
Ogni percorso terapeutico è un viaggio tra crescita personale, fasi di stallo e momenti trasformativi, sia per il paziente sia per il terapeuta. Ma come capire quando è giunto il momento di concluderlo? Un principio fondamentale guida questo processo: il compito dei terapeuti è aiutare le persone a non avere più bisogno di aiuto. Ma a volte, proprio per raggiungere questo obiettivo, si rende necessario fermarsi. Ecco i segnali da cogliere.
In questo articolo
Una fase da gestire con cura
Concludere una terapia non significa interrompere un processo, ma riconoscere che è stato completato. È una fase delicata, che deve essere gestita con attenzione e consapevolezza. Una buona chiusura può diventare un atto terapeutico potente:
- dà senso al percorso svolto;
- rafforza l’autonomia del paziente;
- aiuta a consolidare i cambiamenti raggiunti.
Non è una decisione impulsiva né unilaterale
La decisione di concludere non deve essere impulsiva né unilaterale, ma maturata nel confronto con il paziente, monitorando con lucidità e onestà i segnali positivi che emergono: maggiore stabilità emotiva, riduzione dei sintomi, autonomia nella gestione delle difficoltà, ma anche un cambiamento qualitativo nella relazione terapeutica, dove il bisogno di “cura” si fa via via meno centrale.
Un’opportunità anche per lo psicologo
Anche per il terapeuta, chiudere una terapia può rappresentare un momento di crescita e di consolidamento della propria efficacia clinica. Significa riconoscere i limiti del percorso, evitare la cronicizzazione di una relazione d’aiuto che non evolve e, soprattutto, proteggere il paziente da un legame terapeutico diventato inefficace o non più utile.
La fine della terapia: cause esterne
In alcune situazioni, la chiusura può nascere da fattori esterni (trasferimenti, cambi di disponibilità, malattia del terapeuta), in altre è la relazione terapeutica stessa a segnalarci che è tempo di fare spazio a qualcosa di nuovo. L’importante è non lasciare il paziente da solo: proporre un nuovo invio, spiegare con chiarezza i motivi della decisione, sostenere l’elaborazione emotiva della chiusura, può trasformare un momento critico in un passaggio evolutivo.
Fine della terapia e diverse prospettive teoriche
Ogni approccio terapeutico offre un proprio sguardo su questo tema:
- per la CBT la conclusione si basa spesso sul raggiungimento degli obiettivi;
- nell’umanismo si valorizza l’autodeterminazione del cliente;
- nella psicodinamica è essenziale valutare l’alleanza terapeutica e le dinamiche transferali;
- nella sistemica si osservano le dinamiche familiari e contestuali.
In ogni caso, ciò che conta è avere uno sguardo realistico, umano e responsabile: l’interruzione non è mai un fallimento se avviene nel rispetto della persona e del processo.
Fine della terapia: i segnali per il terapeuta
Alcune domande guida possono aiutare il terapeuta:
- Il paziente ha raggiunto un buon grado di consapevolezza e autonomia?
- Gli obiettivi terapeutici sono stati centrati?
- Il nostro lavoro continua a essere utile o rischia di diventare ripetitivo?
- Ci sono segnali di stagnazione o rottura nella relazione terapeutica?
- Siamo in grado, noi terapeuti, di continuare a offrire un supporto efficace e centrato?
Riconoscere questi segnali, riflettere sulle proprie risonanze, confrontarsi in supervisione e, infine, parlarne apertamente con il paziente, è un atto di professionalità e rispetto.
Fine della terapia: i segnali per il paziente
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Autonomia nella gestione delle difficoltà
La persona sente di poter affrontare le sfide della vita quotidiana in modo indipendente, senza bisogno costante del supporto del terapeuta. Ha sviluppato strumenti interiori e strategie efficaci per gestire emozioni, relazioni e situazioni complesse, mostrando maggiore sicurezza e fiducia in sé stessa.
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Soddisfazione reciproca
Sia il paziente sia il terapeuta condividono la percezione di aver raggiunto obiettivi significativi. Entrambi riconoscono il valore del percorso svolto, osservando progressi concreti e duraturi nel tempo. Questo senso di compimento indica che il lavoro terapeutico ha dato i suoi frutti.
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Chiarezza sul percorso compiuto
Il paziente è in grado di comprendere e dare un senso al percorso terapeutico, riconoscendo come è cambiato, cosa ha imparato e in che modo è cresciuto. Questo consapevolezza rafforza il senso di autoefficacia e stabilizza i risultati raggiunti.
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Preparazione alla separazione
La persona inizia ad affrontare l’idea della conclusione della terapia con maggiore serenità. È disposta a parlare apertamente con il terapeuta di eventuali timori legati alla separazione, mostrando la capacità di gestire il distacco come una fase naturale del percorso, e non come un abbandono.
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Diminuzione del bisogno di supporto
Le sedute diventano meno frequenti, meno intense o meno necessarie. Il paziente sperimenta un senso di stabilità emotiva e una ridotta necessità di elaborare continuamente difficoltà o conflitti, segnale che il bisogno di sostegno si sta progressivamente esaurendo.
Fine della terapia: non un addio, ma un nuovo inizio
Chiudere una terapia non è un addio, ma una consegna: il paziente viene restituito alla sua vita, arricchito di strumenti, consapevolezze e risorse. Accompagnare questo momento, dedicare uno spazio alla rielaborazione del percorso, aiuta a sedimentare quanto appreso e a rendere la fine non una perdita, ma un ponte verso l’autonomia.