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Margherita Buy: ero timida, mi ha salvata la recitazione

«Mi sentivo sola e isolata, a scuola studiavo ma alle interrogazioni mi bloccavo... Diventavo sempre rossa, finché non ho scoperto il teatro»

«Già alla scuola elementare mi sentivo una bimba sola e isolata: non riuscivo ad avere contatti con nessuno», spiega Margherita Buy. «Mangiavo le pellicine delle unghie, mi tormentavo le trecce, le interrogazioni erano un disastro ed ero sempre rimandata. Poi, dopo il liceo, all’improvviso scoprii il teatro…».
Ecco la confessione dell’attrice a OK.

«Sono tanti i ruoli che ho interpretato e mi hanno lasciato addosso il personaggio della donna tutta ansie e fobie, impacciata e ipocondriaca. A cominciare da quel Maledetto il giorno che ti ho incontrato, in cui dividevo tutte le paure da sintomi e medicine con Carlo Verdone. E poi, sottraendomi alla mondanità, alle apparizioni televisive, alle feste e ai fasti legati alla mia professione, sono diventata l’icona dell’attrice dell’ansia metropolitana, inquieta, trattenuta, composta. Ma io non sono così. Magari timida, ma anche allegra, ironica, perfino caciarona.

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La timidezza, certo, è all’origine di tante insicurezze che mi porto dietro da sempre, ma che con il tempo si stanno attenuando, specie da quando è nata mia figlia, che è estroversa, solare, piena di vitalità. Io da piccola stavo tutta chiusa in me stessa, mi mangiavo le pellicine intorno alle unghie, mi tormentavo le trecce e parlavo pochissimo.

A scuola, dalle suore, mi sentivo isolata, e crescendo ero sempre più insofferente a regole e professori, non riuscivo a rapportarmi con nessuno e le interrogazioni erano un disastro, tanto che ogni anno ero rimandata a settembre.

Diventavo rossa per niente, e più ci pensavo e cercavo di dominarmi, e più arrossivo. Mia madre mi iscriveva agli sport di squadra per farmi socializzare, ma non sapevo stare con gli altri. Ero come in un mondo tutto mio.

L’idea di affrontare l’università mi terrorizzava 

E crescendo, non è che le cose siano migliorate: mi tormentavo sui libri, ma poi, davanti agli altri, non riuscivo a ripetere quello che studiavo. D’estate, in vacanza nella tenuta di campagna in cui ci trovavamo tutti, noi tre sorelle e cugini e amici, io stavo per conto mio, e mi sentivo inadeguata, fuori posto, diversa da loro che ridevano spensierati.

Non so in che modo sono riuscita a finire il liceo, quasi un miracolo, e solo la prospettiva di dover proseguire gli studi e iscrivermi all’università, come da tradizione di famiglia, mi sembrava un incubo. Non avevo idee sul mio futuro, e a recitare non avevo proprio mai pensato.

A indirizzarmi verso l’Accademia d’arte drammatica fu Rosetta, la moglie di Andrea Camilleri, da cui andavo a prendere ripetizioni di latino e greco. Lui, allora, non era ancora uno scrittore famoso e insegnava proprio all’Accademia. Sapevo che l’esame d’ammissione era molto difficile, e lo sarebbe stato ancora di più per me proprio per il solito blocco emotivo, i crampi allo stomaco, la tachicardia, la salivazione annullata, ma ci provai lo stesso.

Ricordo un corridoio zeppo di ragazzi sbrindellati e un po’ invasati che non c’entravano niente con me. Chi improvvisava monologhi, chi ripassava poesie, chi cantava, chi faceva la ruota. Non lo superai. Ma iniziai a sentire un’attrazione fortissima per quell’ambiente e ormai era una sfida con me stessa: dovevo farcela. La seconda volta andò bene, quasi fossi diventata un’altra persona che parlava e recitava al mio posto. Era la mia prima vera prova di attrice.

Sul set divento un’altra e dimentico le ansie

Così ho cominciato, prima in teatro e poi al cinema, e sono stata fortunata, perché ho trovato tanti registi che hanno creduto in me e mi hanno aiutata a crescere. Questo lavoro è stato l’antidoto alla mia timidezza e a tutte le paure che ne conseguivano: appena c’è il ciak d’inizio o si apre il sipario, dimentico tutte le ansie e divento “l’altra”, il personaggio da interpretare.

Il set e il palcoscenico mi danno tranquillità, anche se la mia vanità principale, più che essere brava, è non apparire idiota, perché temo il giudizio degli altri, non mi sento mai all’altezza, e quindi non prendo mai niente con tranquillità, con distacco.
Mia figlia Caterina ha riempito la mia vita di gioia e con il suo papà sono riuscita a trovare un equilibrio importante, a sentire il valore della famiglia. Lui è estraneo all’ambiente dello spettacolo e così non parliamo di attori, scene, provini e copioni.
È un chirurgo, ma non plastico, come quelli fidanzati con certe mie colleghe. Roberto si occupa di cose meno estetiche. Ma non pensate che sto sempre lì a parlargli dei miei malanni, né lui vuole occuparsene. Per lui sto benissimo, e non divento rossa quando me lo dice».

Margherita Buy (testo raccolto da Lucia Castagna nel giugno 2007 per OK La salute prima di tutto)
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