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Non riuscivo a far pipì: la neuromodulazione sacrale mi ha ridato la normalità

Marisa Denaro, 39 anni, vive a Bellano, in provincia di Lecco. Separata, adora scrivere, leggere, cucinare, ma la passione principale della sua vita sono i tre figli: Rebecca, 13 anni, Salvatore, dieci, e Lucia, otto. Ha sofferto a lungo di un problema alla vescica, la ritenzione urinaria. Non si è arresa e ha ritrovato la normalità grazie a una tecnica sofisticata: la neuromodulazione sacrale. Leggi il suo racconto. «Vorrei che la mia storia fosse lo spunto per parlare di qualcosa che affligge tante donne e che spesso porta con sé la vergogna: i problemi urinari. Si sa che bisogna andare dal ginecologo, mentre non si va dall’urologo. E capita che piccoli disturbi della vescica come la cistite, se trascurati o silenti, magari possano trasformarsi in grossi guai.

Marisa Denaro, 39 anni, vive a Bellano, in provincia di Lecco. Separata, adora scrivere, leggere, cucinare, ma la passione principale della sua vita sono i tre figli: Rebecca, 13 anni, Salvatore, dieci, e Lucia, otto. Ha sofferto a lungo di un problema alla vescica, la ritenzione urinaria. Non si è arresa e ha ritrovato la normalità grazie a una tecnica sofisticata: la neuromodulazione sacrale. Leggi il suo racconto. 

«Vorrei che la mia storia fosse lo spunto per parlare di qualcosa che affligge tante donne e che spesso porta con sé la vergogna: i problemi urinari. Si sa che bisogna andare dal ginecologo, mentre non si va dall’urologo. E capita che piccoli disturbi della vescica come la cistite, se trascurati o silenti, magari possano trasformarsi in grossi guai.

Gruppo San Donato

Attenzione: non esiste solo l’incontinenza, che pure crea disagio, ma che può risolversi con i pannoloni. Seppure in percentuali minori, esiste anche il problema della ritenzione urinaria. Ed è il mio caso. Dopo dieci anni di cure per un presunto disturbo ai reni, nel 2009 peggioro, di punto in bianco. Non c’è terapia che mi aiuti, sto male e ho un’estrema difficoltà a urinare. Come mi trattano i medici? Che tristezza, come un numero, nei vari ambulatori da cui passo, non come una persona.

Il mio medico di base, non vedendo alcun miglioramento, decide di indirizzarmi a un centro di urologia super specializzato. Gli esperti si rendono subito conto che il problema non è renale: è la vescica a non funzionare e a mettere in crisi i reni, e non viceversa, come si è pensato fino a quel momento. Così mi prescrivono varie terapie: in particolare, pastiglie che sono indicate anche per la prostata. A me, che sono una donna, e che la prostata non ce l’ho…

Nulla funziona, e io continuo ad avere una grande difficoltà a urinare. Dunque, si ricorre al catetere: l’unica soluzione ormai possibile per me, dicono i medici, e destinata a diventare definitiva, ogni giorno della mia vita, per sempre. Mi arrabbio, sono delusa. Non voglio pensare che questa sia la strada giusta. Ho soltanto 37 anni! La mia esistenza futura non può essere legata ai cateteri e alle possibili, continue, infezioni che questi dispositivi portano con sé.

È sbagliato, forse, attaccarsi a internet in questi casi, ma una paziente ormai disperata va a cercare la soluzione ovunque. Così ho fatto io. E ho trovato vari articoli su una tecnica che mi è apparsa subito molto interessante per aiutare le persone come me. Si chiama neuromodulazione sacrale e consiste nello stimolare, tramite deboli impulsi elettrici prodotti da un pacemaker, i muscoli della vescica, che permettono poi di fare pipì. Senza catetere.

Detto così è facile. In realtà, gli urologi dell’ospedale San Raffaele di Milano a cui mi rivolgo, mi spiegano che questo sistema non funziona su tutti i pazienti e che richiede un’accurata serie di esami preventivi, anche molto fastidiosi. Ma io accetto, e ancora oggi mi domando come abbia potuto sopportare quei test. Credo che la forza per reggerli sia venuta dai miei tre figli. Loro hanno rappresentato lo sprone principale per andare avanti.

L’attesa per l’inserimento di un neuromodulatore provvisorio si prolunga fino al novembre 2009. Torno a casa come un robot, con un filo che esce fuori dalla schiena e una macchinetta gelosamente custodita in un marsupio. Non è facilissimo vivere così, ma tutto questo armamentario non ferma il mio buonumore né la grinta. Altri 42 giorni di attesa e di controlli continui, sempre al San Raffaele, con un uso sempre meno frequente del catetere, e finalmente arriviamo all’impianto definitivo. È una liberazione, un momento che ricorderò per sempre.

A quasi due anni di distanza, le cose funzionano. Ora non devo più fare ricorso ai cateteri (se non per controllare che tutto funzioni, ogni tanto) e conduco una vita normalissima. A parte qualche piccolo inconveniente magnetico. Per esempio, il pacemaker mi smagnetizza la sim del cellulare o la tessera del bancomat, se le tengo troppo vicine, e fa suonare, spesso, i sistemi antitaccheggio dei negozi. Spero solo che tante altre donne nella medesima situazione possano trovare conforto e forza dalla mia storia, che ho raccontato anche in un libro. La prospettiva di una vita migliore è più che concretizzabile, a patto che non si perda mai né la speranza, né la voglia di vivere».

Marisa Denaro
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