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Giovanna Rei: «Da tre anni ho un nodulo, la prevenzione mi ha salvata»

«Ho evitato l’asportazione preventiva della tiroide grazie a una nuova tecnica, mentre nel 2006 ho subito una polipectomia con resezione del sigma»

Le mie amiche, ridendo, me lo dicono sempre: «Sei un medico mancato!». Certo, scherzano, ma non troppo, perché poi, quando capita loro di avere un problemino di salute, mi telefonano per chiedere «consulti». Ovviamente non sono un dottore, ma devo dire che spesso e volentieri le mie valutazioni coincidono con le diagnosi e le prescrizioni degli specialisti veri, a cui indirizzo le ragazze. Mal di pancia? Potrebbe essere un po’ irritato il colon: vai con i fermenti lattici, che contribuiscono anche a rinforzare il sistema immunitario. Senso di stanchezza? Sotto con il magnesio. E via dicendo.

Da piccola avrei voluto fare il medico

Del resto, da bambina mi era anche venuta l’idea di un futuro in camice bianco, poi ho preso strade più… spensierate: per come sono fatta io dal punto di vista emotivo, non sarei stata in grado di tenere la corretta distanza con i pazienti e, di conseguenza, sarei stata schiacciata dal peso dei loro fardelli. Comunque, so quali sono i farmaci specifici per quasi ogni tipo di problema, soprattutto ho imparato a prestare attenzione ai segnali che ci manda il corpo. Quest’ultimo è una macchina perfetta, che, però, va ascoltata e accudita, quando, invece, in giro vedo molta ignoranza sui temi di salute. Per questo ho nel cassetto il format di un programma tv dal titolo molto chiaro, Corpo umano, istruzioni per l’uso, in cui ogni puntata è dedicata a una parte del nostro organismo, con uno specialista a spiegarla in maniera semplice.

Gruppo San Donato

Quelle piccole tracce di sangue

Insomma, la parola d’ordine di noi tutti deve essere «prevenzione». A me ha salvato la vita. Eravamo nel 2006 e io stavo parlando con una conoscente di mia madre intenta a combattere un brutto male. Alla mia domanda su come se ne fosse accorta, rispose: «Da piccole tracce di sangue nelle feci». Peccato che capitasse anche a me… «Devi subito andare a fare una colonscopia», intervenne mamma, decisa come sempre. Ma io non ne volevo sapere: una mia amica mi aveva raccontato quanto fosse doloroso e imbarazzante questo esame. Tenni duro per mesi, finché la sofferenza ebbe la meglio sulla paura. Nel mio colon aveva preso residenza un polipo abbastanza grande e che andava assolutamente tolto, fu la diagnosi del test (che, con le odierne tecnologie e grazie anche alla sedazione, alla fine non si rivelò quell’incubo che temevo). L’intervento, oltre alla classica polipectomia, comprese anche, a scopo ulteriormente preventivo, la resezione del sigma, una parte dell’intestino, ma, per fortuna, poi tutto finì lì. «Se avesse aspettato altri sei mesi, avrebbe dovuto sottoporsi a chemioterapia», mi spiegò il chirurgo. Avessi fatto la colonscopia sei mesi prima, invece, probabilmente mi sarei evitata la doppia operazione.

La colonscopia fa male?

La paura è inutile e deleteria

Fu quello il mio giro di boa: non bisogna avere paura della diagnostica, ma sottoporsi a controlli – ecografie a tiroide, vescica, reni, pap test, visita ginecologica – ogni qual volta il corpo ci fa capire che qualcosa non funziona. E attenzione: questo non vuol dire essere ipocondriaci, perché l’ipocondria, trasformando l’attenzione alla salute in un’ossessione, è essa stessa una malattia. Prendersi cura di se stessi vuol, però, dire anche informarsi (in maniera corretta, mi verrebbe da specificare).

Ho evitato un nuovo intervento

Io, per esempio, l’ho fatto in occasione di un grande nodulo tiroideo che, giusto per non farmi mancare nulla, ha fatto la sua comparsa tre anni fa. Dopo essermi sottoposta all’agoaspirato, il prelievo di materiale biologico attraverso un sottilissimo ago, mi venne consigliata l’asportazione preventiva della tiroide. Già ci avevo lasciato una porzione di colon anni prima, così mi ribellai: «Un attimino! Non posso mica continuare a togliermi un pezzo qua e uno là, alla fine divento una donna bionica. Approfondiamo bene la questione». Così il chirurgo che mi aveva operato mi indirizzò a un endocrinologo, Salvatore Sciacchitano, che aveva ideato un nuovo sistema per tenere sotto controllo nel tempo la ghiandola senza la necessità di darle un taglio prima della comparsa di cellule tumorali. Ancora oggi la tiroide è al suo posto, costantemente monitorata.

Giovanna Rei (testimonianza raccolta da Marco Ronchetto)

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