Salute

Nevralgia del trigemino: pro e contro di ogni soluzione disponibile

Le possibilità di risolvere la dolorosissima infiammazione del nervo che attraversa il viso non mancano: pro e contro di ogni soluzione

C’è chi la descrive come una scossa elettrica che arriva senza preavviso, dura poco ma non si scorda. Per altri è più una lacerazione o una pressione intensa. È la nevralgia del trigemino, un disturbo che colpisce una delle parti più importanti e delicate che abbiamo: il viso. In particolare, di solito guance, denti, gengive o labbra di un solo lato, più raramente occhi e fronte e, ancora più raramente, di entrambi i lati. Basta un tocco, una carezza o perfino uno sbalzo di temperatura per scatenare gli attacchi. Semplici gesti quotidiani come radersi, spazzolare i denti, bere, masticare, sorridere possono diventare una tortura.

Nevralgia del trigemino: si cura con farmaci, neurochirurgia e terapie alternative

Convivere con la malattia non è facile, ma la buona notizia è che non serve farlo, perché si può guarire facilmente. Tra farmaci, tecniche neurochirurgiche e terapie alternative, il corredo degli interventi curativi non è mai stato così ampio. Basta rivolgersi a uno specialista e individuare con lui il trattamento più adatto al proprio caso per spegnere il dolore. Anche l’agopuntura può risolvere alcuni casi.

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Quali sono i sintomi?

«Il trigemino è il nervo responsabile della trasmissione dolorosa da viso, denti, bocca, fino al cervello. Per intenderci è il nervo che dà il tremendo dolore ai denti che abbiamo sperimentato tutti almeno una volta nella vita».  Alberto Albanese è responsabile del reparto di neurologia dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano. «Decorre all’interno del cranio e si dirama lungo tre branche:

  1. la prima raggiunge occhio e fronte,
  2. la seconda la mascella,
  3. la terza la mandibola.

Quali sono le cause della nevralgia del trigemino?

Si parla di nevralgia del trigemino quando questo, per diverse cause, si irrita e diventa ipersensibile, cioè si attiva in modo eccessivo alla minima sollecitazione. La causa, in genere, è la sua compressione da parte di un vaso sanguigno all’interno del cranio. Ma non solo, altre cause possono essere traumi a livello facciale o malattie come la sclerosi multipla, che portano alla perdita della guaina mielinica che avvolge i nervi».

Risonanza magnetica per la diagnosi

Grazie alla risonanza magnetica quasi sempre è possibile differenziare tra le varie forme e stabilire la diagnosi. «È il primo esame attraverso il quale si cerca di capire se il nervo decorre libero o ha vicino delle strutture che possono causare il cosiddetto conflitto neurovascolare. Si tratta del contatto tra un vaso e un tratto del trigemino da cui si genera la sintomatologia dolorosa. Vi sono però situazioni in cui non è possibile individuare la causa del disturbo. In questi casi la diagnosi si basa esclusivamente sulla descrizione dei sintomi del paziente e sulla collaborazione di più specialisti, dal neurochirurgo al neurologo».

Farmaci o tossina botulinica

Formulata la diagnosi si passa alle cure che, prima di tutto, sono farmacologiche. «I farmaci di prima scelta sono gli antinevralgici che, nella gran parte dei casi, riescono bene a sopprimere gli attacchi o quanto meno a ridurne la durata. Il rovescio della medaglia sono gli effetti collaterali che possono causare, principalmente dati dall’azione depressiva sul sistema nervoso».

Tossina botulinica

In alternativa ai farmaci una strada relativamente nuova è la terapia con tossina botulinica, una sostanza forse più conosciuta nella medicina estetica per la sua azione contro le rughe. «È da sempre sfruttata per la sua azione miorilassante, per ridurre spasmi o tic. Da tempo però si sfrutta anche per contrastare i dolori della nevralgia del trigemino in quanto efficace nel ridurre la trasmissione dei neuroni sensitivi. Viene iniettata nella zona interessata dalla nevralgia e, in genere, ha un’azione che dura quattro-cinque mesi. È più costosa dei farmaci. Ha però il vantaggio di non causare particolari effetti collaterali e può essere ripetuta quando la sua efficacia viene meno».

La nevralgia del trigemino torna nella maggior parte dei casi

Circa il 70% delle persone soggette a episodi ricorrenti di nevralgia del trigemino, però, dopo qualche anno diventa resistente alle terapie farmacologiche. Di conseguenza i dolori aumentano e gli attacchi diventano più frequenti. In questi casi, in base a parametri quali età e condizioni generali dei pazienti, alle zone interessate dal disturbo e gli eventuali effetti collaterali avuti dai farmaci, lo specialista indirizza verso tre procedure:

  1. radiochirurgia,
  2. radiofrequenza,
  3. microchirurgia.

La radiochirurgia serve per i casi meno gravi

«La radiochirurgia sfrutta l’estrema precisione del Gamma Knife. È uno speciale casco in grado di collimare una certa quantità di raggi gamma sulla parte intracranica del nervo trigemino». Federico Pessina è responsabile del reparto di neurochirurgia cranica dell’Istituto Clinico Humanitas. «Le radiazioni ionizzanti alterano le fibre nervose e così la trasmissione del dolore viene interrotta. Finito il trattamento il paziente può tornare a casa in giornata».

È la procedura scelta soprattutto per i pazienti con sclerosi multipla o ai quali, per diverse ragioni, è sconsigliato l’intervento chirurgico. Non è suggerita per quelli che patiscono dolori molto intensi, visto che la tecnica richiede alcune settimane per avere effetto.

La radiofrequenza cura con il calore

A differenza della radiochirurgia, la termorizotomia percutanea mediante radiofrequenza spegne subito il dolore, per questo si sceglie per chi è particolarmente tormentato dalla nevralgia del trigemino. «È un trattamento mininvasivo, viene effettuato in sala operatoria soltanto perché serve un ambiente sterile, il bisturi non c’entra. La procedura si basa sul posizionamento di un’agocannula inserita attraverso la cute della guancia fino a raggiungere il ganglio di Gasser. Si tratta del sito dove vengono convogliate le informazioni dolorifiche provenienti dal volto. Una volta posizionata l’agocannula, tramite radiofrequenza si genera un calore in grado di alterare le fibre dolorifiche all’interno del ganglio di Gasser e in parte anche quelle che portano la sensibilità tattile. Ed è questa alterazione a consentire il normale ripristino di tutte le funzioni del nervo trigemino».

Nevralgia del trigemino: la microchirurgia

Se le tecniche mininvasive non bastano a risolvere il problema, la risonanza magnetica effettivamente rivela la presenza di un’arteria appoggiata sul nervo (conflitto neurovascolare). Se chi ne soffre è giovane e può sottoporsi a intervento, si può optare per la microdecompressione vascolare. A differenza degli altri trattamenti, è un’operazione chirurgica vera e propria.

Questo intervento sembra il più risolutivo

«Si effettua in anestesia generale, il neurochirurgo identifica la zona di contatto tra il vaso e il nervo trigemino e la separa interponendo tra queste un materiale sintetico. Tramite questo intervento si agisce direttamente sui vasi sanguigni che comprimono il nervo, per questo nell’85% dei casi è definitivo. Va detto che la malattia può ripresentarsi a distanza di anni dopo qualsiasi tipo di procedura, anche se è più raro con la microchirurgia. È sempre possibile essere operati di nuovo, sia ripetendo la stessa tecnica sia optando per una differente».

Nevralgia del trigemino: in consigli utili

Chi soffre di nevralgia del trigemino impara presto a prestare attenzione a tutto ciò che può scatenare una crisi. Occorre usare con cautela lo spazzolino, evitare correnti d’aria, masticare dal «lato sano». Stando però ai dati, spesso aspetta anni prima di rivolgersi a un centro specializzato.  «Intervenire ai primi attacchi dolorosi evita che il problema diventi cronico e che il nervo continui a soffrire allungando così i tempi di guarigione», esorta il neurochirurgo Federico Pessina.

«È importante anche evitare il fai-da-te con i farmaci, che vanno presi secondo le indicazioni del medico e mai sospesi bruscamente di propria iniziativa quando non si avverte più dolore, altrimenti si rischia una riacutizzazione dei sintomi», aggiunge il neurologo Alberto Albanese.

I farmaci in alcuni casi non vanno sospesi neanche dopo i trattamenti mininvasivi. «Può succedere che il dolore persista per qualche giorno», spiega Pessina. «Non bisogna scoraggiarsi e avere fiducia che anche un nervo che ha sofferto per tanto tempo torni a svolgere le sue normali funzioni».

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