale si tende ad attirare l’attenzione dell’altro/a tramite uno sguardo e un sorriso e solo quando si crea una sintonizzazione su questo piano è il corpo che inizia a comunicare tramite un graduale avvicinamento spaziale, fino ad arrivare all’apertura di una conversazione vera e propria».

«Elementi come l’odore, la voce, la simmetria del volto, lo sguardo, l’altezza, il modo di parlare e gesticolare possono essere considerati tutti dei potenziali “interruttori” che attivano, dal punto di vista chimico, l’azione di specifici ormoni sessuali (testosterone ed estrogeni) e neurotrasmettitori (dopamina e serotonina). Ma non tutte le persone rispondono nello stesso modo a questi stimoli». 

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