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Le lampade abbronzanti fanno male?

Spesso si utilizzano credendo che preparino la pelle al sole, ma docce e lettini abbronzanti non aiutano la cute a difendersi dai raggi solari e aumentano il rischio di sviluppare malattie cutanee

Di moda soprattutto negli anni Novanta e poi nei Duemila, le lampade abbronzanti non sono ancora scomparse. L’abbronzatura artificiale, sia quella fuori stagione per mantenere il colorito, sia quella pre-vacanze per non arrivare pallidi in spiaggia, resiste alla prova del tempo e degli studi scientifici.

Le lampade sono dannose come il sole

L’utilizzo di docce e lettini abbronzanti si è diffuso tra la popolazione per motivi estetici e per colpa di false convinzioni. Tra cui quella che l’abbronzatura artificiale aiutasse a preparare la pelle al sole estivo e a prevenire le scottature. Oltre a non essere vero, esporsi ai raggi ultravioletti delle lampade abbronzanti (UVA e UVB, tali e quali a quelli solari) aumenta il rischio di sviluppare gravi patologie cutanee. Perciò da anni le istituzioni scientifiche condannano questa abitudine, invitando le persone ad evitarle e i governi a renderle meno accessibili. Soprattutto ai giovani che, insieme alle donne, sono i più assidui frequentatori di solarium.

Gruppo San Donato

Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, le lampade abbronzanti e gli altri dispositivi per l’abbronzatura non solo emettono le stesse radiazioni ultraviolette del sole, ma ne possono emetterne anche quantità maggiori. Ed entrambi i tipi di raggi, UVA e UVB, non fanno bene alla pelle: accelerano l’invecchiamento cutaneo, stimolano la comparsa di macchie scure (lentiggini solari) e aumentano il rischio di sviluppare tumori della pelle, incluso il melanoma.

Le lampade abbronzanti fanno male: lo dicono gli studi e lo IARC

Negli ultimi 30 anni, l’esposizione a radiazioni ultraviolette a scopi cosmetici ha fatto lievitare l’incidenza dei tumori della cute e abbassare l’età in cui si manifestano. Secondo dati dell’ISS, l’uso dei dispositivi abbronzanti è responsabile di circa il 5% dei nuovi casi di melanoma registrati ogni anno. E aumenta del 15% circa la probabilità che il tumore possa svilupparsi. Questa percentuale incrementa significativamente in chi ha iniziato ad utilizzarli prima dei 35 anni di età (+ 75%). Ed è proporzionale al numero, alla frequenza e alla durata delle sessioni abbronzanti.

Nel 2009 è arrivata anche la sentenza dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Lo Iarc ha classificato l’utilizzo dei dispositivi abbronzanti che emettono radiazioni UV nel gruppo 1 di “cancerogeni umani”. Per intenderci, nella stessa categoria del fumo di tabacco.

Le lampade abbronzanti fanno male: l’appello dell’OMS

Sulla scia delle conferme avute dagli studi scientifici, nel 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto a tutti i membri dell’UE di impegnarsi a limitare l’uso delle lampade abbronzanti.

Oggi in Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo e Norvegia per poter fare una lampada bisogna essere maggiorenni. Mentre in alcuni Paesi fuori dall’Europa, come Australia e Brasile, è addirittura vietato. In particolare, il dito è puntato contro i lettini solari. Secondo il rapporto dell’Oms, infatti, sono proprio loro i responsabili dei 450.000 casi di tumore alla pelle e dei più di 10.000 casi di melanoma ogni anno in America, Europa e Australia.

Le lampade abbronzanti fanno male: e l’Italia?

Nel nostro Paese grazie al decreto legislativo del 12 maggio 2011, l’uso delle lampade solari è vietato ai minori di 18 anni, alle donne in gravidanza e a coloro che soffrono o hanno sofferto di tumori della pelle. Il decreto fissa anche l’obbligo di esporre cartelli ben visibili per sconsigliare docce di raggi ultravioletti a chi ha molti nei o lentiggini, a chi durante l’infanzia e l’adolescenza si è ustionato spesso al sole e a chi è predisposto all’eritema solare.

Toccherà a chi lavora nei centri informare i clienti sugli effetti nocivi dell’esposizione ai raggi ultravioletti, prima del trattamento. E, inoltre, dare una serie di raccomandazioni: usare gli occhialini protettivi, rimuovere ogni tipo di prodotto cosmetico prima di mettersi sotto la lampada solare, non prendere il sole nelle 48 ore successive, evitare sedute troppo ravvicinate (almeno due giorni di intervallo tra una e l’altra), togliere le lenti a contatto.

Le lampade abbronzanti non curano la depressione stagionale

Un altro falso mito relativo alle lampade abbronzanti riguarda il loro ruolo terapeutico nei confronti della depressione stagionale. Non ci sono prove che ciò accada: questa credenza probabilmente nasce dalla confusione con le lampade utilizzate per la terapia della luce nel trattamento del disturbo bipolare.

Le lampade abbronzanti non servono per la vitamina D

A differenza del sole che fa bene alle ossa, l’abbronzatura artificiale non è consigliata neanche per prevenire l’osteoporosi. Chi cerca di giustificare l’utilizzo della lampada per aumentare la produzione di vitamina D è infatti sulla strada sbagliata. Per coprire il fabbisogno di questo ormone non c’è alcun bisogno di ricorrere all’abbronzatura artificiale. È sufficiente l’aria aperta, in parte la dieta oppure gli integratori. Tutte vie meno pericolose per fare il pieno di vitamina D, anche nelle stagioni meno soleggiate.

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