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Pertosse: +800% di ricoveri in 4 mesi. Quali i sintomi e le cure?

Tre bambini hanno perso la vita. Si tratta di un'infezione contagiosa che colpisce soprattutto i neonati e i bambini nei primi anni di vita (ma anche gli adulti non vengono risparmiati). Si può prevenire con la vaccinazione

Arriva l’allarme dei pediatri italiani per l’epidemia di pertosse che sta colpendo neonati e lattanti non vaccinati. Dall’inizio dell’anno si sono registrati 3 morti, con un aumento dell’800% dei ricoveri rispetto al 2023. In Italia da gennaio a maggio 2024 sono stati segnalati 110 ricoveri, con almeno 15 in terapia intensiva di piccoli lattanti e 3 neonati deceduti. I dati, raccolti in 7 centri italiani e resi noti dalla Società Italiana di Pediatria, arrivano dal progetto INF-ACT, che ha l’obiettivo di sviluppare nuove strategie per prevenire e curare minacce infettive.

La maggior parte dei casi di pertosse è stata registrata in Campania, Sicilia e Lazio. «Abbiamo assistito a un aumento dei ricoveri per pertosse dell’800% rispetto al 2022 e al 2023, che hanno riguardato soprattutto neonati e lattanti non vaccinati sotto i 4 mesi di età. Il 95% delle madri di questi bambini non era vaccinata e l’80% non aveva ricevuto alcuna informazione sulla disponibilità di una vaccinazione prenatale», afferma Alfredo Guarino, Presidente della sezione Campania della SIP e coordinatore della rete clinica INF-ACT .

Gruppo San Donato

Cos’è la pertosse?

La pertosse (detta anche tosse convulsa o tosse canina) è una malattia infettiva causata dal batterio Bordetella pertussis. Colpisce prevalentemente i bambini al di sotto dei 5 anni e può avere un decorso molto grave nei lattanti con meno di 6 mesi. Si tratta di una patologia estremamente contagiosa, tanto che chi ce l’ha può trasmettere l’infezione fino al 90% degli individui con cui entra in contatto.

Come si trasmette la pertosse?

La malattia viene trasmessa dal malato alla persona sana attraverso le goccioline di saliva emesse tossendo, starnutendo o parlando a distanza ravvicinata.

I sintomi della pertosse

L’infezione è caratterizzata da sintomi a carico delle vie respiratorie, che possono presentarsi in forma lieve o grave, specialmente se a essere colpito è un neonato. La prima fase, definita “catarrale”, può durare un paio di settimane e si manifesta con febbriciattola, secrezione nasale e tosse sporadica. Progressivamente compaiono accessi violenti di tosse, che si concludono con il cosiddetto “urlo inspiratorio”, cioè un rantolo acuto e profondo.

Questo stadio, che è chiamato “convulsivo” e può durare anche due mesi, può essere accompagnato anche da espulsione di catarro denso o, addirittura, vomito. Nel lattante si possono osservare anche altri due segnali:

  • l’apnea, che insorge insieme con la tosse o in maniera isolata,
  • la cianosi, che colora di bluastro l’incarnato del piccolo.

I sintomi possono affievolirsi con l’età. Nei ragazzi e negli adulti la manifestazione clinica della pertosse, infatti, non è così marcata e può assomigliare a quella di una banale infezione virale (come l’influenza).

Come si diagnostica la pertosse?

La diagnosi di pertosse viene eseguita attraverso un’attenta valutazione clinica. Successivamente si procede a un prelievo di campioni di muco dal naso e dalla gola, da esaminare poi in laboratorio per verificare la presenza di Bordetella pertussis. Per completare il quadro, inoltre, possono essere prescritte le analisi del sangue e una radiografia del torace.

Come si cura la pertosse?

La terapia si basa sulla somministrazione di antibiotici (come azitromicina e claritromicina) già a partire dalla fase catarrale, in modo da attenuare la sintomatologia e migliorare il decorso della patologia. Non esistono trattamenti efficaci per placare gli accessi di tosse. In questi casi, infatti, i sedativi, il cortisone e i fluidificanti sono totalmente inutili.

Come si previene

La vaccinazione è la miglior forma di prevenzione. Nel primo anno di vita, a partire dal compimento dell’ottava settimana, viene somministrato un ciclo di tre dosi di vaccino, associato al cosiddetto esavalente, contro, cioè, difterite, poliomielite, epatite B, pertosse ed Haemophilus influenzae di tipo b. Tuttavia la protezione conferita dalla vaccinazione diminuisce nel tempo, quindi bisogna fare due richiami a 5-6 anni e a 11-18 anni, sempre in combinazione con altri vaccini.

Per prevenire la pertosse nei neonati non ancora vaccinati o che non hanno ancora terminato il ciclo base, sarebbe opportuno che la donna si sottoponesse alla vaccinazione intorno alla 28esima settimana di gravidanza, in modo da trasferire gli anticorpi protettivi al piccolo.

La vaccinazione in gravidanza 

Grazie alla vaccinazione in gravidanza, il rischio di contrarre questa infezione nei primi mesi di vita si riduce drasticamente. Subito dopo la nascita la salute del bambino dipende in larga misura dalla protezione fornita dagli anticorpi materni.

«Per contrastare efficacemente la pertosse è fondamentale mantenere elevate coperture vaccinali in tutta la popolazione», interviene Fabio Midulla, Responsabile della Pediatria d’urgenza dell’ospedale e professore Ordinario di Pediatria alla Sapienza di Roma. «Il vaccino contro la pertosse non conferisce un’immunità permanente, perdendo efficacia nel corso del tempo. Per questo motivo, oltre alla vaccinazione della donna in gravidanza, è essenziale fare tutti i richiami previsti dal calendario vaccinale ad ogni età», conclude il medico.

Quali sono le complicanze

La malattia è pericolosa soprattutto nel neonato con meno di 6 mesi di vita perché può portare a complicanze molto gravi, come emorragie nasali, otite medie, polmoniti, broncopolmoniti ed encefalopatia.

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