Salute

La sigaretta manda in fumo il cervello

Anni di tabagismo rendono più sottile la corteccia cerebrale, importante per la memoria e il linguaggio. In fumatori ed ex-fumatori il declino cognitivo è accelerato: lo dimostra uno studio internazionale

«Non fumare che smetti di crescere!», avvertono le mamme. Un’intimidazione per evitare che gli adolescenti si infilino nella trappola del fumo, non del tutto immotivata: fumare, sin da giovanissimi e per molti anni a seguire, lascia davvero danni alla corteccia cerebrale. Dopo le recenti evidenze scientifiche che fumare rende gli uomini meno ‘maschi’ (leggi), ecco un altro buon motivo per rinunciare alle sigarette indipendentemente del sesso: ad accenderne una dopo l’altra ci si gioca la memoria e si accelera il declino cognitivo associato inevitabilmente all’avanzare dell’età. Anni di fumo sono, infatti, stati correlati a una più sottile corteccia cerebrale, lo strato più esterno del cervello e sede di importanti funzioni motorie e percettive, tra cui memoria e linguaggio.

La prova arriva da una ricerca internazionale che ha visto coinvolti l’Istituto Neurologico della McGill University di Montreale e l’Università di Edinburgo, pubblicata in questi giorni sulla rivista Molecular Psychiatry. Oltre 500 uomini e donne attorno ai 70 anni di età sono stati sottoposti a test cognitivi e risonanza magnetica per monitorare la salute del cervello. Tutti i partecipanti erano stati coinvolti nel 1947 nella Scottish Mental Survey e ciò ha reso possibile ai ricercatori di confrontare come la loro corteccia cerebrale avesse subito modifiche nel corso dei decenni, indagando il possibile legame con il tabagismo. «Abbiamo osservato che fumatori ed ex-fumatori oggi, all’età di 73 anni, hanno molte aree cerebrali in cui la corteccia è assottigliata rispetto a chi non ha mai fumato», commentano i ricercatori. Un danno che, fortunatamente, sembra reversibile. «Sembra che le persone che smettono di fumare riescano a recuperare parzialmente lo spessore corticale, per ciascun anno senza fumo». Il processo inverso, per quanto possibile, è però lento e incompleto: anche dopo 25 anni lontano dalle sigarette, il cervello rimane comunque modificato.

Gruppo San Donato

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