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La memoria? Un gioco di squadra tra neuroni e sinapsi

Una ricerca dell'Istituto Italiano di Tecnologia apre nuove frontiere nel campo dell'intelligenza artificiale e nella comprensione di malattie come autismo ed epilessia

Nel nostro sistema nervoso esistono molte più connessioni tra neuroni, rispetto a quanto si pensasse fino a oggi e questo racconta qualcosa di nuovo sul funzionamento della memoria umana. Lo rivela uno studio realizzato dal dipartimento Synaptic plasticity of inhibitory networks dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), guidato dal genovese Andrea Barberis e pubblicato sulla rivista Neuron.

La scoperta

Cosa ha scoperto esattamente questo studio? Il flusso di informazioni, da noi apprese e immagazzinate, non scorre solo da una sinapsi (ovvero i collegamenti tra i neuroni, le cellule di base del nostro sistema nervoso) all’altra, ma anche tra sinapsi adiacenti. In questo modo, si crea una rete di connessioni che ottimizza il processo di trasmissione delle informazioni, favorendone la memorizzazione. Per spiegarla in modo semplice e con una metafora molto chiara, è come se la nostra memoria agisse come in un gioco di squadra in cui la palla, cioè l’informazione, viene passata in qualsiasi direzione da giocatori, cioè dalle sinapsi.

Gruppo San Donato

Un gioco di squadra

«Possiamo immaginare – spiega Barberis – il nostro sistema nervoso come una squadra di calcio in cui i giocatori, cioè le sinapsi, si passano la palla non solo in direzione della porta, ma anche tra giocatori in linea. La palla è rappresentata dai recettori, strutture che vengono attivate dai neurotrasmettitori, sostanze che veicolano informazioni tra i neuroni. La memoria è un gioco di squadra».

Nuove frontiere

Questo studio potrà servire per la creazione di nuove forme di intelligenza artificiale. L’intelligenza di un robot, infatti, funziona grazie a 1 miliardo di transistor, mentre l’intelligenza umana può contare su 100 mila miliardi di sinapsi consumando un quinto della potenza elettrica e sviluppando il doppio delle operazioni al secondo. Un sistema che, se replicato nello studio dell’intelligenza artificiale, potrebbe ovviare al problema del dispendio energetico richiesto dai robot per svolgere attività di base. Soprattutto, però, questa scoperta potrebbe aiutare nella comprensione dei meccanismi che innescano patologie neuropsichiatriche, come autismo ed epilessia, legate alla disfunzione di sinapsi.

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