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Mamme dopo la chemio grazie alla ricerca

Il 14 maggio per la festa della mamma torna l'Azalea della Ricerca dell'Airc in migliaia di piazze. Ecco la storia di una ricerca fondamentale per molte pazienti per poter diventare madri dopo la chemioterapia

Torna il fiore simbolo della lotta contro i tumori femminili. L’Azalea della Ricerca AIRC domenica 14 maggio sarà in migliaia di piazze (trova quella più vicina a te). Per sostenere e migliorare la qualità della vita delle donne basterà un contributo di 15 euro.

Un regalo speciale per ogni mamma

Un regalo speciale per festeggiare le mamme e tutte le donne, un regalo importante per sostenere concretamente il lavoro di tutti i ricercatori AIRC impegnati a trovare le cure più adeguate da portare, nel più breve tempo possibile, dal laboratorio al paziente.

Gruppo San Donato

Raccogliere fondi per la ricerca è fondamentale 

«Raccogliere fondi è fondamentale. L’AIRC è tra i più importanti finanziatori in Italia per quanto riguarda la ricerca sul cancro. Attraverso gli studi che l’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro ha sostenuto è stato possibile arrivare a risultati che hanno migliorato la prognosi dei pazienti, quindi di conseguenza la loro sopravvivenza, ma anche la qualità della loro vita e dei loro familiari». A parlare è Lucia Del Mastro, Direttore dell’Unità di Sviluppo Terapie Innovative al San Martino-Istituto Tumori di Genova.

Nel suo percorso professionale c’è uno studio che ha potuto portare a termine grazie ad AIRC?

«Abbiamo condotto uno studio clinico con l’obiettivo di trovare una strategia per preservare la fertilità delle donne giovani con tumore al seno candidate ad effettuare la chemioterapia. Sono donne che sono a rischio di perdere la fertilità e quindi la possibilità di diventare madri al termine delle terapie. Abbiamo condotto uno studio per valutare se attraverso l’assunzione di un farmaco che mette a riposo le ovaie fosse possibile ridurre il rischio di perdere la fertilità in queste giovani donne.

Il risultato è stato molto positivo

Siamo stati i primi al mondo a dimostrare come attraverso la somministrazione di questo farmaco sia possibile evitare la menopausa precoce in queste donne. Questo studio è stato possibile solo grazie all’AIRC. La conseguenza di questa ricerca è stato il fatto che quest’anno le autorità sanitarie italiane hanno approvato questo farmaco con l’indicazione di poter essere utilizzato per la preservazione della fertilità. Si è tradotto in un vantaggio pratico, perché tutte le donne in Italia ora hanno l’accesso gratuito a questo farmaco e possono sperare di avere un figlio se lo vorranno dopo le cure».

Cosa direbbe alle donne per la prevenzione del tumore al seno?

«È importante seguire i programmi di prevenzione ufficiali. Se non ci sono sintomi, nelle donne che non hanno una storia familiare di tumore al seno, la mammografia va fatta a partire dai 45 anni. Se la mammografia non è sufficientemente chiara, bisogna integrarla con un’ecografia. Tutto ciò che è al di fuori di questa indicazione può essere controproducente. Il consiglio è quello di non fare meno, ma neanche di fare troppo».

Quando ricorrere ai test genetici?

«Anche qui esistono indicazioni molto precise. Ci sono storie familiari che si caratterizzano per più casi di tumore al seno. Una donna nella cui famiglia ci sono due familiari di primo grado, ad esempio la mamma e la sorella che hanno avuto questo tumore, deve effettuare il test genetico. Oppure un familiare che abbia avuto due tumori alla mammella o alla mammella e all’ovaio. Qui si configura il rischio che ci possa essere la mutazione del gene e quindi i test sono indicati.

Fondamentale la valutazione del rischio

Se c’è un solo caso in famiglia, non è un rischio di mutazione genetica. Il tumore alla mammella è il più frequente, quindi la possibilità che ci sia un familiare che si ammali è molto elevata senza che questo significhi che ci sia un’alterazione del gene. Il test genetico è indicato quando ci sono quelle condizioni che configurano il rischio aumentato di avere la mutazione, che non è determinato dal fatto di avere un solo familiare che ha avuto il tumore».

Quale sarà la terapia contro il tumore al seno tra dieci anni?

«Sarà basata molto di più su farmaci diversi dai chemioterapici. Faremo molto più ricorso alla target therapy, che già stiamo utilizzando. Per alcuni tumori abbiamo dei farmaci cosiddetti a bersaglio molecolare che hanno cambiato in maniera radicale quella che è la prognosi di alcune pazienti. Faremo ricorso sempre meno alla chemio, che in realtà si è già ridotta moltissimo, ma nei prossimi anni sarà sempre meno usata, a fronte di farmaci più efficaci, più specifici e con meno effetti collaterali. Non prevedo che nei prossimi dieci anni la chemioterapia sarà eliminata, però sarà ridotta a una percentuale molto piccola di casi».

Francesco Bianco

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