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Diabete: l’integrazione con vitamina D non riduce il rischio

Nelle persone con pre-diabete non serve a bloccare la progressione della patologia. La conferma arriva da un nuovo studio americano, che sfata ciò che era stato ipotizzato in passato

Uno dei tanti benefici della vitamina D cade: la sua integrazione non aiuta a prevenire il diabete. La notizia arriva da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, presentato al congresso dei diabetologi americani (l’American Diabetes Association che si è tenuto a San Francisco). La ricerca, chiamata D2d (Vitamin D and Type 2 Diabetes), ha rilevato che nei soggetti ad alto rischio, cioè quelli con pre-diabete, la somministrazione di supplementi di vitamina D non aiuta a fermare la progressione della condizione in diabete di tipo 2.

Questo studio sfata ciò che in passato era stato ipotizzato da altre ricerche e che dava speranza, dal momento che la supplementazione di vitamina D è una soluzione a basso costo rispetto a una terapia farmacologica per la cura del diabete. Studi osservazionali, infatti, avevano evidenziato un’associazione tra bassi livelli di vitamina D e un aumentato rischio di diabete di tipo 2. Da qui l’ipotesi che la carenza di questa sostanza potesse rappresentare un fattore di rischio per la patologia e che dunque la sua supplementazione potesse in qualche modo ridurre il rischio.

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Lo studio americano

I ricercatori, coordinati da Anastassios Pittas, codirettore del Centro per il diabete e i lipidi della Tufts University, hanno somministrato per circa due anni e mezzo una dose giornaliera di 4.000 UI (unità internazionali) di vitamina D e di placebo a 2.423 partecipanti. Per evitare errori, è stato chiesto loro di non assumere altri integratori, di non utilizzare prodotti dimagranti e di non prendere farmaci per il diabete.

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I risultati

Alla fine dello studio sono stati registrati 293 nuovi casi di diabete nei trattati e 323 nel gruppo placebo di controllo. La supplementazione di vitamina D aveva cioè ridotto il rischio di sviluppare nuovi casi di diabete di tipo 2 del 12%, un risultato non statisticamente significativo. Infatti gli autori concludono che tra i soggetti ad alto rischio di diabete di tipo 2 , la supplementazione di 4.000 UI di vitamina D al giorno, non riduce in maniera significativa il rischio di progressione a diabete, rispetto ai controlli.

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Le conferme da altri due studi

Mentre lo studio D2d era in corso, sono stati organizzati altri due trial con lo stesso razionale. Uno in Norvegia, che ha arruolato 511 soggetti adulti con prediabete, randomizzandoli ad una supplementazione settimanale di 20.000 UI di vitamina D o placebo. Anche in questo caso è stata rilevata una tendenza non statisticamente significativa in favore della supplementazione di vitamina D. Poi il secondo in Giappone, dove sono stati arruolati 1.256 adulti con prediabete, randomizzandoli ad un analogo della vitamina D (eldecalcitriolo) o placebo. Anche in questo caso è emersa solo una tendenza, non statisticamente significativa, a una riduzione del rischio di diabete di tipo 2 nei soggetti supplementati con vitamina D.

Fonte – studio pubblicato su New England Journal of Medicine

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