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Diabete di tipo 1: ci si curerà con l’immunoterapia

Sono ormai molte le ricerche sull'impiego dell'immunoterapia per sconfiggere il diabete di tipo 1, quello chiamato anche giovanile

Questo tipo di cura sta ormai dando risultati promettenti in molti campi, ad esempio per combattere il cancro. In pratica si utilizza il potere del nostro sistema immunitario. L’immunoterapia attiva e rinforza il sistema immunitario del paziente, inducendolo ad attaccare le cellule malate dall’interno.

La nuova ricerca 

In uno studio pubblicato qualche settimana fa sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, un team di ricercatori del King’s College di Londra ha testato un approccio di questo tipo, mostrando che l’immunoterapia è sicura e sembra bloccare il diabete di tipo 1. In questi diabetici le cellule T del sistema immunitario ‘impazziscono’ e attaccano le beta cellule del pancreas che producono insulina.

Gruppo San Donato

Risultati promettenti 

I risultati preliminari di questo piccolo studio sono promettenti e aprono la strada a un vaccino per il diabete di tipo 1. La terapia prevede l’iniezione nel sangue di brevi segmenti di proinsulina, una molecola che le beta cellule poi trasformano in insulina. Questi frammenti ‘disinnescano’ l’attacco delle cellule T, spiegano i ricercatori. Il trattamento è stato somministrato a 21 persone che negli ultimi 100 giorni avevano ricevuto una diagnosi di diabete, mentre altre 8 hanno ricevuto un placebo. Entrambi i gruppi sono stati trattati con iniezioni regolari ogni poche settimane per 6 mesi.

Dimezzato l’uso dell’insulina

Entro 12 mesi il gruppo sotto placebo ha dovuto aumentare le dosi di insulina in media del 50%, mentre chi era sotto immunoterapia è rimasto stabile, senza segni di progresso nella distruzione delle beta cellule. «Stiamo cercando un farmaco che possa essere utile in 5-10 anni, se tutto andrà bene» sottolinea Mark Peakman del King’s College di Londra, che ha lavorato al progetto. L’idea è quella di somministrare la terapia a bambini o persone che hanno iniziato a sviluppare la condizione, e persino a chi è ad alto rischio genetico per il diabete di tipo 1.

 

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