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Eleonora Pedron: «Convivo con un trauma al collo»

«L’incidente stradale in cui ho perso mia padre non ha lasciato solo una ferita nel cuore: convivo ancora oggi con dolori alla spalla causati da un trauma al collo, che tengo a bada grazie a una fisioterapia mirata»

Per Eleonora Pedron un incidente stradale ha lasciato due grosse ferite. Una è stata la perdita del padre, l’altra è stata un trauma al collo che ancora oggi non la lascia in pace. «Convivo con dolori alla spalla, che tengo a bada grazie a una fisioterapia mirata» ha raccontato la showgirl e attrice veneta nella sua testimonianza sulle pagine di OK Salute e Benessere.

Il Backstage dell'intervista a Eleonora Pedron

Eleonora Pedron e l’incidente in macchina

Esistono ferite nel cuore che non si rimarginano mai. Cambiano colore, intensità, ma rimangono lì, immobili, tanto che, con il tempo, impariamo a tenerle con noi. Ancora adesso, poi, faccio i conti con una ferita del corpo che si è aperta nello stesso momento.

Gruppo San Donato

Nel maggio 2002 io e mio padre siamo stati vittime di un incidente stradale: lui ha perso la vita mentre io ho riportato una frattura al bacino e una alla spalla. Per risanare la prima sono stata costretta a rimanere a letto, totalmente immobile, per un mese, mentre il trauma alla spalla è stato curato con un tutore e dei cicli di fisioterapia. Però, stando ai segnali che continua a mandare il mio corpo, non si è trattato di una guarigione completa. Sono passati 18 anni, nel frattempo sono diventata donna e mamma di due bambini, eppure, se compio qualche movimento sbagliato, il dolore alla spalla è pronto a rispuntare, anche se in forma più lieve.

Quel dolore che non se ne va

Come credo capiti a molti, quando si ha un fastidio fisico a volte si tende a temporeggiare, aspettando che prima o poi passi da solo. Nel mio caso non è passato e, se tre anni fa non mi fossi decisa ad andare dallo specialista, ancora ricorrerei all’antidolorifico un giorno sì e l’altro pure. È stato durante un allenamento di bootcamp (un circuito senza pause ad alta intensità) che mi sono resa conto che c’era qualcosa che non andava ed era arrivato il momento di fare accertamenti.

Si trattava di un’ernia cervicale

Sono andata dall’ortopedico, che mi ha subito prescritto una risonanza magnetica per controllare la situazione, ma, con mio grande stupore, l’esame ha dato esito negativo. Cioè, la spalla non aveva nulla! Sono ritornata dal medico, il quale mi ha suggerito di sottopormi a un’altra risonanza, questa volta, però, alla colonna cervicale. Risultato? Un’ernia all’altezza del collo, proprio in prossimità dell’attaccatura dei capelli. L’ortopedico mi ha spiegato che la frattura dell’incidente del 2002 aveva causato un trauma cervicale e, per quanto io sentissi male alla spalla, la parte del corpo da curare era un’altra. Ho intrapreso subito una terapia di cortisone per qualche settimana e il dolore si è gradualmente attenuato. Assieme ai farmaci mi sono state prescritte anche sedute costanti di fisioterapia che, tramite movimenti ridotti e lenti del collo e della testa, hanno risolto questa seccatura quasi completamente.

A bada con la fisioterapia

Dico «quasi» perché ancora oggi qualche dolorino persiste e sono costretta a chiamare il mio fisioterapista di fiducia. Mi hanno consigliato di dedicarmi al pilates o allo yoga, li ho provati ma non sono attività che fanno per me. Io sono una persona super attiva e, proprio come quando ero piccola, non riesco a stare ferma e ho necessità del movimento energico. Ho diminuito le sedute di bootcamp, perché mi rendo conto che non è uno sport leggero, ma a ogni modo non voglio rinunciarci. Anzi, se devo essere sincera, le conseguenze dell’ernia mi servono come monito: «Eleonora fermati». E io mi fermo… Allora magari gioco a tennis con mio figlio o improvviso qualche passo di danza con la femminuccia.

La quarantena come un’occasione

Diciamo che, sfortunatamente, ho già provato sulla mia pelle che cosa significhi fermarsi del tutto. A proposito di immobilità, questi mesi di quarantena per me sono stati un’occasione per passare molto tempo con i miei figli e per assaporare i piaceri di una vita più casalinga. Sono consapevole che per molti sono stati mesi difficili, ma, quando la vita ti mette di fronte la più dura delle prove, le altre che arrivano dopo ti sembrano più leggere e le affronti con un animo risoluto. Chi ci è passato come me può capire.

Tornare a vivere

I problemi, le scocciature hanno un peso circoscritto perché non sono quelle le cose che contano davvero nella vita: 18 anni fa avrei pagato tutto l’oro del mondo per vivere questo tipo di reclusione, invece ero immobile fisicamente ma, soprattutto, ero morta dentro. Ora posso giocare con i miei figli Inés e Leòn, progettare la giornata, meravigliarmi davanti a un tramonto. In una parola: vivere.

Eleonora Pedron

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