Salute

Trauma cranico: calciatori a rischio?

Anche durante Mondiali in Brasile diversi giocatori sono tornati in campo dopo un violento colpo alla testa, senza il necessario controllo medico. La rivista scientifica Lancet Neurology lancia l'allarme

Un colpo diretto, un urto contro un altro corpo fermo o in movimento. Oppure uno scossone subìto a seguito di una spinta ricevuta o a una brusca decelerazione del capo (colpo di frusta). Sono tutti eventi che, producendo improvvisi movimenti della testa, possono causare una commozione cerebrale. E succedono continuamente sui campi di calcio, dalle categorie amatoriali ai professionisti. Anche ai Mondiali: il giocatore uruguayano Alvaro Pereira, dopo l’impatto durissimo con l’attaccante inglese Raheem Sterling che lo ha lasciato privo di sensi sul terreno di gioco per qualche istante, è tornato in campo a giocare. L’argentino Javier Mascherano, nella semifinale contro l’Olanda, è caduto a terra senza sensi dopo aver battuto la testa contro quella di un calciatore avversario, ma è tornato a giocare pochi minuti dopo.

La rivista scientifica Lancet Neurology ha dedicato il suo editoriale a questa problematica, lanciando l’allarme sul rischio dI colpi e contraccolpi alla testa e traumi cranici nei calciatori, e sul pericolo che può derivare dal sottovalutare queste lesioni. Per Lancet Neurology a decidere se un calciatore può tornare o meno in campo durante la partita, dopo un trauma alla testa, non possono essere lui o l’allenatore, ma un medico indipendente.

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«Condivido completamente lo studio di Lancet Neurology che consiglia che sia un medico indipendente a valutare l’opportunità per il calciatore se ritornare in campo o essere eventualmente trasferito in ospedale» – conferma Marco Fontanella, direttore della Clinica neurochirurgica dell’Università di Brescia presso gli “Spedali civili” e direttore della Scuola di specializzazione in neurochirurgia (puoi chiedergli un consulto).

«Sul campo ogni infortunio è amplificato perché la velocità del gesto atletico è amplificata all’ennesima potenza – commenta Arturo Guarino, direttore della Traumatologia dello sport all’Istituto ortopedico Gaetano Pini di Milano. Soprattutto a certi livelli, il gioco non è solo basato sulla destrezza e sul controllo del pallone, ma sembra di vedere dei centometristi che corrono dietro al pallone. Quindi la forza d’urto si unisce alla mastodonticità fisica e atletica. Tra l’altro, oltre ai traumi cranici che spesso comportano commozioni celebrali, anche il rachide cervicale rischia di farne le spese: un colpo di frusta legato a una contusione cranica può comportare lesioni deleterie e durature».

«Posso dire, per esperienza personale, che già da molti anni (più di 10) negli stadi di alcune squadre italiane di serie A, sono stati istituiti ambulatori neurochirurgici – prosegue Fontanella. In particolare a Torino sia nello stadio Comunale del Torino che nello Juventus Stadium è presente durante le partite di campionato e di coppa nazionale e internazionale una “guardia neurochirurgica”. Il neurochirurgo in questione arriva allo stadio due ore prima della partita ed è presente sino a un’ora dopo il termine. Deve valutare gli eventuali traumi cranici nel pubblico e anche nei calciatori. Il neurochirurgo non viene pagato dalla squadra, ma dalla Croce Rossa. Credo sia un’ottima iniziativa. Il costo di questa attività è veramente modesto, perché molti neurochirurghi sono anche tifosi della squadra che seguono e quindi sono felici di essere nelle prime file come spettatori e come medici della partita», conclude Fontanella.

«In queste situazioni la prevenzione dell’infortunio non esiste perché chi è in campo pensa solo a mettercela tutta e a riuscire bene. La voglia di vincere prevale su tutto – spiega Guarino -. Per questo è fondamentale una supervisione durante il gioco, che coinvolge anche la vigilanza delle terne arbitrali. Proporrei che dopo un trauma cranico, anche blando, che il calciatore rimanga almeno cinque minuti con il medico rianimatore presente, in modo da poter svolgere un breve ma accorto monitoraggio per evitare che il giocatore possa avere un mancamento».

Alice Di Pietro

17/07/2014

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