Salute

Coca, perché un milione di italiani sniffa

I meccanismi cerebrali che spiegano il piacere procurato dalla polvere bianca. Ma anche quelli, ignorati dai consumatori, che conducono al craving e al down

In Europa, come segnala l’ultimo rapporto che arriva dall’osservatorio di Bruxelles, sono 13 milioni i cittadini che hanno sniffato almeno una volta la cocaina. E l’Italia è fra i cinque Paesi in cui se ne fa più uso: la media di consumo è dello 0,8% della popolazione. Un milione di italiani ha provato la polvere bianca.
Quello che evidentemente i cocainomani ignorano è che si tratta di una droga pericolosissima, perché crea dipendenza distrugge l’organismo ma agisce anche, subdolamente, sul cervello, arrivando a rendere schiave molte delle persone che la usano.
IL CRAVING. Tutti sono convinti, almeno all’inizio, di poter smettere in qualsiasi momento. In realtà, la cocaina sfugge a ogni controllo, perché modifica in modo duraturo alcuni meccanismi cerebrali, alterando il codice genetico delle cellule nervose e creando un desiderio abnorme, spesso incontrollabile, per il resto della vita, al di là della dipendenza fisica.
È qualcosa che cancella tutto il resto, gli affetti, il lavoro, i progetti, a volte persino i figli, nel nome di quell’ unica ossessione: «Voglio cocaina!». E questo desiderio impulsivo, che viene chiamato craving, può presentarsi anche molto tempo dopo aver abbandonato la cocaina.
IL PIACERE. La cocaina agisce su una zona del cervello chiamata amigdala, e in particolare sul nucleus accumbens, il centro della gratificazione e del piacere come in genere viene chiamato (ma sarebbe meglio dire dell’ attesa del piacere). Questo nucleo cerebrale produce la dopamina, un neurotrasmettitore (cioè una molecola che permette alle cellule nervose di comunicare fra loro) molto importante in questi processi mentali.
Ebbene, la cocaina impedisce alle cellule nervose di ricatturare la dopamina subito dopo averla utilizzata, come invece sarebbe previsto dalle reazioni fisiologiche del sistema nervoso, e blocca questo neurotrasmettitore nelle sinapsi, ossia nei punti utilizzati dai neuroni per comunicare. Chi usa cocaina prova di conseguenza una serie di sensazioni molto piacevoli, almeno in un primo momento. In particolare, si ha l’impressione di essere molto più intuitivi, energici, astuti, lucidi, disinibiti, e spesso si diventa più attivi nei rapporti sessuali.
I depressi vedono il mondo con maggiore serenità, le persone con problemi di scarso rendimento sul lavoro migliorano la concentrazione. Circa un terzo si sente più calmo, ed è un risultato paradossale per una sostanza stimolante…
LA FASE DOWN. L’ effetto di una dose non dura però molto (una due ore) e questa brevità spinge molti utilizzatori a ricominciare subito dopo con un’altra dose. Terminato il cosiddetto sballo, interviene la fase down, che varia moltissimo da persona a persona, ma che in genere è temuta, perché provoca problemi come crollo dell’umore, agitazione, ansia, prostrazione.
Tutto questo avviene per i disordini nel metabolismo della dopamina, innescati dalla droga, ma anche per altre azioni negative della cocaina. La polvere bianca fa passare il senso della fame, dilata le pupille e tende a restringere i piccoli vasi sanguigni, perché induce una forte vasocostrizione.
In questo modo provoca danni molto seri alle pareti del naso (la cocaina in genere viene aspirata), bloccando l’ afflusso di sangue alle mucose interne e determinandone la necrosi. Ma vanno incontro a problemi anche il cuore, con scompensi e aritmie, e i polmoni. E infine subentra l’impotenza, per errori nella regolazione ormonale.

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Ultimo aggiornamento: 6 novembre 2009

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