Salute

Barba e Covid: radersi o no?

Davvero avere la barba aumenta il rischio di essere contagiati? Ci sono degli accorgimenti che possono essere messi in campo?

Barba e Covid: radersi o no? Ha davvero conseguenze sulla possibilità di infettarsi con Covid se si ha la barba lunga? Il problema sta ovviamente nell’uso della mascherina. O meglio l’aderenza della mascherina al viso. Più questa aderisce, meglio è per prevenire l’infezione. Quindi alcuni esperti hanno spiegato che a seconda della lunghezza e dello spessore della barba, la mascherina potrebbe aderire poco al viso, creando un pericoloso spazio tra la mascherina e il viso. Ogni apertura, anche un piccolo pertugio nella mascherina può essere una porta di ingresso per il coronavirus. Molti studi hanno spiegato come l’uso corretto della mascherina aiuti a ridurre il numero delle persone contagiate anche del 50 per cento.

Barba e Covid: davvero radersi è importante?

La domanda quindi è radersi o no? In realtà la risposta è tutt’altro che semplice. Ci sono molti motivi per cui un uomo si fa crescere la barba. Dai più seri come quelli religiosi o culturali, a quelli estetici, che però possono incidere su aspetti importanti della nostra vita come l’autostima e l’espressione di sé. A volte ci si fa crescere la barba anche per coprire i segni dell’acne o altre piccole cicatrici.

Gruppo San Donato

Il mondo scientifico ha fatto studi sul fatto che la barba lasci accumulare o meno virus o batteri sulla superficie della peluria. In realtà sembrerebbe non esserci una grande differenza da questo punto di vista. C’è addirittura uno studio che sostiene che in linea generale ha più problemi di infezione chi si rade. Il motivo andrebbe ricercato nelle numerose piccole abrasioni che si procura chi si rade regolarmente la barba. Ci sono altre ricerche che sostengono il contrario. Insomma la questione è dibattuta e possiamo dire che in condizioni normali basta lavarsi bene la barba ogni volta che mangiamo e non ci dovrebbero essere particolari problemi.

Barba e mascherine

Il punto riguarda quindi solo le mascherine. Qui la certezza che se non le indossiamo correttamente alziamo il rischio di infettarci e di infettare. La stragrande maggioranza degli operatori sanitari per sicurezza si rade. Le maschere N95 che sono quelle che usano al lavoro. Per indossarle correttamente infatti la barba può rappresentare un impedimento.

Comunque, se una mascherina riesce a coprire completamente la barba non dovrebbero esserci problemi. Se questo non accade invece qualche accorgimento dovremmo prenderlo. Per intenderci uno studio della Università di Tecnologia di Amburgo in Germania ha spiegato che un’apertura anche di 0,2 millimetri può aumentare l’ingresso di aria tra il 2 e l’8 per cento. Quest’aria non è filtrata e potrebbe contenere i virus. Ovviamente più lo spazio è ampio, peggio sarà.

Barba e Covid: i consigli per chi non vuole o non può radersi

Se proprio non ce la fate a radervi la barba ci sono alcuni consigli che possono riuscire a fare coesistere mascherine e viso coperto di peli. Ad esempio il pizzetto può essere un ottimo compromesso. Tutta la peluria viene facilmente coperta dalle mascherine. Oppure esistono delle mascherine extralarge che possono aiutarci a coprire completamente la barba. Anche accorciare la barba in modo significativo può aiutare l’aderenza del dispositivo di protezione. In India il personale medico Sikh indossa delle apposite maschere molto importanti come dimensioni. Vale la pena indossarle però solo se lavorate in ospedale. Alcuni esperti sostengono che un trucco possa essere rappresentato dall’uso di due maschere contemporaneamente. Questo aiuterebbe a sentirsi un po’ più al sicuro.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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