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Sindrome da stanchezza cronica esiste, scoperte nel cervello le prove

Spossatezza e difficoltà di concentrazione che perdurano da almeno sei mesi possono essere il segnale della sindrome, spesso confusa con disturbi psicologici. Dalla risonanza magnetica è possibile diagnosticarla.

Sempre stanchi e affaticati, non trovano riposo nemmeno con una vacanza o una lunga dormita: potreste aver sviluppato la sindrome da stanchezza cronica. Lamentosi o con poca ‘resistenza’? No, sono le persone colpite dalla sindrome da stanchezza cronica, le cui basi biologiche sono oggi rivalutate da una ricerca della University School of Medicine di Stanford. Lontana dall’essere un disturbo psicosomatico, questa spossatezza patologica è correlata ad alterazioni strutturali nel cervello di chi ne soffre.

Sindrome da stanchezza cronica: la definizione

La sindrome è definita come profonda stanchezza, difficoltà di concentrazione e pensiero ‘annebbiato’ che perdurano da oltre 6 mesi. Per arrivare a identificarla i ricercatori in forza all’università degli Stati Uniti hanno sottoposto un numero esiguo di soggetti a tre diverse risonanze magnetiche. I risultati hanno trovato spazio sulla rivista scientifica internazionale Radiology. I dati hanno evidenziato che il volume della sostanza bianca nel loro cervello è minore rispetto a quello nei soggetti sani. Ma c’è di più. Un’area particolare nell’emisfero destro, chiamata fascicolo arcuato, registra un’anomala attività. La chiave per riconoscere la sindrome si troverebbe proprio in questo punto critico. La stanchezza evidente nei pazienti è tanto più accentuata quanto l’anomala funzionalità di questo tratto cerebrale è intensa.

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Ecco come gli esperti sono arrivati alla diagnosi

«Abbiamo usato tecniche automatiche per osservare questi specifici tratti cerebrali, con cui possiamo raggiungere l’80 per cento di accuratezza diagnostica». I ricercatori sottolineano però che i parametri caratteristici della sindrome «non possono essere individuati da immagini convenzionali» dell’attività cerebrale. Le informazioni raccolte dallo studio, seppure da confermare su un campione più ampio di individui, potrebbero avere una grande utilità per distinguere la sindrome da stanchezza cronica da altri disturbi, con cui spesso ancora oggi molti medici la confondono. Una diagnosi, specie se precoce, rappresenterebbe un passo avanti per poter affrontare questa sindrome. I medici possono così cominciare subito la terapia farmacologica per aiutare a limitare i sintomi.

 

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