Salute

Terapie digitali: il medico prescriverà una App

Sugli smartphone o sui monitor dei videogiochi, le terapie digitali sono una realtà in alcuni Paesi e presto potrebbero arrivare in Italia

Si parla sempre più spesso di terapie digitali. Girarsi e rigirarsi nel letto con gli occhi sbarrati, senza riuscire a prendere sonno. Oppure ritrovarsi col cuore che batte all’impazzata e i palmi delle mani grondanti sudore quando gli impegni incombono e la pressione aumenta. O, ancora, avvertire, soprattutto in primavera, difficoltà respiratorie unite a un fastidioso senso di costrizione al torace e a una persistente tosse secca. Chi soffre di insonnia, ansia o asma sa bene quanto siano fastidiosi i disturbi che tali malattie portano con sé. Ma contro questi e altri problemi è disponibile, forse tra un anno anche nel nostro Paese, un’arma in più: le terapie digitali. È questo l’ultimo approdo della scienza medica, passata, grazie ai continui progressi della ricerca, da erbe e piante medicamentose ai farmaci di origine chimica, fino ai trattamenti genetici e cellulari e, ora, a quelli basati su algoritmi e software.

Curano dall’insonnia al diabete

«Si tratta di applicazioni tecnologiche che, interagendo con il paziente, erogano varie terapie, tra cui:

Gruppo San Donato

  • la cognitivo-comportamentale,
  • il colloquio motivazionale,
  • la psicoeducazione,
  • altri interventi, mirati a trattare numerose patologie».

Gualberto Gussoni è direttore scientifico del Centro studi della Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi) di Milano. Tra queste si annoverano, oltre a insonnia, ansia e asma, anche:

  • depressione,
  • dipendenza da droghe o da nicotina,
  • deficit di attenzione e iperattività,
  • autismo,
  • schizofrenia,
  • disturbi dell’alimentazione,
  • obesità,
  • ipertensione,
  • broncopneumopatia cronica ostruttiva,
  • diabete di tipo 2,
  • reazioni avverse derivanti dalla chemioterapia o da altri farmaci antitumorali.

Facili da usare

Se non siete esperti di tecnologie, niente paura. Esperti hanno creato questi dispositivi per tutti. Per usarli bastano un codice di accesso e pochi clic, che le prime volte potranno essere effettuati con la guida di un assistente o del medico curante. In concreto, il trattamento può essere fruito tramite vari supporti, come app per smartphone, siti web, monitor per videogiochi.

«Queste ultime tecnologie devono essere di volta in volta le più idonee a raggiungere gli obiettivi prefissati, tenendo conto sia delle caratteristiche del paziente (per esempio, se è un bambino o un anziano, un uomo o una donna), sia dell’indicazione della terapia stessa». Giuseppe Recchia è co-fondatore e amministratore delegato di daVinci Digital Therapeutics, la prima società italiana, a occuparsi esclusivamente di questo settore. Importante è anche la presenza, come fossero una sorta di eccipienti, degli strumenti giusti affinché i pazienti siano incentivati a iniziare e soprattutto a proseguire la terapia senza gettare la spugna. Si può puntare, per esempio, su assistenti virtuali, promemoria, giochi (con punti, livelli, premi), collegamenti dell’utente con il proprio medico o con altri pazienti con la medesima patologia.

Sperimentate come i farmaci

Attenzione, a questo punto, a non cadere in un errore diffuso. Confondere le terapie digitali, che sono a tutti gli effetti vere e proprie terapie, utilizzabili da sole oppure in aggiunta a un farmaco, con una sorta di telemedicina o con le tante (si stima siano almeno 400mila) app di salute e benessere che impazzano in rete e sono facilmente scaricabili sullo smartphone. Le terapie digitali vantano, infatti, peculiarità che le rendono assimilabili in tutto e per tutto ai medicinali.

Messi a punto da una vera e propria task force

Al pari di ciò che avviene nel caso dei farmaci devono essere sottoposte al vaglio di una rigorosa sperimentazione scientifica mirata a dimostrarne l’efficacia. «Ogni nuova terapia di questo tipo viene creata da un gruppo di esperti. Tra loro medici specialisti, pazienti, medici di famiglia, ingegneri, tecnici, che sviluppano il software e lo strumento tecnologico per supportarlo, ottenendo così una prima versione del dispositivo. Fatto ciò inizia la ricerca sui pazienti, che prevede varie fasi:

  • pre-test per valutare l’interfaccia utente;
  • studio pilota, condotto su un numero limitato di persone, per ottenere indicazioni preliminari sull’efficacia e sulla tollerabilità della terapia;
  • studio completo, che consiste nella sperimentazione su un ampio numero di casi.

Per essere considerate efficaci, le terapie digitali assunte in aggiunta a un farmaco devono dimostrare la superiorità terapeutica della combinazione rispetto al solo medicinale. Le terapie digitali usate da sole invece devono attestare la propria superiorità rispetto a una sostanza priva di principi attivi (placebo)».

La privacy è tutelata

Una volta conclusi gli studi e dimostrata l’effettiva efficacia del dispositivo, appositi enti di approvazione e controllo – la Food and drug administration (Fda) negli Stati Uniti, l’European medicines agency (Ema) e gli organismi notificati in Europa – ne autorizzano la commercializzazione. Per fruire di questi trattamenti, che potrebbero anche essere rimborsati dai servizi sanitari di ciascun Paese, è necessaria la prescrizione del medico. In alcuni casi il prodotto può essere fornito senza ricetta, analogamente a quanto avviene nel caso dei farmaci da banco. Oltre all’efficacia, un altro aspetto rilevante è quello della sicurezza. «Considerando che i dati riguardanti la salute sono oggetto di particolare tutela i dispositivi devono rispettare la privacy, garantendo l’integrità e l’inviolabilità delle informazioni».

Gli sviluppi degli ultimi anni

Una delle prime terapie digitali nel mondo è stata Deprexis, che ha fatto capolino una decina di anni fa. Progettata da un team di psichiatri e psicologi e realizzata dall’azienda Gaia AG, la terapia è stata sviluppata per contrastare la depressione. Il programma, su misura per ciascun paziente, è composto da 11 moduli, che insegnano per esempio ad affrontare i pensieri negativi o le situazioni che causano disagio. Il trattamento, che andrebbe effettuato un paio di volte alla settimana per tre mesi, è stato testato in 14 studi. I ricercatori hanno dimostrato di avere effetti simili a quelli dei farmaci antidepressivi, ai quali può essere anche associato nei casi più gravi.

Quali sono gli effetti?

In particolare, alcune ricerche hanno evidenziato che il suo impiego è in grado di diminuire tristezza e indecisione e di migliorare nel contempo autostima e qualità della vita. Più di recente, nel 2017 l’azienda Pear Therapeutics ha sviluppato Reset per arginare le dipendenze da droghe, alcol, nicotina.

Il dispositivo, composto da un’app per il paziente e da un cruscotto per il medico, eroga una terapia cognitivo-comportamentale suddivisa in 62 moduli. Ci sono lezioni, esercizi, quiz, mirati a identificare i fattori che favoriscono l’uso di sostanze (per esempio, solitudine, dolore, pressione sociale), affrontare i pensieri correlati alla dipendenza, assumersi la responsabilità delle proprie scelte valutandone le conseguenze.

Case history

La terapia, che deve comunque essere supportata da un programma terapeutico nello studio del medico e che ha una durata di tre mesi, ha dimostrato la propria efficacia in una sperimentazione condotta su 507 pazienti in dieci centri specialistici statunitensi. L’anno successivo è stata creata anche la terapia «cugina» Reset-0 per trattare la dipendenza da oppiacei. Nel 2019 è stata la volta di Oleena, progettata dall’azienda Voluntis per aiutare i malati di tumore nella gestione dei sintomi. Per esempio, nausea, diarrea, stitichezza, dolore,  derivanti dalla patologia o dai trattamenti, consentendo nel contempo il monitoraggio remoto da parte del team di assistenza. In pratica, il sistema, che è stato testato in alcune sperimentazioni, funziona così:

  • quando il paziente avverte un disturbo, accede all’app e lo segnala al medico;
  • quest’ultimo lo valuta, fornendo una raccomandazione personalizzata;
  • l’utente gestisce autonomamente il proprio sintomo e, se la situazione non migliora o si aggrava, viene subito messo in contatto con l’ospedale.

Dall’oncologia al diabete con BlueStar, l’app prodotta sempre nel 2019 da Welldoc per tenere sotto controllo glicemia, attività fisica, alimentazione, pressione, peso, sia manualmente che tramite bluetooth. Gli studi effettuati sul dispositivo hanno dimostrato che è in grado di abbassare l’emoglobina glicata (valore che indica la media glicemica in un determinato periodo nel sangue) di due punti percentuali, un risultato positivo, che spesso non si riesce a ottenere neppure con i farmaci.

Trattamenti su misura

«Per molte malattie i medicinali rappresentano senz’altro il cardine terapeutico, mentre in altre il loro ruolo è meno decisivo. Per esempio, nel caso delle patologie croniche associate a stili di vita errati, come il diabete di tipo 2, l’efficacia dei farmaci risulta parziale».

Le malattie croniche

Nell’ambito delle malattie croniche, nel 2020 negli Stati Uniti è stato approvato anche Somryst, un dispositivo contro l’insonnia utilizzabile dai 22 anni d’età, che eroga trattamenti su misura. «I farmaci oggi disponibili per questa malattia sono raccomandati per un uso a breve termine, in quanto a lungo andare potrebbero determinare assuefazione ed effetti collaterali», mette in guardia il medico. «Il trattamento digitale mira, invece, a risolvere il disturbo, mantenendo i risultati anche dopo anni». Il prodotto è stato testato in due studi.  L’applicazione risulta controindicata per camionisti e conducenti di pullman a lunga percorrenza, oltre che per i controllori di traffico aereo.

Utile anche per i bambini

Nel medesimo anno le agenzie hanno approvato anche Endeavor, una terapia digitale per i bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni. Si usa per deficit di attenzione con iperattività, un disturbo caratterizzato da alcuni comportamenti tipici, come scarsa cura per i dettagli, incapacità di portare a termine compiti o giochi intrapresi, impazienza. La tecnologia consente l’attivazione di specifici gruppi di neuroni e può offrire un trattamento personalizzato. L’efficacia del metodo è stata dimostrata da uno studio condotto su 348 piccoli pazienti e pubblicato su Lancet Digital Health. In alcuni casi (circa il 9%), si sono verificati effetti collaterali, come senso di frustrazione, mal di testa, vertigini, nausea, aggressività.

Al lavoro aziende e università

A oggi le terapie digitali sono diffuse soprattutto negli Stati Uniti e in parte in alcuni Paesi europei, come Germania, Francia, Gran Bretagna. L’Italia sta muovendo ora i primi passi: istituzioni, università, imprese stanno sviluppando la ricerca in questo ambito, con lo sguardo rivolto al prossimo futuro. Per esempio, un gruppo di lavoro composto da daVinci Digital Therapeutics, Politecnico di Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Sapienza information-based technology innovation center for health (Stitch) dell’Università La Sapienza di Roma e Advice Pharma Group di Milano sta sviluppando una terapia mirata a contrastare gli effetti psicologici negativi che derivano da limitazioni di movimento, quarantena e isolamento imposti dal Covid.

Le novità più significative

Oltre che nel settore delle terapie digitali, negli ultimi anni la tecnologia applicata alla salute ha fatto passi da gigante su altri fronti: intelligenza artificiale, Internet degli oggetti, realtà virtuale, serious game.

● INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Nel 2017 Catalia Health, in collaborazione con Pfizer, ha realizzato Mabu (foto sotto), un robot giallo alto una quarantina di centimetri, con enormi occhi blu, allo scopo di aiutare i pazienti ad assumere con costanza e in modo corretto i farmaci per le terapie croniche (gli esperti la chiamano aderenza terapeutica). Non un semplice promemoria, ma un sistema che utilizza appositi algoritmi per dialogare con l’utente, sfruttando il potenziale dell’interazione faccia a faccia e rispondendo anche a eventuali domande o dubbi sul trattamento. Per supportare chi ha problemi di udito, gli esperti hanno integrato al robottino un ampio touchscreen. Inizialmente utilizzato per le persone con malattie renali, artrite reumatoide, insufficienza cardiaca, ora il dispositivo può essere impiegato anche in altre patologie.

● Internet degli oggetti

In questo ambito rientrano per esempio le pillole smart. L’azienda Proteus Digital Health ha sviluppato Proteus Discover, un microchip ingeribile delle dimensioni di un granello di sabbia, rivestito di rame e magnesio, che può essere incorporato in qualunque pillola. Quando il paziente ingoia una pastiglia si genera un segnale elettrico captato da un sensore che invia la segnalazione agli operatori sanitari, che potranno così monitorare l’effettiva assunzione della terapia. La società EtectRx ha sviluppato un sistema simile utilizzando la tecnologia radio, mentre altri hanno ideato strumenti per registrare le iniezioni effettuate dai pazienti con sclerosi multipla e le attivazioni degli inalatori impiegati per il trattamento dell’asma e della broncopneumopatia cronica ostruttiva.

● Realtà virtuale

La tecnologia è impiegata per simulare situazioni quotidiane con le quali il paziente può interagire grazie ad apposite interfacce, come occhiali (foto sotto) o caschi. Hanno un’utilità soprattutto nella terapia del disturbo da stress post-traumatico, ma possono essere utilizzati anche per il trattamento di depressione, ansia, fobie, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi alimentari. Ricercatori hanno iniziato una sperimentazione chiamata Game Change, guidata dagli esperti dell’università di Oxford, che ha coinvolto 432 pazienti con schizofrenia che hanno difficoltà a uscire di casa. Attraverso vari scenari, come andare al pub, prendere un autobus, sostare nella sala d’attesa del medico, i partecipanti allo studio potranno mettersi alla prova, imparando a pensare e agire in modo più funzionale.

● Serious game

L’obiettivo è incrementare, attraverso giochi ad hoc, l’attenzione nei confronti della prevenzione e di alcune patologie. Un esempio è Digest Inn, un gioco ideato per supportare le persone sovrappeso o obese nella perdita dei chili di troppo. In questo caso, gli utenti sono invitati a mantenere in buono stato un hotel, che rappresenta il proprio organismo. Simile è Land of secret gardens, un gioco rivolto a ragazzi di 11-12 anni, mirato a incentivare la vaccinazione contro il papilloma virus (Hpv) per prevenire le infezioni dell’apparato genitale. In tal caso, l’organismo è paragonato a un giardino segreto di cui avere cura. Sono in fase di sperimentazione altri giochi, focalizzati, per esempio, sulla prevenzione del virus Hiv e sulla riduzione del dolore cronico.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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