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Giornata mondiale contro l’Aids: numerose le iniziative

Tutto il mondo scende oggi in campo per celebrare la Giornata mondiale contro l’Aids, la malattia che ancora oggi miete molte vittime. Tra le tante interessanti e importanti iniziative, segnaliamo quelle delle due maggiori organizzazioni italiane impegnate nella lotta all'Aids: l’Anlaids, Associazione nazionale per lotta contro l'Aids, e la Lila, la Lega italiana per la lotta contro l’Aids.

Tutto il mondo scende oggi in campo per celebrare la Giornata mondiale contro l’Aids, la malattia che ancora oggi miete molte vittime. Tra le tante interessanti e importanti iniziative, segnaliamo quelle delle due maggiori organizzazioni italiane impegnate nella lotta all’Aids: l’Anlaids, Associazione nazionale per lotta contro l’Aids, e la Lila, la Lega italiana per la lotta contro l’Aids.

Ecco, nel dettaglio le rispettive iniziative.

Gruppo San Donato

IL PROGETTO “ANLAIDS NETWORK” DI ANLAIDS
Il progetto prende il nome di Anlaids Network e metterà in rete quattro strutture di eccellenza del territorio nazionale (Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale L. Sacco di Milano, Università La Sapienza di Roma e I.N.M.I L. Spallanzani di Roma) che condivideranno risorse, conoscenze e strumenti per realizzare progetti di ricerca selezionati utili a migliorare il trattamento delle persone che vivono con l’Hiv e contribuire così al miglioramento delle condizioni di salute di tutta la collettività.
Si può sostenere il progetto Anlaids Network con le seguenti modalità:
– Una donazione sul conto corrente di BANCA PROSSIMA – IBAN : IT06 F033 5901 6001 0000 0000 321
– Una donazione online attraverso il proprio conto PayPal o Carta di credito.

LA CAMPAGNA DELLA LILA
La nuova campagna di prevenzione della Lila punta ancora una volta ad attivare comportamenti sessuali sicuri e promuove l’uso del profilattico, unico strumento in grado di tutelare chiunque abbia una vita sessuale attiva. L’infezione da Hiv continua infatti a propagarsi e ha ormai assunto una precisa connotazione sessuale, con il 79% delle nuove infezioni dovute a rapporti sessuali. L’uso del profilattico continua ad essere una delle strategie principali di contrasto all’Hiv raccomandate da tutte le agenzie internazionali, che attraverso l’uso dei preservativi maschili e femminili, l’accesso al test e la terapia antiretrovirale, si sono date come obiettivo l’azzeramento dell’infezione come dice l’esplicita headline del World Aids Day 2011 Getting to Zero.

A fronte delle iniziative sul territorio nazionale, un convegno sul tema, al Senato, mette in luce un dato inquietante: troppe donne scoprono tardi di essere sieropositive e «sono più vulnerabili degli uomini di fronte al virus». Quasi il 40% delle donne HIV positive scopre tardi di essere stato colpito dal virus, spesso quando l’Aids è già in fase conclamata. È il fenomeno dei cosiddetti late presenter (persone che giungono tardivamente alla diagnosi), in crescita e particolarmente preoccupante. Inoltre le donne presentano condizioni biologiche che le rendono più esposte al virus: sono due volte più a rischio di contagio in un rapporto non protetto rispetto all’uomo. Da qui l’importanza della diagnosi precoce, anche rendendo più facile l’accesso al test.

«Il 70% delle donne – sottolinea Antonella d’Arminio Monforte, direttore della Clinica di Malattie Infettive del San Paolo di Milano – viene infettato da un partner stabile, mentre il 76% dei maschi contrae il virus durante un rapporto occasionale. È quindi l’uomo che normalmente porta la malattia all’interno della coppia. Inoltre le donne sono più vulnerabili di fronte al virus: la loro mucosa genitale è più permeabile all’Hiv rispetto a quella maschile e gli ormoni femminili, in certe fasi del ciclo, possono favorire l’infezione».

Le persone che scoprono di avere il virus hanno un’età media di 39 anni (i maschi) e di 35 (le femmine). «I dati del Sistema di Sorveglianza – commenta il prof. Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità – sottolineano l’urgenza di avviare campagne di sensibilizzazione per incoraggiare l’adozione di comportamenti sessuali sicuri, in particolare tra i giovani e la popolazione femminile, e di effettuare il test HIV di routine alle donne in gravidanza per ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione sia attraverso i rapporti sessuali che da madre a bambino».

«Lo stigma – continua Rosaria Iardino, presidente onorario di NPS Italia Onlus (Network italiano delle persone sieropositive) – è un fatto culturale, strisciante, che non si manifesta più con comportamenti apertamente di pregiudizio, ma connota tutta la vita delle persone con HIV. Per questo motivo più che parlare di stigma al femminile bisogna considerare che il fatto di essere donna diventa un moltiplicatore culturale del pregiudizio. Il passaggio dell’infezione dal mondo omosessuale a quello eterosessuale è ampiamente dibattuto, invece la crescita del numero di casi nella popolazione femminile è semplicemente un dato statistico. In medicina esistono alcuni aspetti che evidenziano l’esistenza di uno stigma, non manifesto, non urlato, ma non per questo meno pericoloso, a partire dalla minore rappresentatività femminile negli studi clinici. La donna non può essere assimilata all’uomo, come una mera variabile, ma ha una specificità che la sperimentazione è chiamata a tenere in considerazione per promuovere una medicina che riconosca adeguatamente le pari opportunità».

Fonte La Stampa

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