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“Colesterolo cattivo innocuo per gli anziani”: scoppia la polemica

Si accende il dibattito nella comunità scientifica dopo che un gruppo di ricercatori ha definito la terapia con statine come “una perdita di tempo”

Pioggia di critiche per lo studio che riabilita il colesterolo “cattivo” LDL definendolo innocuo per il cuore degli anziani e bollando la terapia con statine come una «perdita di tempo e risorse». I risultati, pubblicati da un gruppo internazionale di esperti sulla rivista BMJ Open, hanno acceso un vivace dibattito nella comunità scientifica internazionale. Con molti esperti che invitano alla cautela bocciando l’idea di mandare in pensione le statine. Ma andiamo con ordine.

Lo studio che riabilita il colesterolo LDL

La ricerca al centro delle polemiche, coordinata dall’università svedese di Lund, è nata con l’obiettivo di capire se alti livelli di colesterolo cattivo fossero realmente collegati ad un aumento di mortalità negli over-60. Per verificarlo, i ricercatori hanno passato in rassegna 19 studi precedenti, condotti su un totale di oltre 68.000 persone.

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Dall’analisi dei risultati è emersa una conclusione shock. Gli anziani con alti livelli di LDL non sarebbero esposti ad un maggiore rischio di mortalità come si è sempre creduto, anzi, vivrebbero più a lungo dei coetanei con il colesterolo basso. Alla luce di questi dati, gli stessi ricercatori hanno lanciato un appello affinché venga rivalutata la prescrizione delle statine, i cui benefici sono stati esagerati. Apriti cielo. Mentre sul web e sui social media impazzavano i commenti dei pazienti, la comunità scientifica ha iniziato a spaccarsi.

C’è chi è favorevole…

Favorevoli. La conclusione a cui è giunto lo studio è giudicata assolutamente plausibile da Giuseppe Paolisso, già presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), che intervistato dall’Ansa afferma: «possono esserci alcuni fattori che negli adulti sono un rischio, e negli anziani no. Ad esempio il sovrappeso è un fattore di rischio per l’adulto, mentre per l’anziano ha un effetto protettivo». Il colesterolo un po’ più alto della norma, rileva Paolisso, «non è pericoloso per l’anziano. Perché chi riesce a sopravvivere ha alle spalle una storia di colesterolo alto, e non fa in tempo a sviluppare delle malattie cardiache per via della sua aspettativa di vita, più bassa di quella di un adulto o di un giovane di 18 anni. Servono nuove linee guida sull’uso delle statine negli anziani».

… E chi contrario!

Contrari. Di tutt’altro avviso Colin Baigent, epidemiologo dell’Università di Oxford, che rileva come lo studio presenti dei «punti deboli molto gravi e, di conseguenza, abbia portato a conclusioni del tutto sbagliate». L’errore di fondo starebbe proprio nel metodo un po’ superficiale con cui sarebbero stati letti i dati in questione, come si legge sul sito del servizio sanitario britannico (NHS). «Questa rassegna presenta diverse limitazioni. La più importante, riconosciuta dagli stessi autori dello studio, è che non si è tenuto conto dell’uso delle statine che riducono il colesterolo. Le persone che avevano alti livelli di colesterolo cattivo all’inizio dello studio potrebbero aver successivamente iniziato la terapia farmacologica con le statine, e questo potrebbe aver ridotto il rischio di morte».

Una svista non di poco conto, che potrebbe nascere da un “peccato originale” che macchia il curriculum degli stessi autori della ricerca. Nove di loro, spiega il sito dell’NHS, sono membri del THINCS, il network internazionale degli scettici del colesterolo, un gruppo di scienziati che si oppongono all’idea che i grassi animali e il colesterolo alto possano avere un ruolo nelle malattie cardiovascolari. «A fare l’avvocato del diavolo – scrivono gli esperti britannici dell’NHS – potremmo dire che questo rappresenta un forte pregiudizio sul colesterolo. Piuttosto che un atteggiamento aperto e super partes come quello che dovrebbe guidare lo spirito della ricerca scientifica».

Per questo anche la British Heart Foundation invita a prendere questo studio con le molle. Affermando che non ci sono prove a sufficienza per mettere in dubbio la cattiva reputazione del colesterolo LDL. Né tanto meno per revisionare le linee guida sul trattamento farmacologico a base di statine.

Elisa Buson

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