Salute Mentale

Giocare ci rende più intelligenti: merito delle emozioni positive

Il divertimento del gioco, anche se breve, migliora le nostre abilità cognitive: visive, motorie e di lettura. Ci spiega perché uno studio tutto italiano

Una partita e poi mi rimetto a studiare (o a lavorare). Qualsiasi cosa dica chi mette sempre il dovere davanti al piacere, giocare anche per poco prima di rimettersi sui libri o davanti al computer migliora le abilità cognitive. Tutto merito delle emozioni positive generate dal gioco, che incrementano la capacità visita, motoria e di lettura.

Ad avvalorare il ruolo chiave del divertimento per la salute mentale (l’Università di Oxford si era già espressa sul tema durante la pandemia, ne abbiamo parlato qui) uno studio appena pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Cognitive Enhancement. Tutte italiane le firme dei ricercatori dell’Università di Padova, dell’Insubria, di Bergamo e di Firenze. Per scoprire cosa accade alle funzioni cognitive nei 30 minuti successivi all’attività svolta con alcuni videogiochi, gli esperti hanno condotto due studi.

Gruppo San Donato

I giochi che fanno bene ai bambini con difficoltà

Il primo ha coinvolto bambini delle scuole primarie (elementari) con difficoltà motorie e di lettura. A loro è stato chiesto di giocare a due videogiochi più o meno dinamici: uno d’azione (sparatutto) e l’altro logico (puzzle). Prima e dopo entrambi i giochi sono state valutate le loro abilità visive, motorie e di lettura. Ed è stato chiesto loro di compilare un questionario in cui dovevano indicare quanto il videogioco fosse stato divertente e difficile e quanto si sentissero divertiti, in tensione e attivati. I ricercatori hanno rilevato che dopo la sessione con il videogioco d’azione, più divertente e più dinamico, le prestazioni visive, motorie e cognitive misurate erano considerevolmente migliorate rispetto alle prestazioni ottenute dopo aver giocato al puzzle.

I giochi che fanno bene ai giovani adulti

Il secondo studio ha coinvolto invece giovani adulti senza alcun disturbo. A loro è stato chiesto di giocare con lo stesso videogioco d’azione proposto nel primo studio (lo sparatutto) oppure con un videogioco di combattimento. Dovevano giocarci per 20 minuti ciascuno e in giorni diversi. Subito dopo aver fatto giocare i partecipanti, i ricercatori hanno misurato le loro abilità di lettura, lo stato di ansia e il livello di attivazione e di divertimento indotto dal gioco. Dai risultati è emerso che, indipendentemente dalle caratteristiche del gioco (d’azione o di combattimento), il divertimento generato dal videogioco migliorava la lettura di un brano. Le parole con o senza senso (prive di significato) erano lette più velocemente dopo aver giocato al videogioco.

Il merito è del divertimento

Cosa ci dice, dunque, questo studio? Che il divertimento indotto dal gioco ha un importante ruolo su molte delle nostre abilità cognitive. Tra queste la percezione visiva, le abilità motorie e l’abilità di lettura. Secondo gli esperti questo risultato conferma la possibilità di valutare il gioco e i videogiochi come un intervento terapeutico vero e proprio. Considerando l’impatto che le emozioni positive hanno sul funzionamento della mente, potrebbero essere “utilizzate” nei programmi di educazione, per la promozione della salute o nei percorsi riabilitativi.

Giocare per riabilitarsi

Il divertimento è ritenuto essenziale nello sviluppo cognitivo e socio-emotivo di molti animali, compreso l’essere umano. Per questo motivo, scrivono gli esperti a conclusione, gli effetti a breve termine indotti dal gioco potrebbero essere un utile strumento clinico per la prevenzione e il trattamento di molteplici disturbi cognitivi.

Gli «exergame»

Questo argomento trova applicazione pratica nel mondo del cosiddetto «exergaming». Un termine usato per indicare un genere di videogiochi che espletano anche una funzione di esercizio fisico. Diversi «exergame» sono già utilizzati per rallentare il decorso di malattie neurodegenerative. Tra queste la sclerosi multipla, l’Alzheimer e il Parkinson. Mentre altri sono usati per riabilitazione, ad esempio dopo un ictus.

Leggi anche…

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio