BenessereConsigli

Samanta Togni: mi sono beccata la tigna dal mio gatto

L'insegnante di Ballando con le stelle racconta come il suo micio le ha trasmesso l'infezione della pelle

«Amo molto gli animali e da piccola avevo due gatti persiani. Abitavamo in un palazzo a Terni, senza giardino, e i miei genitori pensarono fosse più pratico e igienico tenere in casa due mici, piuttosto che altri animali domestici. Rommy e Cleo, un maschio e una femmina, erano due palle pelose, i miei dispettosi compagni di giochi con i quali avevo confidenza assoluta. Li abbracciavo e baciavo sul muso, me li mettevo sulla testa, ci passavo le giornate.

Allora avevo 12 anni, frequentavo la seconda media. Ero una bimba magrolina, con una gran massa di capelli. Improvvisamente, un giorno, mi accorsi di una bolla che si andava aprendo sul petto, fin su per il collo. Poi, sul lato sinistro della testa, comparve un bozzo che cominciò a gonfiarsi e a darmi fastidio. Perdevo i capelli e intorno a quella zona finì per formarsi una chiazza: a scuola i compagni mi tenevano a distanza, mi prendevano in giro. E io ci soffrivo. La mia mamma mi portò dal pediatra e questi ci indirizzò dal chirurgo più noto della mia cittadina, che consigliò l’operazione in tempi veloci. Disse che era una cisti da togliere, ma l’intuito e lo scrupolo di mia mamma suggerirono un ultimo tentativo.

Gruppo San Donato

Proprio il giorno prima dell’operazione, mi portò dai medici dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi): oltre che a Roma, hanno una sede distaccata in provincia di Viterbo, a Capranica, e fu lì che mi risolsero (davvero) il problema. Il dottore mi diagnosticò un tipo di tigna rara e particolarmente aggressiva: un fungo che avevo contratto dai miei adorati gatti e che il mio fisico gracile, in quel momento senza solide difese immunitarie, aveva incoraggiato (nessun altro, nella mia famiglia, ne era stato contagiato).

Una lunga cura contro i bozzi in testa
Disse anche che, se la cisti (in realtà, una pustola) fosse stata rimossa in modo chirurgico, l’infezione si sarebbe ulteriormente diffusa, con problemi anche seri. Non so… Forse aveva calcato un po’ troppo i toni. Io, comunque, mi ero spaventata moltissimo e temevo addirittura di poterne morire. Per prima cosa, allora, il medico mi aprì la pustola e la ripulì. Poi prescrisse una lunga e meticolosa cura, con lo scopo di disinfestare il cuoio capelluto che intanto si stava riempiendo di altri bozzettini in crescita.

Per più di un mese, due volte al giorno, la mamma mi detergeva diligentemente la testa con acqua ossigenata, applicando poi creme specifiche (ne ricordo una di colore giallastro, molto appiccicosa). Non potevo lavare i capelli, se non con uno shampoo ad hoc, e avevo il mio pettine che nessun altro poteva usare: la mia malattia era infettiva! Così, a scuola, andavo con un cappellino in testa e venivo trattata come una piccola appestata. Ma non posso che ringraziare gli specialisti dell’Idi, che avevano riconosciuto e risolto il mio problema. Anche i capelli cominciarono a ricrescermi… E oggi, per fortuna, ho una chioma bella e folta.

Ora sono sensibile alla pulizia
Rommy e Cleo? Poveri mici. Erano pulitissimi e stravaccinati, eppure non è bastato. Si sa che i gatti sono portatori di malattie. Vennero dati a mia nonna e il distacco non fu certo facile per me. Ma in qualche modo quell’esperienza mi ha segnato, cambiando il mio approccio con gli animali e rendendomi ipersensibile alla cura dell’igiene, soprattutto in casa. Gli amici mi prendono addirittura in giro, dicono che sono esagerata! Così al mio unico figlio Edoardo, che ha dieci anni e voleva tanto un compagno di giochi a quattro zampe, ho preferito regalare per la prima Comunione un cagnolino (basta con i gatti), anche se mi hanno detto che pure i cani possono trasmettere parassiti come la tigna.

È un tenerissimo beagle di dieci mesi, Cody, che è stato abituato ad avere in giardino tutta la libertà che vuole (sì, finalmente ora ho uno spazio all’aperto). La notte dorme in casa, ma sa perfettamente qual è il posto che deve occupare: la sua cuccetta e nient’altro. Nessuna sosta sui divani, a letto men che mai. A mio figlio sto insegnando ad avere con il cane un rapporto di rispetto e distanza, anche se è una lotta: lui lo chiama «il mio fratellino peloso» e starebbe sempre ad accarezzarlo, a baciarlo… Ne è innamoratissimo. Io mi rendo conto che, davvero, a Cody manca solo la parola e sono talmente intenerita dai suoi simili da aver fatto volontariato in un canile per un certo periodo. Ma la mia esperienza mi porta a dare questo consiglio: con gli animali, ci vuole tanto amore e anche un po’ di igienica distanza».

Samanta Togni (confessione raccolta da Simona Auriti per OK Salute e benessere)

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio