Salute

Dolori articolari: tienili a bada in 6 mosse

Lo specialista di anestesia e farmacologia spiega in che modo liberarsi dal dolore senza abusare degli antinfiammatori

Abbiamo dormito male. Abbiamo mangiato peggio. Ci siamo stressati al computer. Siamo diventati un tutt’uno con il divano. Insomma, nei mesi più bui della pandemia abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per peggiorare i dolori alle articolazioni, che ora ci presentano un conto salatissimo. Ma c’è un modo per tenerli a bada e tornare a muoversi senza diventare schiavi degli antinfiammatori? «Non dobbiamo demonizzare questi farmaci, perché quando ci vogliono ci vogliono: bisogna però utilizzarli bene, nel quadro di una strategia più ampia e ben congegnata, per non correre il rischio di peggiorare la situazione», afferma Paolo Mariconti, specialista di anestesia e farmacologia, membro del comitato scientifico dell’Associazione Italiana Medici Anti-aging (AMIA) e dell’Associazione Italiana Medicina Funzionale (AIMF Health).

Contro i dolori articolari usa i farmaci con giudizio

Il primo errore da evitare è quello di girare con gli antinfiammatori in tasca con l’idea di usarli solo quando il dolore diventa proprio insopportabile: un comportamento eroico che è doppiamente sbagliato, sia dal punto di vista psicologico che farmacologico. «Innanzitutto permettiamo al dolore di impadronirsi della nostra vita, limitandoci nella programmazione delle attività che intendiamo fare: viviamo perennemente nell’attesa del male e così finiamo per percepirlo in maniera amplificata», spiega l’esperto. «Inoltre assumere gli antinfiammatori tardivamente, e magari in dosi scorrette, rischia di non spegnere completamente i meccanismi infiammatori alla base del dolore, impedendo di fatto di controllarlo». Bisogna seguire scrupolosamente le indicazioni del medico, dunque, ma senza pensare che la soluzione al problema sia tutta lì: ecco il secondo errore da evitare. Perché i dolori articolari non sono una punizione divina che ci colpisce ciecamente senza un motivo.

Gruppo San Donato

«I dolori cronici dovuti a processi osteodegenerativi, di tipo meccanico e artrosico, hanno solitamente una matrice genetica su cui però si innesta tutta una serie di altre problematiche riconducibili allo stile di vita, come la sedentarietà, la postura, il sovrappeso, l’alimentazione sbagliata e l’alterazione del ritmo sonno-veglia», ricorda Mariconti. A soffrire delle nostre cattive abitudini sono soprattutto ginocchio, anca, spalla e la colonna vertebrale: a livello cervicale e lombare, in particolare, i dolori dell’artrosi che deforma le vertebre possono essere amplificati dall’irritazione delle radici dei nervi che vi passano attraverso. C’è poi un altro tipo di dolore, meno conosciuto, che è dovuto alla sacroileite. «Si tratta di un’instabilità dell’articolazione sacro-iliaca del bacino, spesso scambiata per sciatica perché il dolore si irradia verso le gambe fino alle ginocchia: può essere causata dall’artrosi, ma anche i vizi posturali giocano un ruolo importante», sottolinea lo specialista.

Dormici sopra

A beneficiarne è sicuramente il corpo, perché si abbassano i livelli di infiammazione, ma anche la mente, perché il movimento favorisce la produzione di serotonina (il cosiddetto ormone della felicità) ed endorfine (molecole dall’effetto analgesico, in grado di «censurare» il dolore nel cervello). Meglio però non concentrare l’attività fisica nelle ore serali, perché si rischia di stimolare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene risvegliando il metabolismo e rendendo difficile il sonno. «Avere un riposo di qualità è fondamentale per combattere il dolore, perché di notte il nostro organismo ripara i danni accumulati durante la giornata, compresi quelli articolari», spiega l’esperto. «La carenza di sonno ostacola questi processi rigenerativi, ma non solo: aumenta la percezione del dolore nel cervello e altera la flora batterica intestinale, aumentando l’infiammazione. Così si finisce per entrare in un circolo vizioso».

Muoviti sempre per combattere i dolori articolari

Ecco quindi il terzo errore da non commettere: bloccarsi e assumere posture sbagliate nel tentativo di risparmiare l’articolazione. «Chi ha a che fare con dolori ricorrenti tende a ridurre al minimo qualsiasi attività fisica: in medicina questo fenomeno è detto chinesiofobia, ovvero un’eccessiva e irrazionale nonché debilitante paura di compiere movimenti che possano aumentare la sofferenza», osserva Mariconti. In realtà la prolungata inattività complica il quadro clinico, «perché l’inerzia induce il deterioramento del tessuto osseo e muscolare, modifica l’andatura, e indebolisce le performance dell’apparato cardiovascolare e respiratorio». Insomma, chi si ferma è perduto, sembra essere la morale. Meglio quindi darsi una mossa, ma il punto è farlo nel modo giusto.

«Si deve agire con cautela e gradualità», afferma Mariconti. «In base al problema articolare e alla condizione fisica generale si può scegliere di puntare sull’esercizio aerobico, come camminare, correre, pedalare o nuotare, oppure su quello anaerobico, con attività intense di breve durata che comportano un debito di ossigeno. Nessuno è troppo anziano per provarci: l’attività fisica può essere praticata a qualunque età, con le dovute accortezze. Per vedere i risultati, però, è fondamentale praticare con costanza».

Inganna il sistema nervoso

Per ridurre le sofferenze si può anche provare a ingannare il sistema nervoso con la tecnica TENS, cioè la stimolazione elettrica nervosa transcutanea, che interferisce con le vie del dolore annullando il passaggio dell’impulso dalla periferia al sistema nervoso centrale. «È come se si verificasse un improvviso blocco del traffico e la viabilità delle strade che dalla periferia conducono al centro venisse interrotta per impedire allo stimolo di passare», aggiunge l’esperto. «Nella pratica, vengono applicati degli elettrodi sulla cute che inviano lievi impulsi elettrici per attivare le fibre nervose che riducono la percezione del dolore. La stimolazione ad alta frequenza permette di sostituire il dolore con sensazioni simili a un piacevole formicolio; quando invece viene praticata con frequenze basse e provoca ritmiche contrazioni muscolari favorisce la secrezione degli oppioidi endogeni, le sostanze che l’organismo produce naturalmente per controllare il dolore».

Riesce a «distrarre» il sistema nervoso anche l’agopuntura, che rientra nella galassia delle terapie non convenzionali. Nella medicina tradizionale cinese, «il dolore rappresenta il vuoto o l’eccesso energetico: è possibile intervenire su di esso e ripristinare l’equilibrio agendo sui canali in cui scorre l’energia, i cosiddetti meridiani», ricorda Mariconti. «Lungo il loro decorso si trovano infatti punti specifici che vengono stimolati mediante l’infissione di aghi per favorire la ripartizione armoniosa dell’energia». Recenti studi neuroradiografici hanno dimostrato inoltre che l’agopuntura è in grado di modificare l’attività metabolica di specifiche aree del cervello attivate dal dolore, ingannando i circuiti deputati alla sua percezione.

Contro i dolori articolari prova le terapie locali

Per uscirne i farmaci antinfiammatori rappresentano uno strumento importante, ma non l’unico: considerando che non possono essere assunti per periodi troppo prolungati, in caso di dolori ricorrenti dovuti all’artrosi è opportuno valutare anche altre terapie di supporto che agiscono localmente, come le infiltrazioni. Mariconti ricorda per esempio quelle a base di acido ialuronico, «una sostanza che procura sollievo lubrificando e assorbendo gli shock subiti dalle articolazioni durante il movimento. Si può ricorrere anche agli anestetici locali, simili a quelli usati dal dentista, che si iniettano direttamente nella cavità articolare insieme all’antinfiammatorio».

Un’altra modalità di somministrazione locale di farmaci è la mesoterapia, che «attraverso punture multiple, fatte con aghi molto corti e sottili, inietta anestetici locali, antinfiammatori e miorilassanti per creare piccoli serbatoi di medicinale solo lì dove serve. In questo modo vengono somministrati con successo anche prodotti derivati da sostanze naturali, efficaci e molto ben tollerati, in grado di stimolare anche i processi di guarigione dei tessuti usurati».

Chiedi un supporto psicologico

Mente e corpo non sono slegati e occuparsi del dolore solo a livello articolare non è sempre una strategia vincente. Pensiamo a quelle persone che per un simile problema rischiano di giocarsi la carriera, come gli sportivi professionisti, oppure agli anziani che per l’eccessiva immobilità si precludono una vita sociale cadendo in depressione. In questi casi, in cui il dolore ha una forte componente emotiva, può essere utile associare le terapie fisiche a un sostegno psicologico.

«Per alcuni pazienti può essere sufficiente un rapporto empatico con il medico, per altri invece serve un approccio psicoterapico», precisa Mariconti. Le metodiche psicologiche possono mirare a deviare l’attenzione e a gestire le emozioni negative come ansia e depressione. Fra le terapie praticate in questo contesto, «bisogna ricordare le tecniche di rilassamento fisico e psichico attraverso strategie di tipo immaginativo o correlate al training autogeno, la meditazione, l’ipnosi e perfino l’autoipnosi, che può essere insegnata al paziente in modo che la possa praticare anche da solo a casa».

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