Salute

Sclerosi multipla, tra verità e pregiudizi

La diagnosi non è un'immediata condanna alla disabilità, non c'è pericolo di contagio: caratteristiche e dicerie di una malattia poco nota

Della sclerosi multipla si parla pochissimo e spesso i pregiudizi superano la verità. Per esempio, c’è chi fa un’equazione automatica tra sclerosi multipla e sedia a rotelle, chi crede che la diagnosi rappresenti un’immediata condanna a evidenti disabilità e c’è perfino chi teme forme di contagio. Niente di tutto questo: l’andamento della malattia è variabilissimo da una persona all’altra, con effetti a volte molto ridotti. Poi, la sclerosi non si può trasmettere in alcun modo. Quella che il malato combatte è una guerra tutta interna all’organismo, in cui si fronteggiano le cellule del sistema immunitario e le altre del sistema nervoso, una lotta che durerà tutta la vita, con un impatto imprevedibile sull’esistenza di ciascun individuo. Ciò che si sa al momento della diagnosi è che da quell’istante in poi bisognerà scendere a patti con la malattia.

Qualche volta i sintomi sono invisibili
È vero, ci sono pazienti che, nei casi più gravi, non riescono a camminare bene, a muovere un braccio o a compiere i gesti più semplici, a volte fin dagli esordi della malattia e con un rapido aggravarsi della situazione. Ma per altri, per molti altri, la vita può continuare come prima, tranne che in sporadici momenti di difficoltà, tanto che diventa complicato accettare di seguire una terapia anche nei lunghi periodi di benessere. Ci sono sintomi lampanti, le mani che tremano, le cadute troppo facili, l’impossibilità di scendere pochi gradini, e altri quasi invisibili, come la spossatezza, la difficoltà a ricordare un appuntamento o a concentrarsi per risolvere un problema.
«La patologia si manifesta soprattutto in persone giovani, spesso prima dei quarant’anni», dice Giancarlo Comi, docente di neurologia all’ Università Vita Salute San Raffaele di Milano. «Prevederne il decorso non si può. La strategia è piuttosto quella di arrivare prima possibile a una diagnosi precisa, per esser certi di ciò che abbiamo di fronte e, quindi, colpire duro con tutte le risorse terapeutiche a disposizione». La sclerosi multipla, o sclerosi a placche, si scatena quando il sistema immunitario va fuori controllo e i globuli bianchi (i soldati che dovrebbero difendere l’organismo) distruggono progressivamente la guaina mielinica, cioè il rivestimento che ricopre le fibre nervose nel cervello e nel midollo spinale e che, come fossero fili elettrici, garantisce la trasmissione veloce ed efficiente degli impulsi nervosi.

Gruppo San Donato

 

Se la mielina, che costituisce la gran parte del rivestimento, viene danneggiata in modo grave, il nervo resta scoperto o cicatrizzato in alcune zone, e il segnale nervoso che parte dal cervello per raggiungere le varie parti del corpo viene interrotto, con conseguenze diverse a seconda delle aree coinvolte: da problemi del controllo di determinati movimenti, o delle funzioni vescicali, a difficoltà cognitive, e così via. Alcune lesioni possono restare asintomatiche, mentre altre creano difficoltà gravi e disabilitanti. Quello che succederà alla persona malata dipende in gran parte dal caso ed è per questo che le manifestazioni della malattia sono così diverse tra loro.

Scoperto in Italia il virus che inganna l’organismo
Ma perché i globuli bianchi scambiano la mielina per un nemico e la distruggono? La causa non è ancora nota con certezza, ma oggi si pensa che vi siano alcune caratteristiche genetiche che predispongono all’errore del sistema di difesa. Da sole, però, non sono sufficienti a sviluppare la malattia. Ci vuole un fattore esterno capace di innescare la reazione immunitaria abnorme e si tratta, con ogni probabilità, di un agente infettante con cui si entra in contatto molto presto, nei primi 15-20 anni di vita. Da tempo i ricercatori sono a caccia di questo elemento scatenante e hanno esaminato uno a uno vari virus, come quelli che provocano il morbillo o l’herpes, senza conferme conclusive. Studi condotti dal dipartimento di biologia cellulare e neuroscienze dell’Istituto superiore di sanità a Roma, hanno puntato il dito contro il virus di Epstein Barr, della famiglia degli herpes virus, causa tra l’altro della mononucleosi, la cosiddetta malattia del bacio. L’ipotesi è che il virus mostri dei componenti in parte simili a quelli delle cellule nervose e provochi, per questo, l’attivazione dei linfociti in grado di combatterlo. Poi, però, per un fatale errore di identikit, quei linfociti si dirigono verso il sistema nervoso centrale, penetrano la barriera che normalmente protegge il cervello e attivano una reazione infiammatoria che porta alla distruzione della mielina. Il processo di danneggiamento nervoso, determinato dall’accumularsi di lesioni nel tempo, rimane sconosciuto finché non viene colpita in modo massiccio una via nervosa o viene compromessa una parte consistente delle fibre nervose in una certa area del cervello.

Chi è malato può avere figli senza problemi
Parlare di fattori genetici non significa che la sclerosi multipla sia ereditaria, così come parlare di agente infettante non vuol dire che sia un male contagioso. Né un’alterazione del Dna né un virus bastano a provocare una malattia che colpisce circa una persona ogni 1.100 abitanti. Avere la sclerosi multipla o avere un familiare che ne è affetto non è un motivo per decidere di non mettere al mondo un figlio. E il 90% dei malati non ha alcun parente con questa patologia. Nella maggior parte dei casi, la malattia si manifesta con attacchi sporadici che si susseguono, magari una volta l’anno per dieci o vent’anni, e solo in un secondo tempo entra in una fase progressiva, quando l’organismo non ce la fa più a riprendersi dagli attacchi e il cervello non riesce a compensare i danni accumulati a carico delle fibre nervose.

 

Ma esistono casi fortunati di forme benigne, in cui anche a decenni dal primo attacco non si peggiora e si può vivere senza problemi gravi. Da una quindicina d’anni a questa parte esistono farmaci che sembrano riuscire, in molti casi, a cambiare il decorso della malattia, influenzando la risposta immunitaria (immunomodulatori, come l’interferone beta ricombinante, il copolimero 1 e il natalizumab, per le forme recidivanti molto gravi o che non rispondono ad altre terapie), oppure ostacolandola (immunosoppressori, come l’azatioprina, il mitoxantrone e la ciclofosfamide). «L’approccio più innovativo», continua Comi, «è quello di avviare terapie intense molto prima che si manifestino disabilità permanenti, utilizzando tutti gli strumenti possibili per arrivare a diagnosi certe e tempestive, escludendo altre patologie che provocano sintomi simili a quelli della sclerosi multipla, come il lupus eritematoso sistemico, la borelliosi (infezione che si prende dalle zecche) o la sclerosi sistemica».

Un percorso terapeutico personalizzato
Le cure hanno effetti collaterali tutt’altro che trascurabili (l’interferone, per esempio, va iniettato almeno settimanalmente e può procurare, talvolta, fugaci malesseri simili a quelli dell’influenza), ma permettono spesso di ottenere buoni risultati. Anche gli studi sulle cellule staminali stanno aprendo interessanti possibilità. C’è, infine, una grande varietà di medicinali, come i cortisonici e gli antinfiammatori, che possono servire a mitigare i sintomi. Un ruolo essenziale per la qualità di vita dei malati spetta alla riabilitazione e al lavoro congiunto di neurologi, fisioterapisti, logopedisti, infermieri, psicologi, urologi, sessuologi, oculisti. Ogni diagnosi apre un percorso terapeutico personalizzato.
Donatella Barus – OK La salute prima di tutto

Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2009

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