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Massimo Ranieri: così ho battuto la diverticolite

«Una notte in albergo ero devastato dai dolori addominali. Pensavo che fosse lo stress. Invece poche ore dopo ero in sala operatoria: con 20 centimetri di tratto intestinale in necrosi»

«Tutto era cominciato con un dolore lancinante allo stomaco», racconta Massimo Ranieri. «Mi trovavo in albergo, dopo una giornata e una parte della notte passata in sala di registrazione. Pensavo fosse colpa dello stress. Invece, nemmeno 24 ore dopo, ero su un tavolo operatorio, con il terrore di non risvegliarmi. Era diverticolite».

Ecco la confessione del cantante a OK e, a seguire, l’approfondimento di un chirurgo sulla diverticolite.

Gruppo San Donato

«La cosa più brutta che possa capitare a un essere umano è ritrovarsi all’improvviso su un tavolo operatorio. Ci sono passato in prima persona. Ero a Milano, nell’aprile del 2004. Stavo in una stanza d’albergo. Avevo passato tutta la giornata e parte della notte in sala di registrazione, perciò mi svegliai tardi, quasi a mezzogiorno. E subito dopo aver fatto colazione cominciai ad avvertire dolori lancinanti allo stomaco.
Mi ricordai che avevo mandato giù pure un caffè. Già, mi dissi, è stato quello: a stomaco vuoto è una coltellata, veleno puro. Adesso passa. Macché. Gli spasmi attanagliavano tutta la parte superiore dell’addome. Telefonai al mio dottore a Napoli. Lui mi fece le solite domande su cosa e quanto avevo mangiato la sera prima. E così, a distanza e senza potermi visitare, mi consigliò un antispastico. Ma il male restò forte, appena attenuato dal calmante che c’era dentro la pastiglia. Mi addormentai per risvegliarmi alle quattro del pomeriggio. Ancora stordito, ma con i dolori che incalzavano.

Stavo rischiando la peritonite
Pensavo fosse stress: all’epoca vivevo una situazione sentimentale molto pesante, perché mi ero allontanato dalla donna che amavo. Preferivo dare la colpa a questi fatti, piuttosto che pensare a un problema fisico. Poi guardai in faccia la realtà.

Alle otto di sera arrivò un chirurgo. Mi visitò e mi fece capire che non gli sembrava una cosa da nulla.
“Le faccio un’iniezione e vediamo domani come va”, mi disse senza crederci troppo. Aveva ragione.
Alle sei del mattino, quando venne a prelevarmi l’ambulanza, le mia urla si sentirono per tutto l’albergo. “Lei è maggiorenne, dev’essere operato, è d’accordo?”, incalzò il medico del pronto soccorso. E che c’era da esitare? Firmai tremando il consenso informato. Quindi, il nulla. Le luci che ti sparano addosso quando sei sul lettino operatorio, l’ago nella vena, il terrore di non risvegliarti e la consapevolezza che per un certo tempo è come essere morto.
Il chirurgo mi tolse venti centimetri di intestino, un intero pezzo ormai andato in necrosi. Avevo una diverticolite. Nel mio caso acuta. Significa che una parte di intestino si era perforata e mi stava facendo venire una peritonite. Mi ripresi prestissimo e ai primi di maggio, ancora con i punti di sutura, tornai a Napoli per festeggiare il compleanno con mia madre. Un mese dopo tenni il primo concerto, a Siracusa, per la festa della Polizia. Avevo quasi dimenticato la brutta esperienza. Rimuovere serve a non farti divorare dall’ansia.

Sotto i ferri la seconda volta
Ma i medici di Milano me l’avevano detto: “Guardi che tra le complicanze ci sono le aderenze”. Diamine, dovrebbe capitare proprio a me di finire un’altra volta sotto i ferri? E invece sì.
Stavolta i dolori si fecero sentire a Ischia. Agosto, le tre di notte. Rientrai in albergo affamato e mi avventai su un tramezzino e due babà, innaffiati da una birra gelata. Dopo poche ore e una corsa in aliscafo, rieccomi in sala operatoria, clinica Ruesh di Napoli. Ancora riabilitazione.
Reagii richiamando all’ordine tutte le forze fisiche di un uomo sano che fa sport e che ci tiene alla forma fisica. Sudate sul tapis roulant se non puoi uscire, corse all’aperto e finanche la boxe a cui mi aveva iniziato un caro amico, Patrizio Oliva. Con lui ci avevo provato durante uno spettacolo su Marcel Cerdan, il grande amore di Edith Piaf, e scoprii che mi restituiva benessere.

Da allora sono a dieta
Da allora ho ridotto il fumo, passando dalle trenta sigarette al giorno di sette anni fa alle otto di oggi. Ma le tossine le butto fuori sul palco o quando infilo i guantoni. Eh già, perché a casa mia ho piazzato anche il sacco da pugile: 50 chili che pendono dal soffitto. Adesso peso 78 chili e invece non dovrei superare i 73. Ma con la mia dieta personale, per carità non quella dello specialista, ché non ne ho bisogno.
Basta un’alimentazione a base di pesce e, soprattutto, di verdura a tonnellate per tenere l’intestino pulito, mentre di carne ne serve poca e solo bianca. I quattro chili in più? Ma quelli li perdo subito, basta uno spettacolo per essere di nuovo in sintonia col mio peso forma».
Massimo Ranieri (testo raccolto da Renato De Palma nell’aprile 2008 per OK La salute prima di tutto)

IL FOCUS MEDICO SULLA DIVERTICOLITE
«La diverticolite è un’infiammazione di uno o più diverticoli, estroflessioni (sacche) che si formano nella mucosa del tubo digerente: dall’esofago all’intestino retto», spiega Gennaro Rispoli, direttore della scuola nazionale di coloproctologia dell’Associazione chirurghi ospedalieri.
Le cause. I diverticoli possono avere un’origine congenita. Sono comunque favoriti da un’aumentata pressione all’interno dell’intestino, in conseguenza di stipsi.
I sintomi. In circa l’80% dei pazienti i diverticoli rimangono asintomatici per tutta la vita e vengono diagnosticati casualmente, ma in altri scatta il processo infiammatorio, che si fa sentire attraverso dolore addominale, febbre, nausea e vomito (insieme o isolati). La complicazione più temibile si verifica se un diverticolo si perfora e subentra il rischio peritonite, che richiede l’intervento chirurgico d’urgenza.
Le cure. Per migliorare il transito delle feci e ridurre l’infiammazione durante la fase acuta è sconsigliabile una dieta ricca di fibre. Tra gli alimenti vanno preferiti pasta, riso, pane, uova, carne, prosciutto, patate, yogurt, tè, orzo e tisane. Meglio cuocere i cibi a vapore, al forno o lessarli.

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