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L’andropausa è davvero la “menopausa degli uomini”?

Spesso sottovalutata, in realtà dà sintomi anche importanti che peggiorano la qualità della vita degli uomini. Per fortuna esistono dei trattamenti efficaci

L’andropausa esiste davvero? Cominciamo con il dire subito che il concetto di andropausa è molto diverso rispetto a quello della menopausa. In quel caso, infatti, è possibile identificare un momento preciso che caratterizza questo evento: la perdita definitiva delle mestruazioni. La donna da questo momento in poi si pone in una condizione d’ipogonadismo stabile durante il quale le ovaie non producono più estrogeni, che sono gli ormoni femminili. In questo stato la donna trascorre almeno un terzo della sua vita. Ecco come cambia il corpo della donna in menopausa.

L’andropausa non causa vere e proprie trasformazioni fisiche 

L’uomo, al contrario, continua ad avere la possibilità di continuare a procreare. L’incidenza dell’ipogonadismo conclamato nel maschio adulto-anziano non supera il 2% della popolazione. Il problema è che a un certo punto il corpo maschile comincia a produrre sempre meno testosterone, con molte conseguenze che vedremo tra poco.

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Il calo del testosterone dopo i 40 anni

L’entità della caduta può dipendere anche dallo stato di salute generale, quindi è molto soggettiva. Secondo uno studio della prestigiosa Mayo Clinic, però, dai 40 anni l’uomo perde l’1% delle quantità di testosterone ogni anno. Questo processo segna la vita del maschio, visto che il testosterone ha anche una funzione metabolica molto importante (per il tessuto adiposo, per il metabolismo del glucosio e dell’osso, ecc) oltre la ben nota azione sull’attività sessuale.

In accordo alle linee guida internazionali, quando il valore del testosterone, misurato al mattino in più occasioni (almeno due volte), risulta essere inferiore ai 280 ng/dl si parla d’ipogonadismo conclamato ma non di andropausa.

L’andropausa: quali sono i sintomi?

I sintomi specifici che si accompagnano a tale calo sono quelli legati ai disturbi della sfera sessuale:

  • calo del desiderio,
  • riduzione delle erezioni mattutine,
  • disfunzione erettile.

Ci sono però anche sintomi che non riguardano direttamente la sfera sessuale:

  • dolori al petto,
  • ginecomastia,
  • sudorazione,
  • bassa densità minerale nelle ossa,
  • vampate di calore.

Tuttavia, una condizione di deficit di testosterone può minare il metabolismo di diversi organi o apparati facilitando così la persistenza di malattie metaboliche importanti b(obesità, sindrome metabolica, diabete mellito, osteoporosi, ecc) e delle loro gravi complicanze come ad esempio l’arterosclerosi, le malattie cardiovascolari con gli eventi acuti e le fratture ossee.

Quali sono le cause?

La causa principale è la diminuzione del testosterone. Se è clinicamente conclamata richiede la terapia sostitutiva con il testosterone. Può essere determinata anche da alcune malattie che facilitano la caduta del testosterone.

Patologie come l’obesità, ipercolesterolemia, ipertensione, la sindrome metabolica, il diabete mellito conclamato, le malattie cardiovascolari, la sindrome delle apnee notturne, l’insufficienza renale cronica o la depressione hanno un ruolo importante nel determinare il calo del testosterone.

L’andropausa: ci sono terapie?

In presenza di ipogonadismo conclamato bisogna intervenire con una terapia adeguata sostitutiva. Il testosterone è importante non soltanto a livello sessuale, ma è in grado di sostenere un efficiente metabolismo glicidico, lipidico e dell’osso.

La terapia va adeguata a ogni paziente e va intrapresa se la persona è ancora in buona salute. Nelle mani di esperti la terapia con testosterone non presenta importanti effetti indesiderati, ma richiede un monitoraggio della concentrazione dei globuli rossi nel sangue, del PSA (marcatore della prostata) e una visita delle caratteristiche morfologiche della prostata.

Cosa possiamo fare?

Esistono numerosi prodotti di testosterone che sono caratterizzati sia dalle via di somministrazione (orale, intramuscolare, transcutanea, ecc.) sia dalla loro durata nel sangue.

Quella per via orale è stata del tutto abbandonata per la scarsa efficacia del prodotto, mentre quella somministrata per via intramuscolare a base di esteri del testosterone può essere somministrata ogni tre settimane. Sebbene poco costosa, causa una importante variabilità dei livelli circolanti dell’ormone, essendo spesso al di sopra di quelli fisiologici nella prima settimana dopo la somministrazione, mentre risultano ridotti nella terza settimana.

I nuovi prodotti in commercio sono in grado di mantenere i tassi circolanti di testosterone stabili nel corso della giornata e possono essere somministrati per via cutanea, giornalmente.

Infine, si segnala che è in commercio un prodotto iniettivo per via intramuscolare (testosterone undecanoato), che presenta una lunga emivita e che richiede una somministrazione ogni 12 settimane. Si è visto che dopo le prime somministrazioni, il valore plasmatico del testosterone rimane stabile per tutto il corso della terapia.

La prevenzione

In assenza di patologie importanti, un corretto stile di vita può mantenere nel tempo un
buon livello di testosterone nel sangue. Occorre seguire un sano regime alimentare e fare regolare attività fisica per controllare il peso. Così facendo si hanno buone probabilità di tenere nei giusti valori il testosterone.

L’obesità è sicuramente tra i peggiori nemici del testosterone, combattendola con un giusto regime alimentare e stile di vita il livello di testosterone se ridotto s’innalza in maniera proporzionale alla perdita del peso.

Anche astenersi dal fumare e dal bere è importante. L’alcool influenza negativamente il metabolismo del fegato. Le patologie legate al fegato si associano frequentemente alle malattie metaboliche e sessuali. Fumare invece compromette il sistema vascolare e neurologico che hanno entrambi un ruolo importante per ottenere una valida erezione.

Se si rispetta uno stile di vita sano si avrà una naturale riduzione del testosterone dovuta all’età, e difficilmente si dovrebbero raggiungere quei valori plasmatici che comunemente identificano la condizione l’ipogonadismo conclamato.

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