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Indossare spesso gli auricolari senza fili fa male?

Gli effetti di cellulari e dispositivi bluetooth sulla salute si studiano da anni, ma il fenomeno è ancora molto recente. Cosa sanno gli scienziati sull'utilizzo costante e frequente degli strumenti wireless?

Gli auricolari bluetooth ci hanno liberato dal filo e sono così leggeri e anatomici che si dimentica presto di averli nell’orecchio. Sono isolanti, pratici, uno strumento perfetto per ascoltare la musica o telefonare con le mani libere. Alcuni modelli hanno persino una custodia portatile che permette una ricarica rapida ovunque, per un totale di 24 ore di ascolto. Significa che potremmo davvero tenerli un giorno intero nell’orecchio.

Ma sono sicuri?

Gruppo San Donato

Un fenomeno recente

Per rispondere è necessaria una premessa. Sia i cellulari che gli auricolari senza fili sono un fenomeno relativamente recente. I primi telefonini tascabili si sono diffusi a partire dagli anni Ottanta-Novanta, mentre i dispositivi wireless saranno stati inventati anche agli inizi del Duemila, ma hanno iniziato a diffondersi solo negli ultimi anni. Gli studi scientifici, quindi, si basano su un tempo di utilizzo ancora piuttosto breve.

La potenza del bluetooth è bassa

Detto ciò, secondo gli esperti, la potenza impiegata dalla tecnologia indossabile bluetooth, un metodo di trasmissione dati attraverso una frequenza radio a corto raggio entro una decina di metri, è troppo bassa per danneggiare i tessuti biologici con meccanismi conosciuti al momento.

Le radiazioni

Ionizzanti

Quelle di cellulari e accessori wireless sono radiazioni non ionizzanti. Che si differenziano da quelle ionizzanti per la loro incapacità di ionizzare la materia che colpiscono. “Ionizzare” significa modificare il numero di elettroni di un atomo e, potenzialmente, danneggiare l’organismo esposto alle radiazioni, se l’esposizione è eccessiva.

Quando non lo è, le radiazioni ionizzanti si possono utilizzare in modo sicuro: un esempio familiare è rappresentata dai raggi X, che durante la TAC penetrano nel nostro corpo e permettono di rilevare immagini interne. Si tratta di una procedura diagnostica con un pericolo basso, se non trascurabile, anche se il medico farà sempre una valutazione dei rischi e dei benefici. In alcuni casi, infatti, può essere sconsigliata. Ad esempio in gravidanza, a meno che non ci siano motivi di particolare urgenza.

Non ionizzanti

Le radiazioni non ionizzanti, invece, hanno un’energia minore e non sono in grado di modificare gli atomi o le molecole dei materiali che colpiscono. Al massimo, possono riscaldare le sostanze. Come le microonde, che all’interno del forno omonimo riscaldano acqua e cibo. Ovviamente, l’esposizione a quantità intense e dirette di radiazioni non ionizzanti può provocare danni ai tessuti a causa del calore. Si tratta dei cosiddetti effetti termici.

Gli effetti termici di cellulari e bluetooth

«Gli effetti termici sono gli unici effetti accertati su questa tipologia di campi elettromagnetici, perché l’organismo umano assorbe l’energia convertendola in calore e il calore causa un surriscaldamento dei tessuti, che, se esagerato, può generare un danno termico» spiega Alessandro Polichetti, primo ricercatore e componente del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni dell’Istituto Superiore di Sanità. «Tuttavia, noi dissipiamo il calore in tanti modi grazie al nostro sistema termoregolatore. Quindi un danno si può verificare solo con campi elettromagnetici molto elevati, a cui è impossibile trovarsi esposti nella quotidianità. Di certo non con un cellulare o un bluetooth».

Per tutelare i consumatori dagli effetti termici, infatti, la legge impone che le persone non possono essere esposte a potenze per unità di massa uguali o maggiori di 2 W/kg. E questo limite è rispettato da ogni smartphone e rete senza fili. 

«I campi elettromagnetici utilizzati dai dispositivi bluetooth sono molto simili a quelli nei forni a microonde per quanto riguarda la frequenza, ma sono di intensità così bassa che i danni termici nel corpo umano esposto sono impossibili» rassicura l’esperto. «Questo è vero in generale per tutte le tecnologie cui siamo normalmente esposti. Dai telefoni cellulari alle antenne per le trasmissioni radiotelevisive». Solo in alcuni ambienti lavorativi bisogna valutare dei possibili rischi. Ad esempio, nelle lavorazioni industriali dove i dipendenti utilizzano intensi campi elettromagnetici per trattare i materiali.

Cancerogenicità di cellulari e bluetooth

Per quanto riguarda la cancerogenicità, invece, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha inserito le radiazioni del cellulare nella categoria 2B, ossia tra le sostanze “possibilmente cancerogene“.

«Classifica gli agenti per i quali c’è un’evidenza limitata di cancerogenicità nell’uomo e meno che sufficiente negli esperimenti sugli animali» continua Polichetti. Nel gruppo 2B si trova anche l’esposizione per lavoro al lavaggio a secco o alle tecniche di stampa. «Dato che non è dimostrato che fanno male, ma potrebbe succedere qualcosa, ciò che si fa con le sostanze di questa categoria è dare indicazioni secondo il principio di precauzione» specifica l’esperto dell’Iss. «Se possiamo fare qualcosa per limitare l’esposizione, insomma, è una buona idea». Anche se c’è da dire che, rispetto al passato, «i dispositivi odierni sono di gran lunga migliori. Le aziende hanno tutto l’interesse ad abbassare il più possibile la potenza delle emissioni dei dispositivi, anche bluetooth. In realtà non tanto per un discorso di salute pubblica – precisa – ma per preservarne la batteria».

Il principio di precauzione

Come si fa prevenzione? «L’utilizzo di un auricolare durante una telefonata può ridurre l’esposizione di una persona alle radiazioni rispetto al telefono appoggiato direttamente contro l’orecchio. I dispositivi migliori da questo punto di vista sono quelli con il filo, successivamente quelli bluetooth, che contengono una piccola antenna che emette segnali radio. Però, a differenza dell’antenna del cellulare, che deve raggiungere la stazione base, anche a chilometri di distanza, l’auricolare deve raggiungere il telefono che non sarà più distante di qualche metro».

La scelta meno “salutistica” è telefonare sempre con il cellulare all’orecchio. «Se proprio non possiamo perché non abbiamo dietro gli auricolari, un consiglio è tenere lontano il telefono almeno durante i primi squilli, quando la potenza è più alta (ma pur sempre sotto la soglia di sicurezza 2 W/kg) e dopo si stabilizza».

Anche se non c’è una quantità di ore stabilita come dannosa o non dannosa, il suggerimento è non esagerare ed evitare, quando, possibile, di tenere gli auricolari senza fili nelle orecchie.

Un po’ diverso il discorso per la musica. Se consideriamo il punto di vista radiazioni, ascoltare canzoni salvate sulla libreria del telefono o tramite applicazione, non è la stessa cosa delle telefonate, «perché nel primo caso il bluetooth comunica con il cellulare solo per scambiare pacchetti di dati con l’app, mentre nel secondo deve mandare un segnale» dice l’esperto. Dal punto di vista della distrazione e della sicurezza, invece, bisogna fare attenzione. E in questo caso filo o non filo, cambia poco.

La tecnologia indossabile può distrarre

I Center for disease control and prevention americani (Cdc) nella pagina dedicata alle radiazioni e ai dispositivi indossabili, sottolineano come gli auricolari, o qualsiasi altra tecnologia, potrebbero essere fonte di distrazione e aumentare una serie di problemi di sicurezza non correlati all’esposizione alle radiazioni. «Questa – scrivono – è una delle principali preoccupazioni se stai guidando un’auto o partecipando ad altre attività che richiedono molta attenzione». Volume basso, insomma, soprattutto alla guida, in bici e mentre si attraversa la strada.

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