Salute

Tumore al seno triplo negativo: dai sintomi alle nuove cure

Si tratta di una delle forme di cancro al seno più difficili da trattare. Ma la ricerca scientifica sta facendo passi avanti e grazie a nuovi farmaci la sopravvivenza media è in aumento

Il tumore al seno triplo negativo è una tipologia piuttosto aggressiva di cancro alla mammella. Rappresenta il 15% dei 55.000 casi di tumore al seno e, stando a quanto riportato dal report “I numeri del cancro in Italia 2021”, ogni anno in Italia si registrano 8.000 nuovi casi.

Che cos’è il tumore al seno triplo negativo

Si tratta di una delle forme più aggressive e difficili da curare. Significa che tende più di altre a diffondersi velocemente (quindi a diventare metastatico) e a ripresentarsi dopo la fine delle cure. Il termine “triplo negativo” significa che sulle cellule tumorali sono assenti tre recettori: quello dell’estrogeno (ER), quello del progesterone (PR) e quello per il fattore di crescita epidermico umano (HER2). E dato che sono tutti e tre bersagli molecolari contro cui esistono trattamenti mirati, è un tumore per cui non è possibile utilizzare queste terapie, molto efficaci e poco invasive, che invece vengono impiegate contro altre tipologie di cancro alla mammella.

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Fattori di rischio

Abitudini di vita scorrette, come sedentarietà, alcol, fumo, obesità, dieta ricca di grassi e povera di vegetali, sono tutti fattori di rischio che espongono all’insorgenza di tumore al seno. Su di loro, però, si può intervenire cambiando lo stile di vita in maniera più sana. Tra i fattori di rischio non modificabili, invece, ci sono:

  • età inferiore ai 50 anni;
  • familiarità con tumore al seno (personale o familiare);
  • presenza di mutazioni genetiche, soprattutto BRCA1.

Tumore al seno triplo negativo: i sintomi

In modo analogo ad altre forme di cancro al seno, anche il triplo negativo può manifestarsi con alcuni di questi sintomi:

  • comparsa di noduli palpabili o visibili sulla mammella;
  • alterazione della forma del capezzolo (in fuori o in dentro);
  • cambiamento nell’aspetto del seno (asimmetrie) e della pelle del seno (a buccia d’arancia in alcuni punti);
  • secrezioni da un capezzolo (se le perdite sono da entrambi i capezzoli i motivi potrebbero essere invece ormonali);
  • ingrossamento dei linfonodi ascellari.

Prevenzione

Esistono due tipi di prevenzione: primaria e secondaria. La prevenzione primaria riguarda i fattori di rischio modificabili. Significa che condurre una vita sana, adottando comportamenti e abitudini salutari, abbassa le probabilità di avere un tumore al seno. Alcuni esempi: mangiare tanta frutta e verdura, fibre, grassi buoni, smettere o non iniziare a fumare, bere alcolici secondo le raccomandazioni, fare attività fisica, tenere sotto controllo il peso evitando sovrappeso o obesità. La prevenzione secondaria, invece, ha a che fare con gli esami di screening e di quelli finalizzati alla diagnosi precoce.

Screening

Per individuare precocemente tutte le tipologie di tumore al seno esiste un programma nazionale di screening. Questo programma dà la possibilità, a tutte le donne tra i 50 e i 69 anni, di eseguire ogni due anni una mammografia gratuita. In alcune regioni italiane lo screening è stato esteso ad altre due fasce d’età: tra i 45 e i 49 anni con cadenza annuale; e tra i 70 e i 74 anni con cadenza biennale. La mammografia è un esame durante il quale il seno viene compresso tra due piastre per essere sottoposto a una radiografia. Permette di vedere la presenza di eventuali formazioni tumorali. In genere, alle donne con familiarità o con particolari caratteristiche del seno, la mammografia viene prescritta prima dei 50 anni dal proprio medico o ginecologo curante (in questo caso, però, non si parla di screening, ma di esami diagnostici prescritti ad hoc).

Ecografia

In caso di comparsa di noduli o di uno dei sintomi sopra descritti, il tumore al seno può essere individuato precocemente con un’ecografia. Si tratta di un esame utile per esaminare soprattutto un seno giovane. Deve essere prescritta dal proprio medico.

Test genetici

Quando l’anamnesi personale rileva informazioni che espongono la donna a un maggiore rischio di tumore al seno, come la possibile presenza di mutazioni genetiche ereditarie, il medico può valutare l’esecuzione di test genetici per l’analisi dei geni Brca 1 e 2. Nel caso in cui questo esame dia un esito positivo, si possono rafforzare le misure di controllo preventivo, per esempio sottoponendosi a una risonanza magnetica in grado di identificare il tumore molto precocemente, oppure – ed è il famoso caso dell’attrice Angelina Jolie – ricorrere alla mastectomia preventiva, quindi alla rimozione chirurgica del seno.

Come si cura il tumore al seno triplo negativo

Chirurgia

Come per tanti altri tumori al seno, anche per quello triplo negativo l’intervento chirurgico è senza dubbio un pilastro de trattamento. Può essere di due tipologie: conservativo e invasivo. Il primo si chiama quadrantectomia, consiste nell’asportazione della sola area della mammella in cui è localizzato il tumore, e la sua diffusione, dagli anni Ottanta in poi, si deve all’intuizione di Umberto Veronesi.

Il secondo, la mastectomia, prevede invece la rimozione dell’intera ghiandola mammaria. Per i tumori triplo negativo, tuttavia, spesso si procede anche alla rimozione dei linfonodi ascellari, nel caso si siano identificati segni della malattia analizzando i linfonodi sentinella (i primi a essere raggiunti dalle cellule tumorali).

Chemioterapia

L’unica possibilità terapeutica per le pazienti con tumore triplo negativo fino a poco tempo fa era la chemioterapia. Oggi ricopre un ruolo ancora estremamente importante dopo l’intervento chirurgico, ma presenta importanti limiti terapeutici. In molti casi, infatti, non riesce a eliminare le potenziali cellule tumorali residuali dopo la chirurgia, e solo in parte è in grado di prevenire la comparsa di recidive o metastasi.

«Dopo la fase chirurgica, per il carcinoma mammario triplo negativo la chemioterapia rimane prioritaria», spiega Alessandra Fabi, responsabile UOSD Medicina di precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma. «Ma a essa oggi si possono associare l’immunoterapia e trattamenti farmacologici mirati in base alle mutazioni genetiche che caratterizzano le diverse forme».

Immunoterapia e farmaci a bersaglio molecolare

Tra le nuove armi terapeutiche a disposizione dei medici per la cura del tumore mammario triplo negativo ci sono l’immunoterapia e gli inibitori di Parp.  Nel primo caso si tratta di medicinali, cioè molecole, capaci di stimolare una risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali.

Di recente, sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, è stato pubblicato uno studio sull’efficacia di una molecola immunoterapica, dal nome pembrolizumab. Lo studio, che aveva l’obbiettivo di valutare l’utilizzo di pembrolizumab in aggiunta alla terapia standard con chemioterapia, ha dato ottimi risultati. La combinazione, infatti, si è dimostrata estremamente efficace, rispetto alla sola chemioterapia, nel prolungare la sopravvivenza globale alla malattia.

Nel secondo caso, invece, si parla di farmaci a bersaglio molecolare capaci di colpire le cellule tumorali in modo selettivo. Sono utilizzati in presenza di mutazioni dei geni Brca 1 e 2. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) da qualche anno ha approvato l’uso nella pratica clinica di olaparib, una molecola appartenente a questa categoria. Nelle sperimentazioni condotte, il suo utilizzo ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza.

Un nuovo medicinale

Ulteriori opportunità di cura per le pazienti con tumore al seno triplo negativo in fase avanzata potrebbero arrivare da un’altra classe di medicinali: gli anticorpi farmaco coniugati. In particolare, come è stato presentato all’ultimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), dal sacituzumab govitecan, approvato di recente dalle agenzie regolatorie americane ed europee.

Si tratta di un medicinale che unisce le potenzialità della chemioterapia a quelle degli anticorpi monoclonali. Infatti, è in grado di depositare la molecola chemioterapica direttamente dentro la cellula malata, uccidendola. Oggi la molecola sacituzumab govitecan è approvato in oltre 40 Paesi per il trattamento di pazienti adulte con tumore al seno triplo negativo non più operabile, localmente avanzato o metastatico, che hanno già ricevuto due o più precedenti terapie sistemiche, almeno una delle quali per la malattia metastatica.

Aspettativa di vita con tumore al seno triplo negativo

Il triplo negativo è una forma particolarmente aggressiva di carcinoma mammario. E per questo presenta una sopravvivenza media dalla diagnosi inferiore rispetto alle altre forme. Tuttavia, ricorda l’esperta del Policlinico di Roma, «le risorse messe a disposizione dalla ricerca scientifica hanno consentito nell’ultimo periodo, e consentiranno in futuro, di innalzare significativamente la sopravvivenza dopo la diagnosi».

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