Diabete

Piede diabetico

Si tratta di una complicanza sempre più diffusa del diabete. Oggi però è facilmente curabile e si riesce quasi sempre a evitare l'amputazione

Quando il diabete, patologia cronica metabolica, non viene adeguatamente trattato e monitorato può dare luogo a una serie di gravi complicanze. «Ormai sappiamo che gli elevati livelli di glucosio nel sangue possono comportare, a lungo andare, un’alterazione funzionale e anatomica dei nervi delle gambe, del sistema circolatorio e di alcuni organi bersaglio, come i reni, gli occhi e appunto i piedi», spiega il professor Luca Dalla Paola, responsabile dell’unità operativa per il trattamento medico e chirurgico del piede diabetico presso il Maria Cecilia Hospital di Cotignola, in provincia di Ravenna, e professore straordinario all’Università degli Studi di Ferrara.

Tra le complicanze croniche, la più diffusa è certamente quella del piede diabetico, che ha vessato i famosi Ella Fitzgerald, Bettino Craxi e Pino Buongiorno. Questi, però, non sono certo gli unici ad aver fatto i conti con questa malattia. Stando alle ultime indagini Istat, infatti, interessa addirittura il 15% della popolazione italiana diabetica che si attesta intorno al 6,2% del totale nazionale.

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Il piede diabetico può danneggiare i nervi o i vasi sanguigni delle gambe

«Questa è una patologia altamente invalidante, che può assumere due connotazioni diverse a seconda del danno che il diabete apporta a livello degli arti inferiori», puntualizza lo specialista, che due anni fa ha ricevuto il premio Paul Brand Memorial Lectureship negli Stati Uniti e il premio Ilizarov nel dicembre 2018 per essersi contraddistinto in quest’ambito terapeutico.

«Quando il diabete colpisce i nervi degli arti inferiori, infatti, si verificano una perdita della sensibilità, sia termica sia tattile, e un’alterazione anatomica del piede, che perde il suo appoggio naturale, diventa sempre più cavo e presenta zone di iper-carico che, nel corso del tempo, tendono a ulcerarsi». In buona sostanza l’individuo, colpito da questa forma di neuropatia diabetica, inizia a manifestare lesioni ma, avendo la sensibilità tattile e dolorifica alterata, non è in grado di accorgersene tempestivamente, con il rischio che le ulcere si infettino fino a colpire i tessuti profondi e le ossa. «Se il diabete, invece, danneggia i vasi sanguigni degli arti inferiori», continua Dalla Paola, «arriva meno sangue al piede, che è dunque colpito da una sorta di ischemia. Questa mancata ossigenazione favorisce lo sviluppo di cancrena, che può mettere a repentaglio la vita del paziente».

Quali sono i sintomi

In entrambi i casi, il primo campanello d’allarme del piede diabetico è la perdita della sensibilità del piede, accompagnata dall’assenza di risposta agli stimoli innescati meccanicamente. «Quando non si riconosce più la superficie sulla quale si sta camminando, si ha sempre l’impressione di avere indosso un calzino anche quando si è scalzi, si appoggia male il piede e si nota un ispessimento eccessivo dello strato esterno della pelle, bisognerebbe rivolgersi tempestivamente al medico», sollecita l’esperto. «A lungo andare, infatti, la scorretta deambulazione e le ipercheratosi che tendono a lacerarsi favoriscono la comparsa di ulcere, soprattutto sulla superficie plantare e in prossimità delle dita, che, se trascurate, possono essere soggette a infezioni, in grado di raggiungere anche gli strati più profondi del derma e le ossa».

L’età di chi ha il piede diabetico si sta abbassando

Nella maggior parte dei casi il piede diabetico colpisce le persone over 65-70. Tuttavia l’incidenza del diabete sta aumentando esponenzialmente – si calcola che il numero degli ammalati nel mondo sia persino quadruplicato, passando dai 108 milioni del 1980 ai 422 milioni del 2014 – per cui anche l’età di chi ha lesioni a livello degli arti inferiori si sta sensibilmente abbassando, coinvolgendo anche individui che hanno anche 50-60 anni. Per questo motivo la prima forma di prevenzione è affidarsi innanzitutto a uno specialista per la cura del diabete e, secondariamente, eseguire controlli regolari.

Prevenire il piede diabetico si può: ecco come

«Chi frequenta i servizi di diabetologia, infatti, è sottoposto a valutazioni e screening che sono in grado di indicare le classi di individui particolarmente a rischio, da sottoporre quindi a un follow up più stretto», precisa Dalla Paola. Ovviamente la frequenza delle visite va valutata sulla base della possibilità che si manifestino ulcerazioni, in accordo con il proprio medico. «È fondamentale, inoltre, che il paziente diabetico controlli quotidianamente i suoi piedi e lo spazio tra le dita, per verificare l’eventuale presenza di strane piaghette sulla pelle o lesioni anomale che potrebbero degenerare», avverte il diabetologo.

«Per ridurre l’insorgenza delle ulcere è necessario anche trattare qualsiasi patologia delle unghie, della cute e degli annessi cutanei, che potrebbero favorirne la comparsa. Bisognerebbe, quindi, rimuovere i calli, intervenire sulle infezioni fungine, proteggere le vesciche ed eseguire un taglio tondeggiante dell’unghia, per evitare che questa possa incarnirsi apportando un danno alla pelle circostante». In un’ultima battuta, in caso di rischio elevato, lo specialista può suggerire delle calzature realizzate appositamente per ridurre il carico a livello plantare e scongiurare la formazione di pericolose ulcerazioni.

Quali sono le cure disponibili per i casi moderati

Tuttavia, nonostante si adottino queste numerose misure di prevenzione, è possibile che le lesioni sulla cute di piede e caviglia si manifestino ugualmente. «Nel caso in cui sia presente una lesione ulcerativa anche se superficiale, senza però manifestare alcun segno di infezione, lo specialista può suggerire medicazioni locali e l’impiego di scarpe curative temporanee, in grado di ridurre il carico nella zona colpita e consentire una deambulazione protetta», afferma Dalla Paola. Se, al contrario, il piede appare gonfio, le lesioni della cute non si rimarginano e le dita si presentano particolarmente arrossate e tumefatte, è possibile che ci sia già un’infezione in corso, della quale lo specialista può accertarsi attraverso approfondimenti clinici e strumentali. «Le infezioni lievi o moderate, che non hanno ancora attaccato i tessuti sottostanti e le articolazioni, possono essere trattate con un ciclo di antibiotici, da assumere per bocca, per via intramuscolare o endovenosa», spiega lo specialista.

Quali sono le cure disponibili per i casi più gravi

«Nei casi più seri di piede diabetico, invece, si opta per l’intervento chirurgico: le nuove tecniche, sempre più mininvasive e maggiormente conservative, e gli strumenti di ultima generazione a disposizione dello staff medico consentono di demolire il tessuto malato, rivascolarizzare l’arto inferiore e ricostruire, laddove necessario, i rapporti articolari degenerati tra le ossa. Grazie a queste operazioni, che hanno un tasso di successo del 90-95% in centri specializzati, si salvano anche piedi estremamente compromessi, che fino a qualche anno fa erano destinati all’amputazione». Infine, grazie ai numerosi passi avanti compiuti dalla bioingegneria tissutale, si può creare un derma artificiale, sempre più simile a quello naturale, necessario a ricoprire le zone danneggiate. In alternativa, in un contesto di chirurgia plastica ricostruttiva, si possono effettuare innesti di pelle, prelevata da altre regioni corporee, e ripristinare le condizioni ottimali dell’individuo.

Al vaglio studi sulla terapia fotodinamica

In futuro il piede diabetico potrebbe venire curato anche con la terapia fotodinamica. Uno scenario più che possibile, già vagliato da una serie di studi preclinici e clinici. Il trattamento consiste nell’applicazione di un farmaco in crema fotosensibilizzante sulla lesione ulcerativa, precedentemente detersa. Dopo aver atteso circa mezz’ora, durante la quale il prodotto penetra all’interno della ferita, il paziente si espone a una banda della luce visibile, cioè la luce rossa. Questa è in grado di attivare la molecola presente nella pomata e distruggere localmente gli agenti microbici responsabili dell’infezione. La terapia rappresenta un supporto al trattamento principale, quello antibiotico, che mira a eradicare la carica batterica dall’interno.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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