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Carlo Verdone: le mie notti in bianco

«L'insonnia è sempre stata un problema, ereditato da mia mamma e causato dallo stress. L'ho combattuta con telefonate a Fellini, leggeri ansiolitici e letture di Seneca»

«Forse a rovinare le mie dormite è stato il successo», racconta Carlo Verdone. «O forse è un problema ereditario. Fatto sta che passavo settimane senza chiudere occhio. Ho provato di tutto, dalla psicoanalisi agli ansiolitici. Finché ho trovato un sistema che funziona e le mie cinque-sei ore di sonno sono assicurate…».

«Tutte le mattine, alle 6.45, all’altro capo del telefono la solita vocetta: “Pronto, Carletto, sono Federico”. Un rito quotidiano, iniziato quasi per caso.
Un giorno incontrai Fellini a Cinecittà e scoprimmo che non dormivamo niente tutti e due. “Ma è meraviglioso!”, esclamò. “Allora ti posso chiamare alla mattina prima delle sette?”. “Ma vai tranquillo, è un onore per me!”.

Gruppo San Donato

Io e Fellini al telefono, occhi sbarrati alle sei del mattino

Durò qualche settimana. Chiamava sempre lui, perché io non volevo svegliare Giulietta Masina, sua moglie. Chiacchieravamo di tutto. Io gli raccontavo quanto mi piacciono Lo sceicco bianco e I vitelloni. Gli spiegavo quanti spunti avevo preso dai suoi film per i miei, gli dicevo che come avevano capito Roma lui ed Ennio Flaiano, uomini dell’Adriatico, nessun romano l’ha capita mai.

Parlavamo di com’era cambiato il senso del ridicolo negli ultimi anni. Fellini era in crisi, perché non riusciva più a comprendere il pubblico giovane. Come dargli torto?
Qualche tempo fa sono stato a una festa, di quelle mondane per modo di dire. C’era una ragazza coi pantaloni talmente calati che c’aveva mezzo sedere di fuori. Nessuno ci ha fatto su una battuta, un sorrisetto, nulla… Come fosse una cosa normalissima. Oggi è difficile trovare qualcosa che faccia ridere.

Quelle telefonate sono uno dei lati positivi dell’insonnia. Da giovane pensavo di uscirne pazzo: stavo settimane senza dormire. D’altro canto in famiglia mia ci sono bei precedenti.

E come no? Mio zio Corrado riposava tre ore a notte. E l’altro zio, Gastone: mai più di quattro ore. Mettiamoci pure mia madre: massimo cinque. Solo che lei riusciva a farsi la sua pennichella dopo pranzo. Beata! A me sarà capitato una decina di volte in tutta la vita e ho gridato al miracolo.

Carlo Verdone: quelle chiacchierate per superare l’ansia

Forse a rovinare le mie notti è stato anche il successo. Io che per natura sarei un timido, sono stato gettato di fronte a migliaia di persone. E il mio sonno, già di per sé debole, ne ha risentito.

Andai da uno psicanalista, bravissimo. Mi disse: “Ma che lettino! Ti servono solo delle chiacchierate per superare l’ansia da successo”. Mi faceva parlare molto dei miei timori e me li annientava con un buon senso, con una razionalità amabile, che mi ha aiutato veramente tanto, ma tanto.

Queste sedute hanno avuto un influsso benefico sulla mia serenità. Sono riuscito a superare l’ipocondria di cui soffrivo, e anche molte mie nevrosi. È stata una lotta. Ma con l’allenamento i muscoli te li fai.

Sarà che a me i muscoli non mancano, spalle e braccia sono sempre state potenti. Fino a 18 anni facevo il lancio del giavellotto. Ero una promessa, “posso dirlo?”, internazionale. Non fosse stato per quell’idiota che mi ha tirato una pallonata nella schiena schiacciandomi una vertebra: da quel giorno ho avuto difficoltà a stendere il braccio.

Tornando al mio sonno, le chiacchierate con l’analista l’hanno migliorato. E poi ho conosciuto un neurologo, che mi ha tranquillizzato. Ci sono molti creativi, mi ha spiegato, che pur dormendo poco riescono comunque a dare tanto. Mi ha prescritto dei farmaci, che assumo da anni per non passare le notti in bianco: un ansiolitico leggero quattro ore prima di dormire e un altro poco prima di mettermi sotto le coperte. Così, almeno sei ore scarse riesco a farmele. Anche se ultimamente vedo che stanno diventando sempre più spesso cinque… Mah!

Carlo Verdone: l’importanza di un partner comprensivo

Niente sonniferi potenti, sono contrario. Lo dico da mezzo medico. Be’, sono un grande appassionato di medicina. Ma proprio grande, grande, grande. Se i miei amici hanno qualche problema, mi documento per loro. Tant’è che mi regalano i biglietti da visita con scritto “dott. Carlo Verdone, specialista in neurologia e gastroenterologia”, le mie branche preferite.

Ma poi, diciamo la verità, è difficile che gli uomini di spettacolo abbiano un sonno regolare. Anche Sergio Leone era come me. Fu lui a produrre il mio primo film, Un sacco bello. All’epoca avevo 30 anni. La sera prima di iniziare le riprese, Sergio suonò il citofono di casa, a mezzanotte: “Rossanaaa”, disse a mia madre, “di’ a Carlo di scendere che lo porto a fare un giro der palazzo. Tanto lo so che quello nun dorme”. Andammo a piedi da Ponte Sisto fino all’Isola Tiberina e rientrammo nel cuore della notte.

Insonni, nevrotici, uomini tutti, ascoltatemi: ogni sera, prima di spegnere la luce, leggetevi una delle Lettere a Lucilio di Seneca, una lettura che porta l’anima alla serenità e a una dolce riflessione interiore. Sappiatemi dire.

Auguro poi, a chi ha il mio stesso problema, di trovare compagne comprensive. Perché se lei giustamente vuole dormire e tu ti svegli prima del gallo, è difficile andare d’accordo. Non dimenticherò quello che mi disse una volta una donna: “È bello avere una sentinella notturna che come un angelo custode veglia su di te”. Credetemi, una frase del genere ti ripaga di tutti i mal di testa che ti vengono dopo una notte passata contando le pecore».

Carlo Verdone (testo raccolto da Diletta Grella)

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