Sessualità

Pene curvo, le tre tecniche chirurgiche

I diversi interventi di corporoplastica per raddrizzare il fallo

Tre sono le tecniche che il chirurgo può mettere in pratica per raddrizzare il pene curvo congenito (LEGGI), con l’obiettivo di portare i corpi cavernosi ad avere la medesima lunghezza.

PLICATURE
Si interviene sul lato convesso del pene, accorciandolo di circa uno-due centimetri. «Ciò non dovrebbe di norma creare problemi, dal momento che il pene curvo ha di solito una lunghezza maggiore rispetto alla media», spiega l’andrologo Antonio Casarico, dirigente medico all’ospedale Galliera di Genova.
Ma come si svolge l’operazione? «Vengono realizzate una o più plicature della tunica albuginea (la parete che ricopre i corpi cavernosi del pene) sulla superficie del pene opposta all’angolazione. Le plicature, il cui numero dipende dall’entità del difetto da correggere, possono essere realizzate tramite appositi punti chirurgici, con fili in materiali non riassorbibili, che introflettono la parete del corpo cavernoso in modo che non risultino visibili, né palpabili all’esterno, oppure tramite un’incisione longitudinale e una sutura trasversale».
Durata: un’ora e mezza.

Gruppo San Donato

INTERVENTO DI NESBIT
È l’operazione che viene eseguita più di frequente. Si accorcia la parte di pene più lunga, mediante l’asportazione di un’ellisse di tunica albuginea. L’intervento richiede l’utilizzo di lenti di ingrandimento, al fine di risparmiare il fascio di vasi e di nervi del dorso del pene e di non danneggiare il tessuto erettile sottostante.
Come per la tecnica delle plicature, l’inconveniente di questo intervento è quello di causare un accorciamento del pene, che risulterà tanto maggiore quanto più grave è l’incurvamento da correggere. Perciò tale metodica è consigliata solo a chi ha un pene più lungo della media oppure a chi presenta una curvatura modesta.
Durata: un’ora e mezza.

INNESTI
Questo intervento è indicato per chi ha il pene, oltre che curvo, anche non molto lungo, cioè nei casi in cui un accorciamento anche di un solo centimetro potrebbe risultare penalizzante. L’obiettivo di questa metodica è dunque quello di ottenere sia un raddrizzamento che un allungamento del pene.
La tecnica prevede l’innesto di ellissi di tessuto, una sorta di toppa, nella parte concava del pene, portandola così ad avere la medesima lunghezza di quella convessa. «Per gli innesti di solito si può utilizzare la parete di una vena del paziente, come la safena», precisa Casarico, «oppure alcune zone epidermiche, prelevate dalla pelle della coscia o dei glutei. O, ancora, materiali di provenienza animale totalmente privati delle cellule».
Durata: due ore e mezza.
Paola Arosio – OK La salute prima di tutto

 

 

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