Salute

Setticemia: cos’è, quando viene e come si cura

In occasione della Giornata Mondiale del 13 settembre, scopriamo quando e perché si verifica questa la setticemia, gravissima infezione dell'organismo

Gli individui ricoverati in ospedale, specialmente se si sono appena sottoposte a un intervento chirurgico, sono maggiormente esposte al rischio di setticemia (o sepsi). Per dare un’idea della portata di questo problema, basti pensare che questa gravissima infezione colpisce 20-30 milioni di persone nel mondo, 250.000 solo in Italia, di cui 1 su 4 non sopravvive. Ma visto che se ne sente sempre parlare, cerchiamo di capire, una volta per tutte, di che cosa si tratta, con l’aiuto di Pierangelo Clerici, Presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani.

Cos’è la setticemia (o sepsi)

La setticemia (o sepsi) è un’infezione diffusa in tutto l’organismo, causata dal passaggio di agenti patogeni nel sangue, che in precedenza erano localizzati in un unico focolaio (come, ad esempio, un’infezione alle vie urinarie, un ascesso, un’otite, ecc). Questa sindrome clinica deteriora le funzioni degli organi e, se non viene diagnosticata tempestivamente, può avere esito fatale.

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Quali sono le cause

I fattori che contribuiscono all’insorgenza della sepsi sono la presenza di un’infezione di qualsiasi natura all’interno dell’organismo e uno stato di deperimento dovuto all’infiammazione stessa, che facilita la diffusione del microorganismo nel sangue e negli organi della persona coinvolta.

Come si fa la diagnosi

Il limite di questa patologia è che all’inizio si presenta come un banale malessere, caratterizzato da febbre più o meno alta, brividi, aumento della frequenza cardiaca, confusione, e quindi spesso viene diagnostica in ritardo. Tuttavia, per poter ridurre la mortalità associata alla setticemia, la diagnosi dovrebbe avvenire già entro le prime sei ore.

Sotto accusa anche l’antibiotico-resistenza

Quando c’è un focolaio infettivo (come un’infezione polmonare o renale) la persona viene generalmente trattata con gli antibiotici. Purtroppo l’incremento delle resistenze alle molecole da parte dei batteri rende gli stessi estremamente forti e quindi hanno maggiori probabilità di disseminarsi nell’organismo stesso. Se questa proliferazione raggiunge organi vitali e non si riesce a intervenire con degli antibiotici corretti, il paziente può andare incontro anche alla morte.

Il problema delle infezioni ospedaliere

La setticemia si presenta frequentemente nelle persone ricoverate in ospedale o appena dimesse, tanto che si stima che ci sia un rischio che varia dal 4% al 14% di contrarre infezioni all’interno di questi ambienti.

Quali sono i soggetti più a rischio

Tra le persone più a rischio di setticemia ci sono i cardiopatici, i diabetici, i nefropatici, gli anziani, i bambini, i trapiantati, i politraumatizzati e coloro che hanno dei presidi come cateteri venosi centrali.

Le terapie della setticemia

Il medico che ha dinanzi un paziente con sospetta sepsi invia gli esami al laboratorio di microbiologia per la diagnosi intraprende subito una terapia antibiotica empirica. Nel più breve tempo possibile il laboratorio fornisce la diagnosi corretta del microorganismo responsabile dell’infezione e lo specialista riesce a intervenire con l’antibiotico corretto al fine di distruggere il batterio presente.

Prevenzione: pochi antibiotici e vaccini

La setticemia si può prevenire intervenendo precocemente sull’infezione originaria, in modo da evitare la trasmissione dei microorganismi a livello di tutti gli organi. Sicuramente l’indicazione generale, sempre valida, è un uso moderato degli antibiotici: questi vanno somministrati solo sotto prescrizione medica e non nei casi di infezioni virali come l’influenza. Se non si seguono questi accorgimenti, si rischia di andare incontro a fenomeni di resistenza. Inoltre, l’unica vera barriera contro le infezioni sono le vaccinazioni: ne esistono alcune (anti meningococco, anti haemophilus influenzae, anti pneumococco, anti pertosse, anti listeria) che sono fondamentali contro le infezioni batteriche.

Chiara Caretoni

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