Sessualità

Le lesbiche spaventano più dei gay

Sotto sotto, si fa più fatica ad accettare l'omosessualità femminile. È la tesi della sessuologa Chiara Simonelli, che si cala nel mondo saffico e ne scruta ogni angolazione

Ecco un articolo sull’omossessualità femminile scritto per OK dalla sessuologa Chiara Simonelli (puoi chiederle un consulto).

Prima di accettare la propria omosessualità, molte donne vivono un lungo momento di incertezza e sperimentazione: magari hanno una storia con una donna, poi di nuovo relazioni con uomini, quindi un’amore al femminile.
In Italia siamo ancora indietro nell’accettazione dei diritti degli omosessuali. È vero che, per certi versi, l’omosessualità femminile sembra turbare meno di quella maschile: due donne che si scambiano tenerezze sono meno strane di due uomini (le amiche sono spesso espansive tra loro). Ma non si tratta certo di accettazione, quanto al contrario di un tentativo di non vedere… Agli occhi degli uomini, poi, l’idea di due fanciulle insieme sembra addirittura eccitante (e infatti scene di omosessualità femminile sono frequenti nella produzione erotica e pornografica).
Ma anche qui è solo superficie: è come se il consumatore di tali immagini pensasse che le due ragazze stanno solo aspettando lui. Sarebbe invece molto contrariato dal pensiero che queste due donne siano del tutto autosufficienti nel proprio piacere!
Dunque sotto sotto, al contrario, l’omosessualità femminile forse spaventa anche più di quella maschile. Se non altro è meno conosciuta. E questo è dovuto anche al fatto che le lesbiche, più dei gay, finiscono per essere soggetti particolarmente deboli: vulnerabili perché minoranza, a causa del proprio orientamento sessuale, e non così ascoltate perché donne.
Certo, se pensiamo alle grandi battaglie politiche e culturali condotte dagli omosessuali negli ultimi tempi, ci vengono in mente più facilmente protagonisti e nomi maschili: succede perché gli uomini sono più aggressivi o assertivi, e/o anche perché, come società, senza nemmeno accorgercene, diamo più facilmente voce e spazio agli uomini? Insomma, del mondo dell’amore saffico si sa ancora relativamente poco. Sembra però, dalle varie ricerche e osservazioni, che presenti caratteristiche molto interessanti. Proviamo a vederle, pur sapendo che generalizzare è, in ogni occasione e in questa in modo particolare, rischiare di banalizzare e di lasciare fuori buona parte della realtà.

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Fedeli o no?

Se qualcuno ancora crede all’equazione omosessualità uguale vita sessuale promiscua (assolutamente non obbligatoria neppure nel caso dei gay maschi), si dovrà ricredere: sembra infatti che la maggior parte delle relazioni saffiche siano stabili, esclusive e durature. In genere, la soddisfazione delle donne è decisamente alta: moltissime raccontano che, una volta trovata la persona giusta, si sono sentite capite come mai era loro accaduto, sia a letto che nelle varie occasioni della vita insieme.
Un problema? La gelosia. Per molte scatta un feroce senso del possesso, che si scontra talvolta con la voglia di qualcuna di fare anche altre esperienze.

Maternità?

E poi c’ è la maternità: certo, ci sono mille difficoltà, ma due donne hanno diverse risorse in più rispetto a una coppia formata da due uomini. In molte tentano un’inseminazione artificiale, all’estero naturalmente. Qualcuna invece risolve in patria, con la collaborazione di un amico donatore con il quale ha, per l’occasione, rapporti sessuali (ma poi arriva il problema che magari lui desidera vedere il suo bambino, e fargli da padre).

I ruoli nella coppia lesbica

Ci sono dei ruoli, nella coppia lesbica ? La realtà è molto varia, sfaccettata. Ci sono donne che vivono la propria omosessualità con piglio molto maschile: si vestono in modo pratico e senza fronzoli, si mostrano particolarmente volitive, decise, anche dominanti. Altre invece amano sottolineare in modo particolare gli aspetti più classici della femminilità: curano vestiti e gioielli, sono seduttive e un po’ sirene.
Ma tra questi due opposti ci sono anche moltissime persone che stanno in mezzo, e che non presentano, né negli abiti né nel comportamento, alcuna sottolineatura particolare. Allo stesso modo, c’è una minoranza di lesbiche, che qualcuno chiama separatiste, che predicano il rifiuto di tutto ciò che è maschile, in una sorta di femminismo esasperato.
Ma la maggioranza delle omosessuali non ha nulla contro gli uomini: solo, non li sceglie come compagni di letto e di vita.

Quando si scopre l’omosessualità?

Quando si scopre di essere omosessuali? Molto spesso accade già nell’infanzia: è vero che tutte le bambine amano giocare con coetanee dello stesso sesso, ma qualcuna arriva presto a presentire che per lei queste amicizie hanno una coloritura particolare, che assomigliano sempre più a innamoramenti, che fanno battere il cuore.
Altre iniziano a sospettarlo nell’ adolescenza, magari dopo qualche storia con coetanei maschi: poi però si scopre che le emozioni sono più intense per le altre donne.
E infine la scoperta può arrivare in età matura, anche per le donne che abbiano avuto un marito e dei figli. Talvolta è l’ incontro con una persona particolare che, come un fulmine a ciel sereno, apre a questa possibilità cui si credeva di non aver mai pensato. Poi magari in un secondo tempo si ricostruiscono segnali, anticipazioni, piccoli episodi significativi che avevano preceduto la rivelazione, e ai quali non si era data importanza.
Qualcuna parla anche di delusioni date dagli uomini (ma non è mai solo questo: quante donne conosciamo che, anche dopo innumerevoli frustrazioni e fallimenti, non per questo smettono di amare il sesso opposto ?).

Lesbiche si nasce?

L’altra domanda classica è quella sulle cause, o sulle origini, dell’omosessualità. Qualche anno fa, si era diffuso un certo entusiasmo per alcune ricerche che pretendevano di averne individuato il gene responsabile: dopo tanto scalpore, però, i risultati non hanno convinto.
D’altra parte, neppure le teorie psicoanalitiche classiche, quelle che vedono il lesbismo come una nevrosi dovuta alla mancata risoluzione del complesso edipico, con conseguente rifiuto della propria femminilità, risultano in effetti molto persuasive. Certo, un attaccamento molto forte della bambina alla madre, con la conseguente difficoltà a dirottare le attenzioni su un oggetto d’amore di sesso opposto, può in qualche caso fornire una strada di indagine. Qualcuno sostiene che situazioni familiari in cui c’ è la presenza di una madre forte e di un padre molto debole siano fattori predisponenti. Tuttavia, in molti casi le omosessuali provengono da storie e situazioni completamente diverse.
Allora con ogni probabilità c’è un concorso di cause: biologiche, ormonali, educative, ambientali, sociali. Ma se vogliamo fare un discorso davvero serio, dobbiamo ammettere di non saperne molto. Sino a qualche decennio fa, alla psicoanalisi e ad altre teorie psicologiche ci si appigliava nel tentativo di “curare” l’omosessualità. Per fortuna, il DSM IV (il manuale di riferimento degli psichiatri americani per la classificazione delle malattie mentali) nel 1973, e l’Organizzazione mondiale della sanità nel 1993, hanno cancellato l’ omosessualità dall’elenco delle patologie. Non è più una malattia.

Psicoterapia sì o no?

Psicoterapia per le lesbiche o no? No, o meglio, qualche volta sì, ma non certo per «guarirle». Queste persone vivono spesso in situazioni di grande sofferenza, magari sono rifiutate dalla famiglia, o provano emozioni di vergogna, senso di colpa, talvolta vissuti depressivi anche seri, legati non direttamente al proprio orientamento sessuale ma alle difficoltà che incontrano.
In questo senso, una psicoterapia di sostegno può essere molto utile, anche nel facilitare il coming out, cioè il riconoscimento, l’accettazione e la comunicazione all’esterno del proprio orientamento sessuale. Se il problema sta essenzialmente in una risposta ostile del proprio ambiente, un’idea può essere rivolgersi, per sedute singole o di gruppo, a una terapeuta omosessuale (che davvero può capire, per averlo sperimentato sulla propria pelle, il peso del pregiudizio), che operi magari in un’associazione o un centro per la difesa dei diritti dei gay. L’inserimento in un ambiente accogliente, e in grado di fornire occasioni di condivisione e confronto, può essere davvero importante.
Anche per i genitori, se si sentono spaventati o turbati, è consigliabile contattare un’associazione che li rappresenti, per trovare sostegno: in questo modo, la pressione sulla figlia omosessuale diminuirà, e lei si sentirà libera, dapprima di capire sino in fondo quale sia il proprio vero orientamento, e poi di viverlo in piena libertà e serenità. Per diventare una delle tantissime omosessuali felici, innamorate e realizzate.
Chiara Simonelli – OK La salute prima di tutto

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