L'Editoriale del Direttore

L’editoriale del Direttore

Scusatemi

ANTONINO
Prof. Antonino Di Pietro Direttore Scientifico di OK Salute

Mario ha 91 anni, vive in una casa di riposo vicino a Milano, dove condivide la stanza con sua moglie Lucia. Le giornate passanolente e i due si fanno compagnia con i ricordi di una lunga vita passata assieme. Lucia, improvvisamente, una sera muore. Mario, di colpo, si sente immensamente solo e non bastano più le telefonata di sua figlia, ogni tanto, a dare uno scopo alle interminabili ore in quella stanza vuota. Passano tre mesi e sembrano anni in quei pochi metri quadri, il suo lettino accanto a quello freddo e vuoto che era di sua moglie, una finestra al primo piano, pochi metri sopra la strada da dove arriva il suono della vita che va avanti.
Nasce allora improvviso nella mente di Mario il desiderio di fuga, scappare da quella stanza che ora lo soffoca, vuole andare verso nuovi spazi, rivivere emozioni e sentirsi libero. Sente forte la speranza di rivedere volti rimasti fermi nella sua mente, vuole rivedere ancora una volta le strade della sua giovinezza e desidera tornare a respirare il vento tra gli olivi della sua Puglia.

Mario trova un lungo tubo di gomma, lasciato da qualcuno in uno sgabuzzino accanto alla sua stanzetta, e in quel momento prende corpo il suo sogno. Deve farlo dopo cena, quando è più sicuro di non essere visto. Legare quel tubo e buttare l’altro capo giù dalla finestra non è difficile e il suo desiderio di libertà lo fa sentire forte.
Dopo pochi minuti, scavalca la finestra e comincia a calarsi giù. La sua fuga dura pochi secondi, ma per Mario sono tutta la sua vita.
Quando, dopo il sordo rumore del suo corpo precipitato sull’asfalto, un passante si avvicina per soccorrerlo, Mario, con un sorriso per nascondere il suo dolore, dice una sola parola: «scusatemi».
Mario morirà pochi giorni dopo per le conseguenze della frattura del bacino. In quella sola parola, «scusatemi», io leggo la grande dignità di un uomo che vuole farsi perdonare il disturbo che ha arrecato a chi lo
circonda per il suo voler tornare alla vita. Ma a dire «scusaci» dovremmo essere tutti noi più giovani che, molto spesso, non riusciamo a essere vicini ai nostri vecchi, non riusciamo a capire le loro sofferenze e il loro bisogno di sentirsi ancora vivi e utili a qualcuno. Noi ancora forti che non comprendiamo i loro sogni di vecchia giovane libertà.

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