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Artrite reumatoide: le ripercussioni di una diagnosi tardiva

Antonella Celano, la Presidente di APMAR Onlus che convive con questa patologia autoimmune, racconta le gravi conseguenze di una mancata diagnosi precoce

Ad oggi non siamo ancora in grado di guarire l’artrite reumatoide ma possiamo rallentarne il decorso grazie alle innovazioni terapeutiche e, in particolare, ai farmaci biologici. Tuttavia, il successo dei trattamenti prescritti dagli specialisti dipende soprattutto dalla tempestività della diagnosi: più si aggredisce la patologia repentinamente e maggiore è la buona riuscita della cura.

Il problema attuale è la diagnosi tardiva

Attualmente la diagnosi di artrite reumatoide è ancora troppo tardiva: sebbene siano stati fatti molti passi in avanti, spesso trascorrono anche sei mesi o un anno prima di ricevere una conferma chiara della malattia. In molti casi il ritardo è dovuto alla poca consapevolezza della persona stessa che non riconosce o sottovaluta i sintomi e all’adeguata preparazione del medico di base, che non approfondisce le cause del dolore e non individua i fattori caratteristici dell’artrite reumatoide.

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Cosa si può fare

«È fondamentale imparare a decifrare i segnali che il corpo ci manda, a interpretare il dolore e tenerlo sotto controllo: se dopo qualche giorno quello è ancora lì, occorre consultare il medico. Quest’ultimo, a sua volta, non dovrebbe limitarsi a prescrivere farmaci antidolorifici ma indagare le cause del dolore e delle altre manifestazioni. Anche un dito gonfio potrebbe essere un segnale di una patologia reumatica» commenta Antonella Celano, presidente dell’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMAR Onlus) che convive con l’artrite reumatoide da anni.

Le ripercussioni della diagnosi tardiva 

Antonella Celano, che è testimone di una diagnosi tardiva di artrite reumatoide, spiega quali sono le ripercussioni sulla salute e sulla qualità della vita.

Chiara Caretoni

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