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Occhio pigro (o ambliopia): come si cura?

L'oculista Paolo Nucci spiega che l’ambliopia insorge entro l’età scolare e, se individuata tempestivamente, si può risolvere facilmente

Cos’è l’occhio pigro?

L’occhio pigro stenta a fare ciò per cui è predisposto, cioè scorgere e mettere a fuoco un’immagine. Questo disturbo è chiamato ambliopia e si manifesta grosso modo entro i 6-8 anni d’età. Non è causato da un danno oculare organico ma da una riduzione della capacità visiva, in seguito alla quale il bambino inizia a non utilizzare più l’occhio con il deficit. Paolo Nucci, professore ordinario di Oftalmologia presso l’Università Statale di Milano, spiega sintomi, cause e cure di questo disturbo.

Il processo fisiologico alla base dell’ambliopia

Fin dai primi mesi di vita il piccolo comincia a maturare una visione monoculare, grazie alla quale gli occhi sviluppano un’acuità individuale e indipendente l’una dall’altra. Sviluppa anche una visione stereoscopica, che consente di comporre l’immagine di ciò che si ha di fronte sfruttando la collaborazione di entrambi gli organi. In questo processo di formazione visiva, il cervello converte gli impulsi elettrici ricevuti dai nervi ottici in immagini concrete, definite e tridimensionali. Tuttavia, quando uno dei due occhi presenta un deficit visivo, che può insorgere per motivi diversi, questo perfetto ingranaggio si inceppa.

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Se uno dei due organi presenta una visione ridotta, o addirittura assente, il cervello non è più in grado di interpretare correttamente i segnali che gli arrivano. Di conseguenza decide di interrompere la comunicazione con l’occhio mal funzionante. E lo fa sottraendogli le cellule responsabili della trasmissione degli impulsi, per destinarle all’altro occhio. Ciò significa, dunque, che il cervello privilegia l’immagine qualitativamente migliore, a scapito di quella peggiore, e l’occhio con minor capacità visiva diventa ambliope, ossia pigro.

Perché l’occhio inizia a vederci meno?

Ma perché in età pediatrica, e in assenza di alterazioni dell’integrità oculare, un occhio dovrebbe vederci poco o male e dare luogo all’ambliopia? Se il bambino presenta un difetto refrattivo, come ad esempio miopia, astigmatismo o ipermetropia, il cervello scollega l’occhio più debole e fa lavorare di più l’altro. Oltre ai disturbi della vista, però, esistono altri fattori che, a lungo andare, possono rendere pigro un occhio.

Se c’è uno strabismo, cioè un anomalo allineamento degli assi visivi, le aree cerebrali coinvolte in questo processo non sono in grado di sovrapporre correttamente le immagini prodotte dalla visione binoculare ed eliminano le informazioni meno complete. Infine, all’origine dell’ambliopia troviamo problemi anche più gravi, sui quali bisogna intervenire tempestivamente. Il cervello destina la maggior parte delle sue cellule a un occhio piuttosto che a un altro anche quando il bambino è affetto da cataratta congenita, cioè l’opacità del cristallino derivante dall’alterato processo di formazione e di sviluppo dell’embrione, e da ptosi palpebrale, che è un abbassamento della palpebra. In queste situazioni i segnali luminosi non giungono affatto alla retina e dunque non si verifica alcuna trasmissione dell’immagine al sistema nervoso.

Il test del riflesso rosso è decisivo per la diagnosi di occhio pigro

Poiché in quella fascia d’età i bambini non sono in grado di comprendere e di riferire se uno dei due occhietti vede meno (o peggio) rispetto all’altro, per i genitori è difficile accorgersi se qualcosa non va dal punto di vista della visione, a meno che non ci sia uno strabismo evidente. Per questo motivo sarebbe opportuno che il piccolo, già nel nido della neonatologia, venisse sottoposto al test del riflesso rosso. Questo è essenziale per la diagnosi precoce di patologie oculari che possono compromettere la vista e portare all’ambliopia.

Questo veloce esame viene eseguito proiettando la luce dell’oftalmoscopio in entrambi gli occhi. Questi risultano completamente sani se, a loro volta, riflettono un segnale luminoso rosso. In caso contrario, se si riscontrano anomalie di colore o asimmetrie, è necessario rivolgersi immediatamente a un oculista pediatra. Potrebbe infatti essere presente un’opacità ed essere già insorta una malattia. Se durante questo test non è emerso alcunché di rilevante si può attendere il terzo anno di vita per fare la prima visita oculistica, che è un passaggio obbligatorio.

Ci sono segni premonitori?

In ogni caso, i genitori devono iniziare a monitorare il proprio figlio. Nelle fasi precoci, infatti, potrebbero captare qualche segnale premonitore dell’occhio pigro, cioè posizioni viziate del capo, la tendenza a strizzare e a stropicciarsi spesso gli occhi o l’avvicinarsi eccessivamente a un oggetto. Se entro questo lasso di tempo dovessero individuare un deficit visivo, uno strabismo o un’altra patologia oculare, in seguito alle quali si è sviluppata una forma di ambliopia, l’oculista interviene immediatamente nel trattamento del difetto o della malattia presenti e solo in un secondo momento procede con la correzione dell’occhio pigro.

Se non si risolve velocemente il problema alla base di questo disturbo, che sia di tipo refrattivo o patologico, quell’occhio sarà ambliope per sempre. Avrà anche una perdita permanente della capacità visiva. Attenzione, però. Nel caso in cui un occhio dovesse manifestare un difetto dopo gli otto anni, questo non condizionerà lo sviluppo della visione. Il cervello, infatti, ha già destinato le sue cellule a entrambi gli occhi e la funzionalità visiva è ormai delineata.

Come si cura l’occhio pigro

La prima terapia, dunque, mira alla risoluzione del difetto visivo con gli occhiali, all’eliminazione degli ostacoli che impediscono di vedere e al riallineamento degli assi in presenza di strabismo. Il passo seguente è iniziare a far lavorare come si deve l’occhio pigro e per farlo si applica una piccola benda su quello più sano. Questo si chiama trattamento penalizzante perché si sfavorisce temporaneamente l’organo perfettamente funzionante per consentire al cervello di ripristinare il collegamento con quello pigro che, indicativamente nel giro di un anno, recupera quasi totalmente. Nel caso di una marcata ambliopia l’occlusione può anche essere totale, almeno inizialmente, e durare per tutta la giornata, mentre quando il disturbo è di lieve o moderata entità si cerca di limitare l’impiego della bendina a qualche ora al giorno, raramente si superano le otto ore.

Durante questa terapia i genitori devono resistere alle richieste del bambino, che generalmente prova in tutti i modi a togliersi il bendaggio. Per questo motivo di solito lo specialista preferisce che il piccolo tenga l’occhio coperto quando è a scuola perché è meno concentrato sulla benda e più sulle lezioni. Inoltre l’insegnate è meno accondiscendente di una mamma o un papà di fronte a qualche lacrimuccia.

Quello della bendina è l’unico trattamento

Si tratta dell’unico trattamento davvero efficace e attualmente disponibile. Non esistono, infatti, altre possibilità di cura. Mamme e papà devono diffidare di chi propone farmaci, attività di stimolazione, videogiochi particolari o esercizi per correggere il deficit dell’occhio pigro. Non vi è alcuna evidenza scientifica che ne comprovi la validità.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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