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Fame notturna: cosa fare e perché viene?

La sindrome da alimentazione notturna è un disturbo poco conosciuto ma può creare grandi disagi perché investe la sfera del sonno, alimentare ed emotiva. Guarire si può ma bisogna appoggiarsi a più specialisti

Svegliarsi nel cuore della notte o non riuscire a prendere sonno perché assaliti dalla fame notturna. E, a quel punto, avvertire l’urgenza di mangiare per riuscire finalmente a dormire, lottando poi con il senso di colpa per avere ceduto al richiamo del cibo.

La sindrome da alimentazione notturna, codificata per la prima volta nel 1955 da Albert Stunkard, uno psichiatra dell’Università di Philadelphia, è forse il meno conosciuto tra i disturbi del comportamento alimentare. Guarire si può ma bisogna appoggiarsi a più specialisti e, prima, cambiare stile di vita.

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Fame notturna: la diffusione della sindrome da alimentazione notturna

La sindrome da alimentazione notturna non è molto diffusa: si stima che a soffrirne sia circa il 2% della popolazione mondiale. È frequente nelle persone affette da obesità o in sovrappeso. Ma come si può effettivamente distinguere questo disturbo dall’impulso occasionale, che quasi sicuramente tutti conosciamo, a concedersi uno spuntino di mezzanotte? Quali sono le persone più predisposte a essere colpite e le cause che lo scatenano?

È un’inversione del normale ritmo ormonale circadiano

Uno studio condotto dallo stesso dottor Stunkard e dall’Università di Philadelphia, in collaborazione con quella norvegese di Tromsø e pubblicato poi sul Journal of American Medical Association, ha identificato un’alterazione dei meccanismi ormonali come causa della sindrome da alimentazione notturna. In base a questo studio, condotto tenendo sotto osservazione per 24 ore pazienti ricoverati presso l’ospedale universitario di Tromsø, è emerso che chi è affetto dal disturbo patisce una inversione del normale ritmo ormonale circadiano tra la melatonina, che influisce sul sonno, e la leptina, che ha invece l’azione di stimolare l’appetito.

Si approfitta della notte per mangiare senza essere visti

L’abitudine ad alimentarsi quando ormai è buio, tuttavia, nasconde anche meccanismi psicologici di cui è bene tenere conto per comprendere meglio il problema. È come se si approfittasse del calare del buio per non essere visti dal partner o dai familiari. Nello stesso tempo la notte rappresenta un momento in cui chi è solo avverte ancora di più la sua solitudine e può sentirsi stimolato a placare le sue ansie sfogandole sul cibo.

L’identikit di chi soffre di fame notturna

Diversi e simili nella loro necessità di mangiare di notte. I profili delle persone che soffrono di fame notturna possono essere molto variegati.

  • Le persone con una storia di disturbo alimentare, per la maggior parte donne, sono di solito controllate nella vita quotidiana e convogliano la loro carica esplosiva sul cibo.
  • Le persone stressate utilizzano il cibo come valvola di sfogo. Avvertono un forte appetito quando si trovano sotto pressione: mangiare diventa una gratificazione e un modo per rilassarsi.
  • Alcuni mangiatori compulsivi privilegiano la notte per alimentarsi perché si sentono meno osservati e più liberi. In questo caso, quella del cibo si presenta come una dipendenza: alcuni, come avviene in molti pazienti bulimici, si buttano su qualunque tipo di alimento capiti loro sotto tiro, senza fare caso al sapore o alla successione degli alimenti; altri invece si orientano su cibi gustosi e gratificanti.

I campanelli d’allarme

Quando si parla di disturbi psicologici non si deve generalizzare. Esistono però dei segnali che accomunano chi soffre di sindrome di alimentazione notturna.

  • Scarso appetito al mattino: mangiare durante la notte fatica risveglio non si abbia voglia di fare colazione;
  • Tendenza a concentrare l’assunzione di cibo nelle ore serali: di solito chi soffre da sindrome di alimentazione notturna assumo la stragrande maggioranza delle calorie giornaliere di sera, dall’ora di cena in avanti;
  • Difficoltà a prendere sonno e frequenti risvegli notturni: si stenta a dormire, il sonno è difficoltoso e spesso interrotto. Mangiare qualcosa o abbuffarsi sembra l’unico modo per riuscire a riaddormentarsi;
  • Tono dell’umore basso, depressione scarsa autostima: spesso le persone colpite da disturbi alimentari sono depresse o ansiose. Mangiare è un modo per placare l’ansia, se non fosse poi, come accade a chi è bulimico o soffre di disturbo da alimentazione incontrollata, il senso di colpa prende il sopravvento. Ci si rimprovera di non controllarsi e si patiscono le ripercussioni dell’abbuffate sull’aspetto fisico.

I risvegli avvengono in particolari fasi del sonno

Chi riesce ad addormentarsi ma, a un certo punto, si sveglia, lo fa solitamente in concomitanza con determinate fasi del sonno. Si tratta in particolare di quelle in cui l’attività onirica è particolarmente intensa. Può accadere, per esempio, che sia un brutto sogno faccia risvegliare di colpo in preda all’angoscia, indirizzando dritti verso il frigorifero. Entrando in un circolo vizioso da cui è possibile uscire, ecco i consigli.

I primi passi per stare meglio

Intervenire sullo stile di vita, con attenzione ad abitudini scorrette che possono compromettere l’igiene del sonno, è il primo passo verso la guarigione.

  • Evitare tè, caffè, ginseng, cola: le sostanze contenute in questi cibi non hanno solo un effetto eccitante ma sopprimono la produzione di serotonina e melatonina, due sostanze fondamentali per un corretto ritmo sonno veglia.
  • Andare a dormire sempre alla stessa ora, senza preoccuparsi troppo se, soprattutto nei primi tempi, capiterà di svegliarsi un paio di volte a notte. In questo caso sarà importante non farsi sopraffare dall’ansia di riaddormentarsi subito e convogliare le energie su attività diverse da mangiare, come fare una doccia o leggere un libro.
  • Evitare attività troppo coinvolgenti la sera, come guardare la televisione, vedere gli amici oppure portare a termine un lavoro o un allenamento molto intenso. Molto meglio preferire attività rilassanti, per esempio un bagno caldo o l’ascolto di musica classica.

Gli esperti ai quali chiedere aiuto

Il nutrizionista

Potrà affiancare il paziente in un programma di rieducazione alimentare che lo porti, in questo caso, a ridistribuire correttamente i pasti nell’arco della giornata. Sarà necessario frazionare i pasti in 4-5 al giorno, concentrando quelli più sostanziosi nella prima parte della giornata.

Lo psichiatra

Dove necessario potrà intervenire con una terapia farmacologica per far fronte alla depressione, spesso presente nei pazienti colpiti da sindrome da alimentazione notturna. Di solito si ricorre a farmaci a base di benzodiazepine, che placano l’ansia rilassano e a cure specifiche in grado di ripristinare l’equilibrio tra senso di fame e sazietà.

Lo psicologo

L’approccio psicologico può essere inizialmente di tipo cognitivo comportamentale, orientato a correggere nell’immediato gli atteggiamenti che conducono alle mangiate notturne. In questo senso è utile prendere distacco dalla situazione e non lasciarsi sopraffare da pensieri di autosvalutazione. Il percorso deve poi essere orientato a identificare le ragioni profonde del problema.

Terapie di gruppo e mindfulness

Di grande efficacia possono essere le terapie di gruppo, che prendono le mosse dal confronto con chi vive la stessa situazione per modificare il proprio comportamento di trovare un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Anche imparare a mettere in pratica tecniche di rilassamento aiuta a gestire la capacità di prendere decisioni e di fare così fronte al problema.

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Simona Cortopassi

Classe 1980, è una giornalista iscritta all’Ordine regionale della Lombardia. Toscana d’origine, vive a Milano e collabora per testate nazionali, cartacee e web, scrivendo in particolare di salute e alimentazione. Ha un blog dedicato al mondo del sonno (www.thegoodnighter.com) che ha il fine di portare consapevolezza sull’insonnia.
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