Benessere

PRP capelli: come funziona il trattamento che li fa ricrescere?

Il Plasma Ricco di Piastrine, il PRP appunto, stimola le cellule staminali del bulbo pilifero, favorendo la crescita di nuovi capelli. Ecco quando si può fare, quante sedute occorrono, qual è la procedura

Il PRP (acronimo di Plasma Ricco di Piastrine) è un concentrato di plasma sanguigno, ottenuto centrifugando un campione di sangue prelevato dal paziente e inoculato nella sede del corpo interessata, a seconda dei benefici che vogliamo trarre. Questa sostanza, infatti, contiene 4-5 volte il numero di piastrine presenti normalmente nel sangue circolante. Aspetto, questo, particolarmente importante dal momento che le piastrine, grazie alla loro capacità di rilasciare grandi quantità di fattori di crescita, innescano processi di riparazione e rigenerazione cellulare.

Questo trattamento trova applicazione in diversi ambiti specialistici – dall’ortopedia all’odontoiatria, dalla medicina dello sport alla dermatologia – nei quali è necessario avviare un processo di riparazione dei tessuti. In tricologia, ad esempio, il PRP è in grado di stimolare le cellule staminali presenti nel bulbo pilifero, favorendo la crescita di nuovi capelli.

Gruppo San Donato

PRP capelli: come funziona questo trattamento?

«I fattori di crescita – e alcuni sono più rappresentativi di altri per la crescita dei capelli, come ad esempio quelli insulinici, dei fibroblasti, vascolari ed epidermici – stimolano le cellule staminali a livello della papilla dermica, che è la parte più profonda del bulbo pilifero, e del bulge, che è la zona deputata al continuo rinnovamento del follicolo», interviene Elisabetta Sorbellini, specialista in Dermatologia e Venereologia, esperta da oltre 30 anni in ambito tricologico e titolare dello Studio Sorbellini a Milano. «Stimolando le cellule staminali di queste due particolari zone, si avviano meccanismi chimici in grado di ridurre la caduta dei capelli e riavviare i processi di crescita».

In quali casi si può fare il PRP?

Il PRP può essere utilizzato nei casi di:

  • Alopecia areata. Si tratta di un’improvvisa caduta dei capelli a chiazze di modesta entità o particolarmente estese, legata spesso a stress, traumi, patologie autoimmuni. A volte può coinvolgere anche peli di ciglia, sopracciglia, barba o altre parti del corpo. Si tratta di una forma non cicatriziale: è causata, cioè, da processi che rallentano la crescita dei capelli ma non danneggiano irreparabilmente il follicolo pilifero. I capelli, dunque, possono ricrescere.
  • Telogen effluvium. È la perdita di capelli intensa e generalizzata, che può verificarsi dopo la gravidanza, l’assunzione di particolari terapie farmacologiche, periodi particolarmente stressanti, malattie debilitanti.
  • Alopecia androgenetica iniziale. Si tratta della forma più comune di calvizie, che colpisce entrambi i sessi, con un maggior numero di episodi con l’avanzare dell’età. Si manifesta con diradamento dei capelli su tempie, fronte e parte superiore del cranio, “spostando” indietro l’attaccatura. In questi casi, prima si avvia un processo di rigenerazione e migliori sono i risultati. Nelle forme avanzate, infatti, l’impoverimento delle cellule staminali presenti nel bulbo e nella zona del bulge fa sì che anche la stimolazione indotta dal PRP sia meno efficace.

Preparazione e procedura

Il prelievo di sangue

«Il paziente viene sottoposto a un prelievo di sangue “normale”. Generalmente raccogliamo quattro provette da 9 centimetri cubi di sangue. Dai 36 cc di sangue intero prelevato, otteniamo all’incirca 15-20 cc di plasma. Un quantitativo ingente, che ci permette di coprire tutta l’area del cuoio capelluto interessata senza problemi», continua Sorbellini.

La centrifugazione e la fase di separazione

«Dopo il prelievo, il sangue viene immediatamente sottoposto a 8-9 minuti di centrifugazione, che consente di separare la componente corpuscolata del sangue, cioè globuli bianchi e globuli rossi, da quella liquida, il plasma, dove si concentrano appunto le piastrine. La parte del plasma più vicina a globuli rossi e bianchi è quella maggiormente ricca di piastrine; la parte del plasma superficiale, invece, è quella povera. Entrambe possono essere utili al trattamento in questione. Il plasma viene dunque separato e tutto il resto gettato».

Infiltrazioni di PRP

Prima di procedere, lo specialista esegue una blanda anestesia locale in modo tale che il paziente non avverta dolore. Al massimo sente un leggero fastidio. «Dopodiché si procede con le infiltrazioni: con aghi sottilissimi si creano dei piccoli pomfi sulle aree del cuoio capelluto interessate dal diradamento e si inietta tutto il PRP necessario al trattamento», continua la dottoressa Sorbellini.

Possibili effetti avversi dopo la procedura?

Con gli aghi, che sono i più corti e sottili presenti sul mercato, si va a soli 2-3 millimetri di profondità, quindi è molto raro che si verifichino effetti avversi. «Al massimo – dice la specialista – chi ha la pelle particolarmente sottile o sensibile o chi assume farmaci anticoagulanti può manifestare piccoli lividi sulla zona trattata, che spariscono nel giro di qualche giorno».

PRP capelli: quante sedute sono necessarie?

Il numero di sedute può variare, a seconda del sesso, dell’età e della patologia del paziente. «Il protocollo che seguo io, così come molti altri colleghi, prevede inizialmente almeno 3 infiltrazioni di PRP in un anno, eseguite tra i 40 e gli 80 giorni l’una dall’altra. Poi si fa il mantenimento, che può consistere in una o due sole sedute di PRP all’anno o ogni due anni o prodotti domiciliari come gel spray e lozioni contenenti fattori di crescita sintetici. La procedura cambia da individuo a individuo e viene valutata man mano», conferma Sorbellini.

«Una volta intrapreso questo percorso, i capelli non cadono più, diventano progressivamente più grossi e spessi e talvolta anche più colorati e luminosi. I fattori di crescita, infatti, stimolano tutta l’unità follicolare pilosebacea, nella quale sono presenti anche i melanociti, responsabili della colorazione del capello».

Crediti: Studio Sorbellini

Ci sono delle controindicazioni?

Generalmente, trattandosi di un impianto autologo di piastrine, non si verificano casi di allergie né effetti collaterali, se non transitori, come la comparsa di piccoli lividi o una sensazione di leggero indolenzimento. «Dunque chiunque può sottoporsi a PRP, ad eccezione dei pazienti affetti da piastrinopenia, una condizione per cui le piastrine circolanti sono inferiori a 150.000 unità per microlitro di sangue. In questi casi la quantità e la concentrazione delle piastrine nel sangue prelevato e centrifugato sarebbero troppo esigue per la riuscita del trattamento», spiega la specialista.

L’ambulatorio deve avere l’autorizzazione per fare il PRP

Il PRP non può essere eseguito in tutti gli studi. Questi, in qualità di ambulatori di Dermatologia Rigenerativa, devono essere autorizzati dal Centro trasfusionale di riferimento. «Nel mio caso è il Policlinico di Milano», dice Sorbellini. «Ogni sei mesi il personale preposto viene a fare un controllo degli standard di qualità e ci rinnovano l’autorizzazione, che per legge bisogna esporre all’interno dell’ambulatorio», conclude la dottoressa.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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