Benessere

Maladaptive daydreaming: quando non si riesce a smettere di fantasticare

Alcuni individui vivono episodi di fantasia particolarmente intensi e vividi, che li distolgono dalla realtà al punto di interferire notevolmente con la vita quotidiana

Per la maggior parte delle persone, fantasticare ha numerosi effetti positivi sul proprio benessere. Immaginare scenari diversi dalla realtà stimola la nostra creatività, aumentando la capacità di affrontare situazioni nuove e di risoluzione dei problemi. Ma quest’attività può davvero arrivare a influenzare negativamente le relazioni personali e la vita professionale o scolastica? Sebbene non sia attualmente inserito nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), il maladaptive daydreaming ha guadagnato attenzione negli ultimi anni. Ecco di cosa si tratta.

Cos’è il maladaptive daydreaming?

Il termine maladaptive daydreaming è stato coniato da Eli Somer, psicologo clinico e professore emerito dell’Università di Haifa. Esso descrive l’eccessiva attività di fantasia per cui gli individui passano anche delle ore immersi in scenari fantasiosi in modo estremo e disfunzionale, a scapito della vita quotidiana e sociale. La definizione di Somer, il quale è anche fondatore e ricercatore senior dell’International Consortium for Maladaptive Daydreaming Research (ICMDR), ha aperto la strada a studi successivi che ne hanno esplorato le caratteristiche.

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Sintomi comuni

Questo fenomeno psicologico è caratterizzato da episodi di fantasia particolarmente intensi e frequentemente accompagnati da movimenti ripetitivi, come camminare avanti e indietro o dondolarsi, coinvolgimento fisico o espressioni facciali. Chi lo sperimenta trova difficile controllare e interrompere le fantasie, al punto da trascurare i propri impegni, e può avere difficoltà ad addormentarsi. Questi sogni ad occhi aperti, che spesso si sviluppano con personaggi e trame intricate e dettagliate, sono innescati anche da stimoli esterni come musica o film. Se da una parte possono fornire una sorta di sollievo dalla vita reale, dall’ansia o dalle preoccupazioni, dall’altra rischiano di diventare una forma di evasione che interferisce con la quotidianità.

Cause del maladaptive daydreaming

Le cause esatte del maladaptive daydreaming non sono ancora completamente comprese, ma può accompagnarsi a condizioni come traumi, isolamento sociale, ansia, depressione e ad altri disturbi psicologici.

Il problema è che si arriva a dipendere da questi mondi fantastici, che, secondo alcune teorie, potrebbero essere un meccanismo di coping per fronteggiare le difficoltà o il dolore.

Diagnosi e trattamento

Strumenti come il Maladaptive Daydreaming Scale possono aiutare a valutare la presenza e la gravità del maladaptive daydreaming. Ma servono ancora ulteriori studi per chiarirne la natura e le dinamiche scatenanti e per sviluppare rimedi efficaci. Parallelamente, la vergogna e i sensi di colpa dissuadono molte persone dal cercare aiuto, temendo che questa loro abitudine venga giudicata o non compresa.

Nonostante l’assenza di un trattamento standard, approcci come la mindfulness e la terapia cognitivo comportamentale possono comunque essere utili per modificare le attività legate al maladaptive daydreaming.

Comprendere e gestire il maladaptive daydreaming

La comprensione del maladaptive daydreaming rappresenta una sfida complessa sia per chi lo vive che per i professionisti della salute mentale. Tuttavia, attraverso la ricerca, la sensibilizzazione e l’approccio empatico, si possono trovare strategie volte a favorire un equilibrio più sano tra l’immaginazione e la realtà quotidiana.

In Italia, nel 2020, si è costituita l’associazione Maladaptive Daydreaming Italia per divulgare informazioni, dare supporto e aumentare la consapevolezza sul fenomeno. Inoltre, recentemente è nata l’International Society for Maladaptive Daydreaming (ISMD), associazione internazionale non profit dedicata al miglioramento della vita delle persone che sperimentano questa condizione.

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Aurora Pianigiani

Collabora con OK Salute e Benessere e si occupa di comunicazione in ambito medico-scientifico e ambientale. Laureata in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, si è formata nel settore dei media digitali e del giornalismo. Ha conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e della Salute presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e contestualmente ha scritto articoli per testate giornalistiche che svolgono attività di fact-checking.
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