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Via libera a chi esercita professioni sanitarie senza titolo

Nella Manovra a sorpresa entra anche la riorganizzazione dell'attività di molti professioni sanitarie. L'ira delle associazioni di categoria, la difesa del ministro della Salute

Il provvedimento riguarda alcuni professionisti sanitari che potranno, anche senza il titolo idoneo all’iscrizione agli albi professionali, continuare a svolgere la loro attività, se l’hanno svolta per almeno 36 mesi, anche non continuativi, nel corso degli ultimi 10 anni. È previsto il riconoscimento dell’equipollenza al diploma universitario di educatore professionale socio-sanitario per i diplomi e gli attestati relativi al profilo di educatore professionale, ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base, ottenuti a seguito di corsi regionali o di formazione specifica conseguiti entro il 2005.

In pratica basterà avere questi requisiti quindi per proseguire questi lavori previsti dal profilo della professione sanitaria di riferimento. Bisogna però iscriversi entro il 31 dicembre 2019 in appositi elenchi speciali ad esaurimento istituiti presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Gruppo San Donato

Quali sono i professionisti coinvolti?

I professionisti coinvolti sono molti:

  • tecnici di laboratorio biomedico;
  • tecnici ortopedici;
  • audioprotesisti;
  • audiometristi;
  • tecnici della riabilitazione psichiatrica;
  • dietisti;
  • tecnici neurofisiopatologi;
  • igienisti dentali;
  • tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro;
  • tecnici fisiopatologi cardiocircolatori e di perfusione cardiovascolare;
  • fisioterapisti;
  • logopedisti;
  • podologi;
  • ortottisti e assistenti di oftalmologia;
  • educatori professionali;
  • terapisti occupazionali e della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva.

Il parere del ministro della Salute

Nelle intenzioni del ministro della Salute in questo modo si eliminerebbe l’indeterminatezza del quadro giuridico che si è venuto a delineare a seguito dell’approvazione della legge Lorenzin che ha disciplinato il riordino delle professioni sanitarie.

Le associazioni di categoria contrarie

La prima a uscire allo scoperto è stata la Federazione nazionale degli ordini della professione di ostetrica. In un comunicato ha parlato di «rischio di creare una pericolosa breccia in un sistema che tutela e garantisce innanzitutto la salute pubblica dei cittadini. Sistema che rappresenta anche una sicurezza per le altre professioni sanitarie. Appartenere a un albo non è una semplice iscrizione. Significa dover dimostrare al nostro Sistema nazionale, e quindi alla collettività tutta, di possedere una serie di requisiti. Un percorso formativo di base e di specializzazione nel settore sanitario, di aver acquisito competenze e abilità, di aver superato esami e prove».

Le fa eco l’Associazione italiana fisioterapisti. L’AIF fa sapere che «siamo al paradosso che chi ha lavorato come dipendente o autonomo svolgendo attività riconducibili a quelle di una professione sanitaria come il fisioterapista o altra professione, senza titoli di studio abilitanti all’esercizio, verrà iscritto in elenchi speciali, potendo così continuare a esercitare abusivamente. Manca la previsione di quali titoli di studio permetterebbero tale iscrizione, mancano le modalità di verifica delle reali competenze degli iscritti agli elenchi speciali necessarie per potersi occupare della salute delle persone».

 

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