Personaggi

Pamela Camassa: «Bullizzata da ragazzina, ho avuto la forza di parlarne»

La showgirl racconta che, durante l'adolescenza, le compagne più grandi l'avevano presa di mira. Quando l'ansia è arrivata a condizionare la sua vita, si è rivolta a un'insegnante

Pamela Camassa, ex modella e showgirl che ha partecipato a numerosi talent show tra cui Ballando con le stelle, Tale e quale show e Amici Celebrities, racconta a OK Salute e Benessere la sua esperienza con il bullismo. Ecco il suo racconto.

Pamela Camassa: «Nell’adolescenza ho avuto problemi di bullismo»

Sono una persona timida, lo sono sempre stata. Oggi può non sembrare possibile, visto il lavoro che faccio, ma chi mi conosce da sempre sa bene quanto abbia dovuto lavorare su me stessa e su questa mia forte componente caratteriale. Se ripenso agli anni della mia adolescenza, poi, posso dire con certezza che ritrosia, impaccio e senso del pudore erano davvero elementi che balzavano subito agli occhi di chiunque mi incontrasse. Immaginate di aggiungere, a questo tratto caratteriale, uno sviluppo precoce del corpo (a 14 anni ero già alta un metro e 75, tanto per dirne una) et voilà, ecco cosa ha scatenato i miei problemi con il bullismo.

Gruppo San Donato

La mia esperienza risale ai primi due anni delle superiori ed è stato proprio il mio aspetto fisico a innescare i soprusi. Prima di iniziare gli studi di ragioneria avevo partecipato al concorso nazionale Ragazza Cioè, vincendolo, e la notizia era circolata. Ecco che il primo giorno di scuola, durante la ricreazione, mi sono trovata fuori dalla classe quasi tutti gli studenti. Tra i curiosi c’erano sia coetanei che ragazzi e ragazze più grandi di me. Sarà stata l’invidia, o la stupidità, o forse semplicemente la rabbia nei confronti di una appena arrivata che, nonostante non ne avesse intenzione, aveva catalizzato l’interesse dei ragazzi più grandi, fatto sta che alcune ragazze di terza e quarta hanno cominciato a prendermi di mira.

Vittima di un gruppetto di bulle

Fortunatamente durante le lezioni ero tranquilla, in classe mi ero ben integrata e andavo d’accordo con tutti. Il problema si presentava durante la ricreazione, quando, uscita dalla classe insieme ad altre compagne, passeggiavo per i corridoi o uscivo in cortile. Il gruppetto delle bulle aspettava che arrivassi per assembrarsi, poi cominciavano ad additarmi, a parlottare tra loro, a scambiarsi battutine e ridacchiare, mi lanciavano sguardi velenosi. Essere l’oggetto di quelle attenzioni morbose e negative mi faceva chiudere a riccio ancora di più, cercavo di nascondermi e di evitare le occhiate, ma era impossibile.

Un giorno, poi, hanno deciso di passare dalle parole ai fatti: ero appena uscita in cortile per godermi la pausa in pace quando, all’improvviso, mi sono piovuti in testa dei gessetti. Ho alzato gli occhi e le ho viste affacciate alla finestra: ridevano di me, mi stavano ridicolizzando davanti a tutti. Inutile dire che, nonostante mi sia sempre piaciuto andare a scuola e stare con i miei compagni, dopo questi episodi ho cominciato a manifestare disagio: a cominciare dall’ansia, e poi ero pervasa da un insieme di emozioni strane che stavano condizionando la mia vita.

Pamela Camassa: «Ero io a sentirmi inadatta e fuori luogo»

A casa non ho mai raccontato nulla, un po’ per pudore, un po’ perché non mi sembrava il caso di mettere i miei genitori in allarme. A peggiorare la situazione, poi, ci si è messo anche il tragitto in pullman. Tutti i giorni c’era un gruppetto di ragazzi grandi che, appena saliti, cominciavano a bersagliarmi con commenti volgari, ammiccamenti, battute pesanti. A 14 anni la prima cosa che pensi è che sia tu a essere sbagliata, non loro. Lo sviluppo precoce, l’altezza, le fattezze già «da donna»… ero certa di essere, in qualche modo, inadatta e fuori dal coro.

Ed è per questo che ho preso coscienza della necessità di dover fare qualcosa. Così ho scritto una lettera alla mia insegnante di religione: una donna straordinaria, molto intelligente, di cui sentivo di potermi fidare. Lei mi ha preso da parte e mi ha parlato, spiegandomi che non c’era nulla che non andasse in me. Mi ha detto di lasciar correre e di non prestare troppa attenzione, che tutto si sarebbe risolto.

Bisogna parlare e denunciare per uscirne

Non so se sia stata lei a intervenire, ma le cose sono andate meglio e sono cessate del tutto quando quelle ragazze hanno completato gli studi e a scuola sono rimaste solo le coetanee, con le quali non ho mai avuto problemi. Sono consapevole che la mia è stata un’esperienza blanda e meno grave rispetto ad altre, dove al bullismo psicologico a volte si aggiunge perfino qualche forma di violenza fisica, ma vorrei che passasse questo messaggio: certi comportamenti, anche se non particolarmente gravi, vanno sempre denunciati con forza, perché stando zitti si è vittime due volte. Bisogna farsi aiutare, appoggiandosi a figure adulte, di cui ci si fida.

Pamela Camassa

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