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Pericardite: cause, sintomi, cure

Ecco come si manifesta e come si tratta questo disturbo cardiaco che colpisce le membrane che circondano il cuore

La pericardite è una patologia cardiovascolare che colpisce soprattutto gli uomini tra i 20 e i 50 anni, ma anche le donne ne sono affette. Si tratta di un’infiammazione dei foglietti pericardici, cioè le due membrane sierose che circondano il cuore a scopo protettivo e che possono contenere normalmente al loro interno fino a 50 cm³ di liquido. Le membrane sono definite pericardio viscerale (interno) e pericardio parietale (esterno), mentre lo spazio tra le due è detto sacco pericardico.

Pericardite: quali sono le cause?

La pericardite può insorgere a seguito di malattie virali o batteriche o in concomitanza con patologie autoimmuni o del tessuto connettivo, come il lupus sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerodermia, la dermatomiosite.

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Altre cause importanti sono le esposizioni a radiazioni per la cura del cancro, i traumi e l’insufficienza renale cronica. Anche l’aria condizionata è teoricamente in grado di favorire l’insorgenza della pericardite, in quanto le perfrigerazioni possono predisporre il nostro organismo all’attacco di agenti infettivi, in particolare virus, soprattutto quando si verifica uno sbalzo improvviso di temperatura. Per questo è importante non abusare del condizionatore durante la stagione calda.

Nel 70% dei casi, però, le cause sono sconosciute: è qui che si parla di pericardite idiopatica. «Questa malattia, se ben trattata, ha un decorso assolutamente benigno. Ma spesso è caratterizzata da un’elevata frequenza di recidive, che compaiono nel 20-30% dei casi, dopo il primo episodio (cioè a distanza di 4-6 settimane dalla guarigione). Queste pericarditi ricorrenti si verificano soprattutto nelle forme idiopatiche, che spesso hanno delle caratteristiche auto-infiammatorie», spiega Laura Gerardino, referente dell’Ambulatorio delle Pericarditi Ricorrenti – CEMI di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Quali sono i sintomi?

Il principale è un dolore toracico simile a quello dell’infarto, cioè al centro del torace, irradiato alla mandibola, al braccio sinistro e alla schiena. Ma a differenza di questo, aumenta marcatamente quando il paziente sta sdraiato, respira a fondo, inghiottisce o tossisce, mentre diminuisce quando sta seduto piegato in avanti. «Questo perché il pericardio si trova in diretta connessione con l’esofago. Quando il paziente deglutisce, se il pericardio è infiammato provoca dolore», dice Gerardino.

Il paziente con pericardite può avere anche palpitazioni, affanno, fame d’aria e febbre, che magari si ripresenta dopo una recente infezione virale. Può verificarsi un rilevante calo della pressione arteriosa.

Nei casi più gravi, fortunatamente rari, può insorgere il cosiddetto tamponamento cardiaco: il liquido, accumulandosi velocemente, comprime il cuore e gli impedisce di svolgere normalmente la sua funzione di pompa, comportando uno shock e, in mancanza di un intervento immediato, addirittura la morte.

Pericardite: come si fa la diagnosi?

La diagnosi si fa con un’accurata storia clinica, relativa alle caratteristiche del dolore e della frequente insorgenza di sintomi tipo influenza o malattia da raffreddamento, e con l’auscultazione del cuore con il fonendoscopio. In presenza di pericardite, infatti, il medico è in grado di avvertire i tipici sfregamenti della malattia, che assomigliano al rumore della neve fresca calpestata.

«Si procede poi con un elettrocardiogramma che, in circa la metà dei casi, presenta alterazioni tipiche della pericardite e potrebbe far escludere invece un’ischemia cardiaca o un infarto», continua l’esperta. «Ma l’esame forse più importante di tutti è l’ecocardiogramma, che consente di vedere se, oltre all’infiammazione dei foglietti pericardici, si è prodotto un versamento, cioè del liquido tra i due foglietti stessi. Se questo liquido si accumula velocemente e in abbondanza può portare al tamponamento cardiaco, che rappresenta un’emergenza medica e che richiede un ricovero e un intervento immediati»

Come si cura?

La terapia delle forme non complicate si basa sul riposo, sugli antipiretici e sugli antiinfiammatori, che vanno proseguiti abbastanza a lungo poiché è possibile che, al momento della sospensione, si verifichi una recidiva dell’infiammazione. «La prevenzione delle recidive – spiega la dottoressa Gerardino – passa attraverso la prescrizione di un ulteriore farmaco, la colchicina che, nelle forme recidivanti, va assunta per almeno 6 mesi». Se il paziente presenta una pericardite secondaria a una malattia autoimmune o non risponde alla terapia con i farmaci antinfiammatori, si possono utilizzare i corticosteroidi.

«Infine, nel caso in cui il paziente soffra di pericarditi recidivanti resistenti alla colchicina e dipendenti dalla terapia con steroidi, si può ricorrere a terapie innovative, come gli antagonisti dell’interleuchina-1 (anakinra) che vanno somministrati per almeno 6 mesi e poi scalati lentamente»

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