Alimentazione

Farina di grillo: solo 1 italiano su 10 la proverebbe

Useremo vermi, grilli e locuste in polvere, sotto forma di ingredienti, per superare la barriera psicologica ma gli italiani non si sentono ancora pronti per questa novità gastronomica

L’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa) definisce i novel food, cioè i nuovi alimenti, come cibi che non sono stati consumati in misura significativa dagli esseri umani in Europa prima del 1997. Possono essere alimenti innovativi e di nuova concezione, prodotti utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione. Nonché alimenti che sono o sono stati consumati tradizionalmente al di fuori dell’Europa. Di questa ultima categoria fanno parte gli insetti e in particolare il verme minore della farina e il grillo, autorizzati questo gennaio dall’Efsa. Dopo le tarme della farina e le locuste, sono il terzo e il quarto insetto che potranno circolare sulle tavole dei cittadini europei. Ma altre otto richieste sono in attesa di approvazione.

Anche se qualcuno solleva dubbi e interrogativi di carattere sanitario e salutistico sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità, l’Efsa rassicura. Sul sito si può leggere che «in seguito a una domanda da parte della società Ynsect NL BV sul verme minore della farina e della società Cricket One Co, Ltd. sulla polvere parzialmente sgrassata ottenuta dal grillo domestico, entrambi i nuovi alimenti sono stati sottoposti a rigorose valutazioni scientifiche. Gli studi hanno concluso che sono sicuri».

Gruppo San Donato

Dopo il via libera definitivo della Commissione Europea, il decreto interministeriale presentato il 23 marzo regola la commercializzazione e il consumo della farina di grillo, che si appresta, dunque, ad arrivare sugli scaffali dei supermercati italiani.

Dove troveremo la farina di grillo

L’Autorità ha spiegato anche che la farina di grillo domestico potrà essere utilizzata nei panificati (pane, cracker, grissini), nelle barrette ai cereali, nelle pre-miscele secche per prodotti da forno, nei biscotti, nelle salse. Ma anche nei prodotti trasformati a base di patate, nei piatti a base di leguminose e di verdure, nella pizza, nei prodotti sostitutivi della carne. Nelle bevande tipo birra e nei prodotti a base di cioccolato.

Farina di grillo: solo 1 italiano su 10 la proverebbe

In gran parte dell’Europa, tra cui l’Italia, continua a esserci poco interesse, quasi diffidenza da parte dei consumatori per questi nuovi alimenti. Una ricerca condotta dall’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica di Cremona, diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna, conferma che gli italiano non si sentono ancora pronti per questa innovazione gastronomica.

Quel che emerge è che solo poco più di 1 italiano su 10 (il 15%) sarebbe disposto a portare in tavola cibi fatti con farina di grillo. Per almeno metà degli italiani, invece, è no assoluto a questo tipo di prodotti. Inoltre, solo il 24% del campione è favorevole alla vendita e il 21% alla produzione di alimenti contenenti farina di grillo. Tra gli intervistati prevale una certa ostilità verso il prodotto (53%) e il 68% dichiara di provare disgusto all’idea di consumare prodotti realizzati con farina di grillo.

«Gli Italiani sembrano reticenti verso i prodotti con farina di grillo: il 47% del campione ritiene che possano mettere anche a rischio le tradizioni culinarie», commenta Graffigna. «Inoltre, emerge dall’indagine che il 44% ritiene che l’Unione Europea non avrebbe dovuto autorizzarne la vendita. Questi dati sono espressione di barriere culturali difficili da abbattere. La farina di grillo sta guadagnando interesse come fonte sostenibile di proteine, ma è un processo che potrebbe richiedere ancora del tempo per diventare più diffuso e accettato nella cultura alimentare italiana».

Insetti come alternativa alla carne

Tuttavia gli esperti sono concordi. Grillo, vermi della farina e locuste sono da considerarsi un’opportunità per ampliare il portfolio di alimenti, sia per l’uomo che per gli animali. Ciò si deve vedere anche in un’ottica di biodiversità nutrizionale, perché la combinazione di nuovi e vecchi alimenti concorre a una dieta varia, salubre e a minor impatto ambientale.

Tra le ragioni per cui l’Europa si apre alla commercializzazione di insetti, c’è infatti la necessità di trovare fonti di proteine alternative per rendere più sostenibile il sistema alimentare. All’interno della nostra dieta occidentale sembrano novità prive di scopo. Ma per quelle persone che seguono una dieta prevalentemente vegetale, per motivi etici o salutistici, e sono alla ricerca di proteine nutrienti più sostenibili di quelle di carne, pesce o uova, possono rappresentare una valida alternativa. Dopotutto gli insetti sono ricchi di proteine e nutrienti. In natura ce ne sono migliaia. Per ipotizzare una filiera si devono individuare le specie più facilmente allevabili. In Italia sarebbero il verme della farina, il grillo e il baco da seta.

Insetti e ambiente

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), gli insetti come cibo emergono come una questione particolarmente rilevante nel ventunesimo secolo a causa dell’aumento del costo delle proteine ​​animali, dell’insicurezza alimentare, delle pressioni ambientali, della crescita della popolazione e della crescente domanda di proteine ​​tra le classi medie. Pertanto, è necessario trovare soluzioni alternative al bestiame convenzionale. Il consumo di insetti contribuisce quindi positivamente all’ambiente, alla salute e al sostentamento. Anche la Fao indica gli insetti come fonte di cibo altamente nutriente e salutare con un ottimo contenuto di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali. Pertanto, sono una fonte proteica alternativa che facilita il passaggio a diete sane e sostenibili.

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